la Repubblica, 28 aprile 2019
Biografia di Massimo Mattioli
Luca Valtorta Molto misterioso: nessuna intervista da anni, nessuno dell’ambiente lo vede in faccia da decenni. Massimo Mattioli non è solo un genio del fumetto che nella tradizione dei Salinger si sottrae al mondo, è, come avrebbe detto Andrea Pazienza, «praticamente una rockstar». Giubbotto di pelle, occhiali da sole in una brutta giornata: «Niente foto», si è raccomandato da uno strano indirizzo mail gestito da una sorta di alter ego femminile, unico, affascinante modo per mettersi in contatto con lui. Non è vezzo: il telefonino che usa isale alla prima generazione dei cellulari, però ha un sito Internet molto bello per chi volesse conoscere meglio la sua opera, che è straordinaria e tutto sommato misconosciuta. Anche perché, basta leggere Squeak the mouse, che oggi viene finalmente ripubblicato con addirittura un terzo volume rimasto inedito, per rendersi conto di quanto a esso si sia ispirato Matt Groening per Grattachecca & Fichetto, il violentissimo cartoon nel cartoon che ne I Simpson guardano Bart e Lisa, in cui gatto e topo cercano di massacrarsi a vicenda. Squeak the mouse viene pubblicato per la prima volta nel 1982 su Frigidaire mentre Grattachecca & Fichetto appaiono nei Simpson solo nel 1988, tanto per dire. Mattioli, insomma, è, a tutti i titoli, parte dei geni che rivoluzionarono il fumetto italiano e non solo alla fine degli anni Settanta con Il male, Cannibale e Frigidaire influenzando generazioni di artisti. Con lui: Andrea Pazienza, Tanino Liberatore, Stefano Tamburini e Filippo Scozzari. Mattioli tra loro è il più strano, anzi weird come si dice negli Usa, capace di spaziare dal leggiadro cartoon all’ultraviolenza e alla pornografia in Squeak the mouse e Joe Galaxy ( anche in questo caso forse Futurama ha qualche debito), dalla poesia di M le magicien (“un mago grande come un fiore”) al surrealismo di Pinky, il coniglietto rosa pubblicato sullo storico settimanale cattolico Il giornalino. Quest’ultimo è un vero, delicatissimo capolavoro a cui un paese meno disattento avrebbe dedicato da anni mostre e celebrazioni. Mattioli chiede un cappuccino «molto tiepido». Poi si lamenterà che: «è quasi freddo però!». Ne prenderemo altri tre a testa (i suoi sempre tiepidi) durante due ipnotiche ore di conversazione che sembrano un sogno. Di quelli molto, molto, molto bizzarri per cui poi ciò che è “normale” non ti piace più. Chi eravate voi di Frigidaire? «Un gruppo di fuori di zucca uno diverso dall’altro. Ma allo stesso tempo volevamo che le cose che facevamo interagissero: collaboravamo molto, a volte addirittura succedeva che uno finiva il disegno dell’altro per consegnare in tempo». Ma c’era anche una sorta di gara tra di voi? «Ognuno voleva essere il migliore. Stavamo a sbirciarci l’un l’altro. Ma quando arrivava Andrea Pazienza a casa mia a Roma ci mettevamo tutti intorno al tavolo e Stefano (Tamburini, creatore del celebre “coatto sintetico” Ranxerox poi disegnato da Liberatore, ndr) si metteva a leggere ad alta voce le sue vignette e ridevamo tutti come pazzi: “Oh coso aspett! Comm’o sapev!”. Quando arrivava una storia di Andrea era una festa!». Come mai hai deciso di tornare dopo tanti anni pubblicando addirittura tre volumi: Squeak the mouse, Bazooly Gazooly che è una raccolta delle tue introvabili storie su Cannibale e anche Superwest, il topo supereroe? «Ma chi ha deciso che sono scomparso? Io in questi anni ho lavorato tantissimo ma non ho voluto fare uscire niente. Ho un archivio enorme ma per ora non voglio divulgarlo, non voglio essere incasellato in nessun modo. Che cosa sono i fumetti? Chi decide che cos’è arte? Che ne sapete del perché ho deciso di far uscire adesso queste cose? Andrò a qualche festival, farò il mio dovere ma non sono un vecchietto dentro una cripta che fa uscire qualche fumettino. Si fottano tutti quelli che vogliono la mia roba! Tutti tranne chi mi hanno mostrato di aver cura delle cose come Coconino. Odio chi mi vuole sfruttare». A proposito, Matt Groening ha copiato da Squeak the mouse? «Non me ne frega un accidente! Adesso che uscirà la nuova edizione lo decideranno i lettori. Queste cose non fanno bene alla salute: rischi di entrare in un circolo vizioso allucinogeno. Che devo dire? Lo odio? No. Preferisco avere una cosa in meno, essere più povero, lavorare in sottrazione. Ma essere libero. Non voglio schiavitù, né di soldi, né psicologiche». In realtà non potevano non conoscere il tuo Squeak the mouse anche perché è stato protagonista di un fatto clamoroso: di questo possiamo parlare? «Nel 1985 bloccarono alla dogana 1500 copie di Squeak the mouse perché considerato “materiale osceno e pornografico”. La difesa venne curata anche da Françoise Mouly, moglie di Art Spiegelman ed editrice della rivista Raw. Il processo finì con l’assoluzione e si creò anche un precedente storico nella storia dell’emendamento per oscenità. La stampa Usa ne parlò moltissimo citando persino il caso di Henry Miller del ’73». E Pinky invece? È una cosa tutta diversa... «Per me è una cosa specialissima perché è proprio indefinibile! C’è umorismo, ci sono cose struggenti, ci sono storie che raccontano un’emozione: c’è Scarrafone che fa il cuoco e nella pentola ci mette cozze marce, c’è la Pomodora che uccide per amore, gli Odori della città che sono certi serpentelli gialli, i raggi del sole che danno forza a Pinky: piccole cose ma ti toccano. Per me sono tra le più belle storie che abbia mai fatto». Ma nel futuro cosa ci possiamo aspettare? «In questa società bisogna fare tutto nel modo giusto. Io lo faccio in quello sbagliato, mi arrabbio anche nel modo sbagliato. Ma ho due sogni: vedere Pinky in edicola come un collaterale di qualche giornale perché è una cosa per tutti, per adulti e bambini. E l’altra è fare una personale d’arte, senza etichette tipo “Mattioli quello di Squeak the mouse o di Pinky”: sono sicuro che sarebbe una bella mostra, una cosa diversa». ?