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 2019  aprile 27 Sabato calendario

La Lettera 22 al museo

Nel nuovo Museo del design della Triennale di Milano fa bella mostra di sé la Lettera 22 corredata della scatola di cartone dov’era contenuta, un progetto di Marcello Nizzoli e Giuseppe Beccio. Prodotta nel 1950 dalla Olivetti di Ivrea è stata una delle portatili più belle del dopoguerra, un oggetto di design straordinario. I due progettisti avevano creato nel 1945 un’altra macchina, la Lexikon 80, che gli studiosi definiscono una scultura: “un involucro in alluminio pressofuso dalle linee piene e continue”. Olivetti pensa a una macchina facilmente trasportabile; perciò i due decidono di ribassare il cestello dei caratteri ridimensionando meccanismi interni e scocca. Il risultato è “un parallelepipedo dalle superfici continue, maneggevole e leggero”.
La scatola è dotata di manico per il trasporto. Questa macchina la useranno scrittori, intellettuali e giornalisti: diventa un complemento insostituibile. Esprime perfettamente la domanda di libertà che circola alla vigilia del boom economico e che ne è la necessaria premessa: libertà di scrivere, libertà d’espressione portatile. Avrà anche un notevole successo internazionale. La Lettera 22 compare in tante fotografie di scrittori, appoggiata sul tavolo di lavoro. Una delle immagini più famose è quella che ritrae Pier Paolo Pasolini – intellettuale per eccellenza – mentre vi redige uno degli articoli del libroScritti corsari (Garzanti). La scattò nel 1975 Dino Pedriali nella Torre di Chia, il buon ritiro del poeta e regista, nella campagna laziale. Si scorge Pasolini mentre batte sui tasti della Lettera 22 o si ferma a rileggere il dattiloscritto. Appoggia la mano sulla fronte e riflette. Il suo strumento di lavoro è lì di fianco, con un foglio già infilato nel rullo.
La rivoluzione culturale e sociale degli anni Settanta è impensabile senza la Lettera 22, oggetto carico di simbologie come appare nelle immagini di Pedriali. Il Museo del Design si ferma al 1981, anno in cui nasce il Gruppo Memphis, la creatura di Ettore Sottsass, che ha costituito il giro di boa nella produzione d’oggetti e forme.
Il progetto di Nizzoli e Beccio non ha perso il suo fascino, per quanto oggi la macchina per scrivere risulti un reperto del passato. Ha ancora una forma seducente. Perfetta sotto ogni punto di vista: compatta, semplice, leggera, efficace, elegante, robusta. Non si rompeva mai, e non aveva bisogno di alcun software per funzionare. L’unica cosa che occorreva era energia fisica. Dopo una giornata a pigiare sui suoi tasti, per quanto meno pesanti rispetto alle macchine non portatili, le braccia dolevano. Per rifare un testo occorreva poi ribatterlo da capo o ricorrere ai correttori. Un mondo lontano, verso cui si può, nonostante tutto, provare nostalgia. Ma cosa avrebbe detto Pasolini?