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 2019  aprile 27 Sabato calendario

Boris Jonhson strapagato

Non è ancora un ex, un fuoriuscito dalla politica di primo piano come Tony Blair, Bill Clinton, la moglie Hillary, Barack Obama o l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder. Eppure Boris Johnson è già entrato nell’Olimpo degli oratori strapagati, in genere ex primi ministri o ex presidenti che dopo aver lasciato le cabine di regia del potere, si reinventano una seconda vita milionaria prendendo il palcoscenico di summit e convention da cui si fanno strapagare per i loro discorsi. Il biondo della politica britannica – da tutti conosciuto semplicemente come Boris o BoJo – è finora «solamente» ex sindaco di Londra ed ex ministro degli Esteri britannico, ma è ancora fra i più quotati alla successione della premier Theresa May (stando ai sondaggi interni ai Conservatori). In attesa che si liberi la poltrona (May non può essere sfiduciata prima di dicembre e si attende che si dimetta), Boris si è esibito in due diversi discorsi: il primo al Today Conclave di New Delhi, India, per la modica cifra di circa 123mila sterline (oltre 142mila euro), il secondo a Londra, pochi giorni dopo, per i banchieri di Citigroup (38mila sterline, 44mila euro circa). Totale: 161mila sterline (186mila euro) più di quanto guadagni il capo del governo inglese in un anno.
L’evento indiano, l’occasione di dibattiti di alto livello su vari temi, è arrivato al diciottesimo appuntamento e quest’anno, a inizio marzo, ha avuto come argomento principale «Le scelte difficili». Occasione ghiotta per parlare di Brexit, il tormentone internazionale che ha reso Johnson protagonista di una delle decisioni più controverse della storia inglese. Mentre aspetta di vedere lui per primo come finirà, ora che il divorzio è slittato alla data del 31 ottobre, Boris ne ha approfittato per spiegare, lautamente pagato, quanto quel «superstato» che è l’Unione Europea rappresenti oggi la culla di una crescita bassa e di una disoccupazione alta e quanto alla fine convenga al Regno Unito levare le tende, visto che Londra «contribuisce al 20% del Pil della Ue, rappresenta il 20% dell’intera popolazione ma i suoi burocrati nelle istituzioni europee sono solo il 3,6%». Strizzata d’occhio finale, poi, al prospero futuro di scambi commerciali, che potrebbero crescere del 26% tra India e Regno Unito una volta che Londra potrà rinegoziare le tariffe sul whisky. Tutto il contrario di quello che in queste ore professa la sorella Rachel, che ha annunciato di candidarsi alle Europee con il neonato partito anti-Brexit, Change UK, mentre il fratello Jo Johnson, anche lui filo-europeo, ha lasciato la poltrona di sottosegretario ai Trasporti a causa della cattiva gestione della Brexit imputata a Theresa May. Poco importa. L’uscita dalla Ue è diventata per Boris occasione per far cassa prima che per arrivare a Downing Street. La cifra complessiva ricevuta per i due discorsi è l’equivalente di circa tre ore di lavoro. Circa mille euro al minuto. Meno dei 9mila euro al minuto intascati da Blair nelle Filippine nel 2012. Pur sempre un ottimo inizio.