Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  aprile 26 Venerdì calendario

Intervista a Ricky Martin

«L’errore più grande che può fare un ragazzo che prende parte a un talent è credere di non essere bravo se viene eliminato. Molti escono frustrati, pensano che l’eliminazione sia la fine della loro carriera. Invece bisogna rischiare e non abbattersi». È il consiglio di Ricky Martin, uno che ce l’ha fatta discretamente bene: mister 60 milioni (di dischi venduti), per molti il re del pop latino, successi planetari come Livin’ la vida loca e (Un, dos, tres) Maria. 
Ora lei è presenza fissa su Canale 5 (tranne domani, che non sarà in trasmissione perché impegnato in un evento benefico della sua fondazione in Portorico), direttore artistico ad «Amici» di Maria De Filippi: non crede che i talent possano essere fabbriche di infelici? 
«Oggi è difficile per i nuovi artisti avere l’opportunità di esporre la propria arte non solo qui in Italia ma in tutto il mondo. Chi partecipa a un talent deve correre questo rischio perché esibirsi è il sogno della sua vita. Il talent ti dà il palco per esprimere te stesso, per dire tutto ciò che hai bisogno di dire, per raccontare la tua storia al pubblico e quindi devi essere disposto a rischiare».
Quali errori ha commesso lei quando ha mosso i primi passi nella musica?
«Agli inizi della mia carriera facevo parte di una band molto protetta, avevamo intorno persone creative, quindi ogni decisione era estremamente strategica ed io mi affidavo a loro... Sono sicuro di aver fatto degli errori, ma alla fine una persona è anche il risultato dei propri sbagli».
Da bambino usava un cucchiaio di legno come microfono: è così che ha realizzato che il suo sogno era quello di diventare un cantante?
«Volevo attirare l’attenzione: della mia famiglia, dei miei vicini, dei miei compagni di scuola... Ogni giorno volevo essere sul palcoscenico. Io cominciavo a cantare e se loro non mi ascoltavano, io protestavo e dicevo che mi dovevano stare a sentire perché stavo eseguendo un pezzo».
Cosa le piace della popolarità? E cosa no?
«La prima volta che sono stato di fronte a una telecamera avevo 9 anni e la maggior parte della mia vita l’ho trascorsa davanti a una macchina da presa. Non posso fare paragoni. Ero un bambino e già mi sentivo a mio agio sotto i riflettori, quella è da sempre la mia comfort zone».
È un modello per molte persone: come la fa sentire? 
«È una grande responsabilità ora più che mai con l’esposizione globale dei social media. Credo che per me sia importante essere molto chiaro sulle cose che faccio e dico. Non indosso mai una maschera quando faccio un’intervista o mi esibisco nei concerti, perché sono consapevole che i giovani guardano ciò che faccio e alla fine questo può cambiare la loro vita. Ho i miei alti e bassi ma alla fine della giornata so che ho dato un messaggio positivo con quello che faccio, con la mia musica». 
Cosa non le piace del mondo di oggi?
«Il cinismo, è un modo di pensare che non mi appartiene».
Ha un incubo ricorrente?
«No, piuttosto ho un sogno ricorrente: io che riesco a controllare il mio volo ad ali spiegate. È  una metafora della mia vita».
Ricorrendo all’utero in affitto ha avuto tre figli, due gemelli di 10 anni e una bimba di pochi mesi. Che tipo di padre è?
«Ho una mente molto aperta, mi fido dei miei figli, anche se sono piccoli. Il bacio della buonanotte e il bacio del mattino sono fondamentali, a me non è mai stato permesso di lasciare la casa di mio nonno o di mio padre senza dargli un bacio».
Qual è la lezione più importante che le hanno insegnato i suoi genitori?
«Credere in qualcosa e non fermarsi mai fino a quando non ottieni quello che vuoi. Sono un Capricorno, astrologicamente mi piacciono le sfide difficili. I miei genitori mi hanno sempre detto di andare avanti assicurandomi di raggiungere il mio obiettivo senza ferire nessuno lungo la strada».
Si sente prigioniero di alcuni suoi successi?
«La gente mi chiederà sempre di cantare Maria, La vida loca, La bomba, Vente Pa’ Ca... Se non le canto, mi tirano i pomodori. La reazione del pubblico è come una droga. Perché dovrei trattenermi da questa euforia sul palco?».
Il suo coming out risale ormai a quasi 10 anni fa. Se guarda indietro cosa pensa?
«Non ho fatto coming out prima perché avevo paura delle reazioni della gente, ma quando l’ho fatto mi sono reso conto che tutte quelle paure erano nella mia mente. Non so quanti uomini e donne mi dicono grazie perché con il mio coming out li ho aiutati. La quantità di amore che ho sentito dopo è qualcosa che mi porterò dentro per sempre».