Il Sole 24 Ore, 28 aprile 2019
Alitalia, commissari pronti a chiudere
Il conto alla rovescia sta per finire. Entro martedì prossimo alle 24,00, proprio alla vigilia della festa del lavoro, i commissari Alitalia si aspettano l’offerta vincolante d’acquisto sulla compagnia aerea, presentando così ufficialmente la cordata pubblico-privata a cui spetterà il compito di garantire un futuro a 11mila dipendenti e alla storica livrea tricolore.
Ma al contrario di quanto accaduto finora, gli spazi per i temporeggiamenti, i rinvii sono estremamente esigui: dopo due anni di lavoro per scongiurare la liquidazione coatta, la curatela Alitalia non sembra più disposta a dare altro tempo alle acrobazie negoziali del Governo. Da quanto risulta al Sole24Ore, infatti, i commissari non solo ritengono esaurito il proprio mandato, ma sono convinti che un ulteriore trascinamento dei tempi della vendita possa solo danneggiare la compagnia: proprio su questa base, la gestione commissariale conferma la necessità di chiudere entro martedì, al più tardi entro metà maggio, come da accordi con il Governo. «I commissari vogliono un piano credibile – confermano fonti legali coinvolte nel negoziato – e sono pronti a lasciare l’incarico: deroghe di 7-10 giorni sono possibili solo per affinare i dettagli». Il problema resta però quello dei soci della cordata. Lo Stato, ha ribadito ieri Di Maio, avrà il ruolo-guida nell’azionariato, ma non è chiaro chi affiancherà l’americana Delta, FS e Mef: poichè il gruppo Toto sembra uscito di scena per la contrarietà delle FS, l’unica candidatura concreta è quella di Atlantia. Anche se i rapporti con il gruppo Benetton sono ancora compromessi dal caso-Genova, la partecipazione del gruppo di Ponzano alla cordata può rappresentare una via d’uscita per il governo e per il futuro della compagnia. In questo senso, le dichiarazioni favorevoli della senatrice M5S Giulia Lupo, seguite ieri da un lungo intervento di Di Maio su Facebook, fanno pensare che un accordo con Atlantia possa essere imminente.
Per i commissari, l’urgenza di Alitalia è quella di chiudere col passato e investire sul futuro. Alitalia disponde ora di circa 500 milioni di liquidità dei 900 del prestito-ponte, ma il problema non è la cassa: il danno peggiore di questa fase di stallo societario è la mancanza di certezze sulle strategie industriali, l’assenza di visibilità sulle prospettive del controllo e soprattutto sugli investimenti. Il problema non è l’Europa, il rimborso del prestito ponte o il numero dei nuovi azionisti: il problema è che un’impresa non può vivere in eterno senza proprietà e strategie di medio-lungo termine. In questo senso anche i liberisti più convinti hanno cominciato a riconsiderare il tabù dello Stato nelle compagnie aeree: il settore è solo apparentemente un “levelled field”, perché tra partecipazioni di Stato nelle compagnie e norme protezionistiche a difesa dei mercati interni, la concorrenza è falsata palesemente a livelo mondiale. Nel caso di Alitalia, l’alleanza SkyTeam è l’esempio più eclatante: Air France-KLM ha nel capitale sia il Governo francese che quello olandese, Aeroflot è quotata ma controllata dal Cremlino e China Airlines è sotto la gestione di Pechino. Il problema non è quindi oggi l’ingresso dello Stato in Alitalia, ma la necessità di affiancare alla parte pubblica un soggetto privato con una visione strategica del business e le risorse sufficienti per contrastare la concorrenza.
Il timore dei commissari, che già un mese fa misero chiaramente in guardia il Governo sulla propria indisponibilità a ulteriori rinvii e sul rischio di una procedura di liquidazione in assenza di una vendita, è quello di veder vanificato il più incisivo lavoro di ristrutturazione mai fatto sulla compagnia, oggi certamente non risanata del tutto ma di sicuro in condizioni decisamente migliori rispetto a quelle della crisi del 2008. Oltre al fatto che i dipendenti sono circa la metà di quelli che erano in organico 10 anni fa – circa mille lavoratori sono usciti dalla compagnia negli ultimi 12 mesi – e all’evidente miglioramento del quadro contabile, la questione più urgente riguarda l’assenza di una vera strategia industriale a medio e lungo termine: «Alitalia – prosegue la fonte – non può più aspettare oltre: nei prossimi tre anni sarà necessario rinnovare non solo i contratti di leasing e quelli sui carburanti, ma addirittura l’80% della sua flotta aerea. Chi si farà carico di questi investimenti? Quali saranno gi azionisti e quante risorse saranno disposti a investire? Il tempo per le risposte è scaduto».
Formare rapidamente la cordata Fs, insomma, non è solo un dovere imposto dai commissari o dall’Europa, ma soprattutto un atto dovuto nei confronti della compagnia, dei suoi dipendenti e in ultima analisi anche nei confronti del contribuente, chiamato nuovamante in soccorso dell’ex compagnia di bandiera. Per questo la speranza dei commissari è ricevere al più presto l’offerta vincolante. Dal loro punto di vista, non esistono preclusioni sui partner: l’importante è uscire presto dall’incertezza. Concedere altre proroghe sarebbe controproducente.
Le prossime 48 ore – al massimo 10 giorni – insomma, potrebbero essere quelle decisive per chiudere l’ennesimo salvataggio di Alitalia: in caso contrario, lo scenario sarebbe quello devastante di una rinuncia al mandato dei commissari e di una possibile liquidazione coatta. Il governo ne sembra essere finalmente consapevole e le dichiarazioni delle ultime ore sembrano “moderatamente” incoraggianti: «Per completare questa operazione – ha scritto ieri il vicepremier su Facebook – che resta di mercato, stanno arrivando le offerte di altri privati, comprese quelle di alcune concessionarie autostradali, che andranno a comporre il 100% della società». Il leader dei 5 Stelle, viste anche le polemiche che hanno accolto l’ipotesi Toto, è stato naturalmente evasivo sul possibile tandem Toto-Autostrade: «Tutte le offerte, comprese quelle di alcuni concessionari autostradali di cui apprendiamo l’esistenza per ora solo a mezzo stampa – ha spiegato Di Maio – non sono state ancora formalizzate. I presupposti, sono una presenza massiccia dello Stato nella newco come garanzia affinché il piano industriale sia coerente e competitivo». Con quale partner italiano al fianco, oltre alle Fs, non è ancora chiaro del tutto.