Corriere della Sera, 27 aprile 2019
Jean-Claude Romand, «L’avversario», torna in libertà
«Che coraggio. Ha ingannato e continua a ingannare tutti», dice Emmanuel Crolet, il cognato di Jean-Claude Romand che entro il 28 giugno uscirà dal carcere dopo 26 anni. «Sono nauseato. Penso a mia sorella. Quando lui ha chiesto la libertà condizionata l’ha uccisa una seconda volta. Adesso che la libertà gli è stata concessa, è un altro colpo di mattarello che le sferra sulla testa, per essere sicuro che sia davvero morta, così come i suoi figli e i suoi genitori». Dopo un primo no a febbraio, la Corte di appello di Bourges ha accettato la richiesta dell’uomo condannato all’ergastolo per avere ucciso moglie, due figli e anziani genitori quando la sua lunga e complessa finzione – medico e ricercatore facoltoso, in realtà studi di medicina presto interrotti e disoccupato – era sul punto di essere smascherata.
Condannato all’ergastolo nel 1996, Jean-Claude Romand a 65 anni sarà ospite di un monastero dove dovrà portare un braccialetto elettronico. La sua vicenda è al centro di uno dei più celebri libri di Emmanuel Carrère, L’avversario, e del film con lo stesso titolo dove a interpretare Romand è Daniel Auteuil.
La mattina di sabato 9 gennaio 1993 un mondo finisce. Dopo vent’anni di menzogne Romand uccide la moglie Florence Crolet, 37 anni, spaccandole il cranio con un mattarello, al risveglio nella loro bella casa di Prévessin-Moëns alla frontiera franco-svizzera, poco lontano da Ginevra. Fino a quel momento, Romand è considerato un marito e padre amorevole e ricambiato, un grande professionista che sa vivere il successo senza ostentazioni. Un uomo fortunato, come la sua famiglia.
I figli Caroline, 7 anni, e Antoine, 5, non si accorgono di niente, e il padre prepara loro la colazione mentre guardano un cartone animato. «Sapevo, dopo avere ammazzato Florence, che avrei ucciso anche Antoine e Caroline e che quel momento, davanti alla tv, era l’ultimo che avremmo passato assieme. Li ho coccolati. Credo di avere detto loro cose tenere, come “Vi voglio bene”», ha raccontato Romand al processo. Poi colui che tutti credevano uno stimato cardiologo ricercatore all’Organizzazione mondiale della sanità – in realtà passava le giornate in auto nel parcheggio dell’Oms – accompagna i bambini in camera uno alla volta, mette loro un cuscino sulla testa e li uccide a colpi di carabina calibro 22 con silenziatore.
Sterminata la famiglia modello, il falso medico e vero assassino esce di casa, mette la carabina nel bagagliaio e si dirige verso Clairvaux-les-Lacs, un’ottantina di chilometri più a nord, dove abitano i genitori. Pranza con loro, poi Romand li uccide sparando loro alle spalle. Spara anche al cane, «ho pensato che Caroline dovesse averlo con sé, lo adorava». Non è finita. Risale in macchina e guida fino a Parigi dove ha appuntamento con l’amante Chantal Delalande, che da giorni chiede con insistenza il rimborso di un prestito e sta per scoprirlo. Lui prova a strangolarla ma stavolta l’omicidio non riesce. Romand dice di essere sconvolto perché in fin di vita per un cancro e si fa promettere che lei non lo denuncerà.
Infine Jean-Claude Romand torna a Prévessin-Moëns, arriva a casa la mattina di domenica 10 gennaio. Passa la giornata a fare zapping in tv, accanto ai cadaveri di moglie e figli. La notte usa le taniche di benzina preparate da giorni, dà fuoco alla casa e prende barbiturici. Si salverà. Lunedì 11 gennaio 1993 il procuratore Jean-Yves Coquillat entra nella dimora devastata dalle fiamme, e per prima cosa vede appeso in cucina un disegno di Antoine e la scritta «Papa, je t’aime».