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 2019  aprile 27 Sabato calendario

La storia triste dei due gorilla in posa

La foto è già stata soprannominata «il selfie dei gorilla». Ma dietro al nome giocoso si cela una storia che ha dei contorni amari. I due gorilla di montagna che compaiono nello scatto si chiamano Ndakazi e Ndeze, sono due femmine e sono orfane. Le loro famiglie sono state sterminate dai bracconieri nel 2007. Secondo il ranger che ha scattato il selfie, la loro posa così umana si deve al fatto che, da dodici anni a questa parte, vivono a stretto contatto proprio con gli esseri umani.
La foto è stata condivisa su Facebook da Mathieu Shamavu, uno dei seicento ranger del Parco Nazionale dei Virunga, nella Repubblica Democratica del Congo. La didascalia che l’accompagna – «Un altro giorno in ufficio» – rivela quanto sia normale, per il ranger, passare molto tempo a contatto con questi animali. Una familiarità che ha reso possibile lo scatto, ma che spiega anche la posa dei primati. «Noi ranger stiamo sempre con loro, le nutriamo e le proteggiamo – ha raccontato Shamavu – e loro tendono a imitare quello che facciamo. Sono arrivate al santuario quando erano ancora molto piccole». 
Il santuario in questione è il Senkwekwe Mountain Gorilla Orphanage Center, una struttura interna al Parco Nazionale dei Virunga che accoglie gli esemplari rimasti senza famiglia. Proprio come Ndeze e Ndakazi. Secondo il Wwf, la popolazione di gorilla di montagna è aumentata – nell’area dei Monti Virunga oggi ce ne sono circa 600, nel 2010 erano solo 480 —, ma la specie è ancora a rischio estinzione: distruzione delle foreste, trivellazioni petrolifere e bracconaggio sono una minaccia costante per la loro sopravvivenza.
«Lo scatto ricorda che ci sono persone che dedicano la loro vita alla tutela delle specie animali a rischio», commentano Elisabetta Palagi e Giada Cordoni, primatologhe dell’Università di Pisa, «ma ci ha fatto anche sorridere: una singola foto non dice sempre tutta la verità». Cioè? «È evidente che il ranger ha aspettato il momento giusto per scattare, come facciamo tutti noi per regalare un selfie particolare agli amici». L’autore della foto è convinto che la posa di Ndakazi e Ndeze si debba al fatto che sono cresciute con gli esseri umani. «È un’ipotesi fondata. I primati hanno una grande plasticità neuronale, soprattutto da giovani: imitano ciò che riguarda postura e forme comunicative. E i gorilla, assieme ai bonobo, sono tra i primati che passano più tempo in posizione bipede, soprattutto in contesti giocosi: sono predisposti ad assumere la nostra postura». 
Le primatologhe spiegano che nei santuari come quello che ha accolto le due gorilla gli animali vivono in condizioni di semi-cattività: «Si tratta di ambienti iper-controllati, per proteggere gli animali dai bracconieri, ma anche dai loro simili. Reintrodurli in natura è difficile, perché i gorilla sono territoriali e non accolgono facilmente individui estranei nei loro gruppi. Senza contare che quando questi animali vengono cresciuti dagli esseri umani si portano dietro tante esperienze avulse dal loro contesto naturale: a volte riportare indietro le lancette è impossibile, purtroppo».