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 2019  aprile 28 Domenica calendario

I candidati alle primarie democratiche

Booker, Castro, Delaney, Gillibrand, Biden, O’Rourke, Hickenlooper, Ryan, Yang, Castro, Williamson; Buttigieg, Weld, Warren, Sanders, Messam, Inslee, Klobuchar, Harris, Gabbard, Swalwell, De Blasio: non le formazioni di un derby ma i titolari candidati alle primarie presidenziali Usa 2020 del partito democratico. L’ex vicepresidente Biden, favorito con il 28%, eletto consigliere a New Castle, Delaware, nel 1970, 12 anni prima della nascita del rivale Pete Buttigieg, ex sindaco di South Bend, Indiana, 7% nei sondaggi. Cattolico, amico di Obama, ex senatore moderato Biden; cattolico convertito anglicano, gay, ex ufficiale in Afghanistan Buttigieg; 76 anni contro 37, un nonno dai capelli bianchi nei guai per l’accusa di aver odorato i capelli a una signora «creandole disagio», un omosessuale che nel quartiere gay di Los Angeles ride «A casa!».
Fondato nel 1828 da Andrew Jackson, nell’albero genealogico Thomas Jefferson, presidente nel 1801, il partito democratico è uno dei più antichi ancora in attività, e dalla maratona che si concluderà con la nomination dell’estate 2020 a Milwaukee, nel cruciale Wisconsin, la sinistra ovunque trarrà auspici e condanne. Lo scontro tra anziani che ricordano il boom economico di American Graffiti e under 30 cresciuti dalla nella crisi 2008; lavoratori di periferie e campagne contro tecnocrati del business digitale; ecologisti che amano il Green New Deal della stella del Bronx, la deputata Alexandria Ocasio Cortez che solo i 29 anni di età, sotto il minimo legale di 35, tengono lontana da una donchisciottesca candidatura e futuribili cittadini dello startupper Yang, persuaso che la tecnologia renda obsolete destra e sinistra e serva un reddito di cittadinanza, non palliativo alla Grillo, 1000 veri dollari (885 euro) a tutti.
La senatrice Kamala Harris, California, ex pubblico ministero, figlia di una indiana e un giamaicano, ha credenziali da dura contro i criminali, ma tanti democratici pensano che l’America abbia sbattuto in galera troppa gente di colore per reati minori (record di incarcerati al mondo), mascherando il razzismo con le sentenze e ora la Harris promette amnistie. Secondo nei sondaggi col 19% il canuto senatore socialista Bernie Sanders, che estenuò nel 2016 la Clinton per poi lasciarla finire da Donald Trump, spera nella vittoria nel paese dove la socialdemocrazia non ha mai messo radici, sulla sua linea la deputata delle Hawaii Tulsi Gabbard, veterana delle forze armate ostile a ogni guerra.
I democratici votano in un referendum tra XX e XXI secolo, tra politica estera multilaterale e l’isolazionismo alla Trump, anticipato a sinistra da Obama. La cultura dei campus universitari, dove ogni professore deve passare test contro le molestie sessuali, depreca la senatrice Klobuchar che, irritata perché un segretario le porta in aereo l’insalata senza forchettina di plastica, la mangia usando un pettine (sic!) e poi intima «Pulitelo voi!». Ridicolo? No, l’America è divisa, il repubblicano Trump viene eletto malgrado sia accusato di aver detto «Le donne? Prendetele per la f...» ma Biden, per non aver sostenuto nel 1988 la professoressa Anita Hill al Senato – denunciava il giudice alla Corte Suprema Thomas per molestie –, rischia la squalifica. Il partito è fiero della diversità, troppi colpi bassi a vicenda però possono far rivincere il presidente. Booker, senatore del New Jersey, è un Obama Ferrarelle, non frizzante, la senatrice ed ex giurista Elizabeth Warren ha formidabili proposte, compreso antitrust contro Google e Facebook, ma nei comizi risulta robotica e Trump la caricatura come «Pocahontas», eroina indiana da cartone Disney, per aver rivendicato sangue Cherokee. Lei ricambia chiedendone l’impeachment, come la Harris, mentre Biden e Sanders preferiscono la linea moderata della Speaker della Camera Pelosi, niente processo a Trump subito, meglio batterlo ai seggi. Il deputato Swalwell va dal comico tv Colbert e annuncia serissimo: «Mi candido contro le armi facili». La Gillibrand, senatrice di New York, ha un’agenda femminista. Beto O’Rourke celeberrimo per aver perso di misura al Senato contro Ted Cruz in uno stato che non elegge un senatore democratico dal 1988, mobilita giovani, progressisti, ispanici per riportare i texani tra i liberal, come ai tempi del presidente Johnson.
Si parte il 3 e 11 febbraio 2020 con i classici caucuses (assemblee elettive) in Iowa e primarie in New Hampshire, poi il Supermartedi del 3 marzo con 14 stati su 50 in ballo, compresi California a Texas, sfoltirà il gruppo. La storica alleanza democratica, operai, braccianti, minoranze, ceti medi intellettuali non basta più per la Casa Bianca, troppi lavoratori bianchi sono migrati verso Trump non solo per il lavoro perduto, ma anche per l’identità smarrita, quando erano, o si sentivano almeno, arbitri della nazione. L’economia con crescita boom al 3,4% aiuta il presidente, batterlo sarà durissimo. Il partito deve rifondarsi, al centro con Biden o la Harris, sui valori con O’Rourke o Buttigieg, a sinistra con un tocco di populismo alla Sanders o Warren.
America Latina ed Europa seguono con passione, perché queste primarie, comunque vadano, saranno il laboratorio della nuova sinistra.