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 2019  aprile 26 Venerdì calendario

Il caso legale degli schizzi di Richter

BERLINO Il sommo Michelangelo, poco prima di congedarsi dal mondo, diede alle fiamme la maggior parte dei suoi schizzi. Non voleva che i Medici ne venissero in possesso. Gerhard Richter, che probabilmente è il più grande pittore vivente e per nostra fortuna è ancora in buona salute, è stato un po’ meno attento e sistematico. Richter, nato a Dresda nel 1932 e passato all’Ovest nel 1961, due mesi prima della costruzione del Muro, è sempre stato un artista molto esigente in primo luogo con se stesso. Raccontano che nel corso della sua attività artistica abbia distrutto centinaia di sue opere, molte perfino completate ma non ritenute da lui soddisfacenti.
Richter aveva fatto così anche con quattro schizzi, messi giù nel 2016 ma non considerati all’altezza e per questo gettati da lui nel contenitore della raccolta differenziata riservato alla carta nel giardino di casa sua a Colonia. Soltanto che poco dopo era passato di là un certo Michael W., il quale accortosi degli schizzi nella spazzatura, aveva pensato bene di raccoglierli e portarseli a casa.
Michael W. è stato condannato martedì a pagare un’ammenda di 3150 euro da un giudice di Colonia, che lo ha riconosciuto colpevole di furto. A esporre denuncia era stato lo stesso Gerhard Richter. Il processo della città renana ha avuto un’eco nazionale, sia per la celebrità dell’artista, sia per la complessità delle questioni giuridiche sollevate: è furto prendersi la spazzatura di qualcun altro? A chi appartiene la spazzatura di un artista? Detto altrimenti, l’atto di disfarsi di qualcosa, fosse anche un’opera d’arte, fa cessare la proprietà, materiale o intellettuale?
Ricostruiamo la vicenda. Stando alla versione fornita dall’imputato in aula, egli si accorse che il contenitore era stato rovesciato da una folata di vento, lo aveva rimesso in piedi e raccolto la carta sparsa per il giardino. Una buona azione insomma. Solo allora aveva notato gli schizzi, che aveva preso per sé, all’evidenza considerandoli «res nullius». Cosa ci faceva nel cortile dei Richter Michael W.? Aveva bussato poco prima alla loro casa, almeno così ha raccontato alla giudice, poiché avrebbe voluto vendere alla moglie dell’artista, Sabine Moritz, anche lei pittrice, una cartella di disegni contenente alcuni suoi lavori giovanili. La signora però non era in casa. 
Non era comunque la prima volta che il nostro aveva cercato i Richter. In un’altra occasione aveva parlato con Gerhard in persona, uscendo però, parole sue, «irritato» dal breve colloquio.
Due anni dopo, siamo nel 2018, gli schizzi vennero offerti dall’imputato a una casa d’aste di Monaco, ai cui responsabili Michael W. raccontò di averli avuti da un artista, il quale a sua volta li aveva avuti in regalo da Richter. La verifica presso la Fondazione Richter di Dresda produsse due risultati: gli schizzi erano autentici, ma Richter non avrebbe mai permesso che lasciassero il suo atelier senza firma né cornice. La storia del regalo è una balla, inventata a uso e consumo della casa d’asta. Il valore resta incerto. Secondo l’accusa siamo intorno ai 60 mila euro: nulla rispetto ai 32 milioni di dollari pagati per un quadro di Richter a un’asta di Sotheby’s nel 2018, ma niente male per Michael W. che è disoccupato.
«Ho provato più volte a mettermi in contatto con Richter per chiarire se avesse qualcosa contro il mio comportamento. Non sono un criminale», ha detto sconsolato l’imputato. Richter, che non era in aula, aveva fatto una dichiarazione giurata alla polizia: «Io non voglio che questi schizzi esistano sul mercato dell’arte». Katharina Potthoff, la giudice, gli ha dato ragione: «Anche se nel contenitore della spazzatura, gli schizzi erano ancora di proprietà dell’artista. La sua volontà era di sbarazzarsene». Curiosità: tre degli schizzi sono stati sequestrati dall’autorità giudiziaria. Del quarto non si hanno notizie.