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 2019  aprile 27 Sabato calendario

Conti, ambizioni e fallimenti del gruppo Toto

Il salvataggio in Zona Cesarini di Alitalia, partito con l’inedito (a livello mondiale) delle nozze con i treni delle Fs rischia di finire ora con un atterraggio in autostrada. Per la precisione sulla A24 Roma-L’Aquila-Teramo della famiglia Toto. Pronta a mettere 2-300 milioni nell’ex compagnia di bandiera per riuscire a sbloccare – dopo 5 anni di attesa – il piano economico finanziario da 3 miliardi per lo sviluppo della “Strada dei Parchi”. Cambia il nome del principe azzurro pronto a investire nel pozzo senza fondo dell’ex compagnia di bandiera, in pista c’è anche Atlantia, non cambia la sostanza dell’operazione: un “do ut des” dai contenuti non scritti ma chiari. Ai Benetton è stata ventilata in camera caritatis una sorta di “amnistia” sulla tragedia del Ponte Morandi, allontanando lo spettro della revoca della concessione. Il baratto con i Toto è altrettanto semplice e corre su due fronti: il primo è il via libera dell’esecutivo al piano di sviluppo dell’A24 – con annessi 2 miliardi di contributi pubblici e proroga della concessione di 15 anni – fermo da mesi sul tavolo del ministero delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Il secondo è lo sblocco dei fondi per la messa in sicurezza sismica della Strada dei parchi. Qualche centinaio di milioni di fondi europei per cui era stato trovato uno spazio nel decreto Genova ma poi svaniti nel nulla «malgrado una sentenza del Consiglio di Stato – lamentano ai vertici del gruppo abruzzese renda obbligatoria la loro esecuzione».
Il semaforo verde ai due dossier – dicono fonti Toto Holding – sarebbe un atto dovuto». Ma la disponibilità a lanciare un salvagente ad Alitalia potrebbe ammorbidire il Governo, che sulla Roma-L’Aquila-Teramo si è distinto solo per una pittoresca incursione di Toninelli con le “Iene” per denunciare la pericolosità dei viadotti.
Il pressing su Atlantia e Toto testimonia comunque il clima d’emergenza che si respira in queste ore attorno alla partita Alitalia. Il 30 aprile scade il termine per la presentazione di un’offerta definitiva d’acquisto.
Serve un miliardo. Ma alla cordata delle Fs – al netto dei 150 milioni di Delta Airlines e dei soldi messi sul piatto dal Tesoro con la conversione del prestito ponte – mancano ancora 3-400 milioni. Atlantia non avrebbe problemi a mobilitare questa cifra. Per Toto invece – che undici anni fa ha rifilato a un prezzo esorbitante la sua Air One ai capitani coraggiosi di Alitalia – la strada è più in salita, malgrado i 215 milioni di dollari appena incassati per la vendita di un parco eolico Usa a Edf. La cassaforte di famiglia (attiva nelle costruzioni, nelle autostrade e nelle energie rinnovabili) fattura 397 milioni, ha chiuso il 2017 con un utile striminzito di 4 milioni ma ha 585 milioni di debiti più altri 683 milioni che deve ad Anas per il pagamento rateizzato della concessione. «Toto ha esperienza nel settore», dice chi vede bene un suo ritorno in Alitalia, cui fino a qualche anno fa ha anche affittato in leasing una flotta aerea dall’Irlanda (ora venduta) a costi – dicono gli esperti – altissimi.
I suoi ultimi trascorsi con l’ex-compagnia di bandiera e con il mondo dell’aerotrasporto non sono però brillantissimi: la famiglia Toto è stata costretta a chiudere un contenzioso con la Cai – ex-socio dell’aerolinea pagando a rate quasi 60 milioni per alcuni “buchi” fiscali (e non solo) legati alla vendita di Air One. E nei mesi scorsi un tribunale inglese ha respinto la richiesta di danni da 260 milioni di dollari fatta dalla famiglia alla Cai per i mancati leasing di alcuni aerei. Non felicissima è stata pure l’avventura in Livingston, il vettore rilevato nel 2011 da Riccardo Toto con progetti ambiziosi ma fallito tre anni dopo. Pecunia però, con la sabbia che corre nella clessidra e la Ue a vigilare sugli aiuti di Stato, non olet. Il vicepremier Luigi Di Maio si è messo in gioco in prima persona su Alitalia, promettendo di non buttar via altri soldi dei contribuenti e dicendo no a nuovi esuberi. La prima promessa, visto l’esborso di Fs e Tesoro, è già andata in cavalleria. I rischi di un flop della vendita e dello scontro sociale proprio alla vigilia delle elezioni europee l’hanno convinto ora a turarsi il naso e badare al sodo: accettando prima un potenziale accordo con Atlantia (difficile da digerire per la base dei cinque stelle) e ora la scommessa a rischio sui Toto. Male che vada, avrà rimandato il problema a dopo le europee. E a pagare il conto di Alitalia, come sempre, alla fine potrebbero essere gli italiani.