La Stampa, 26 aprile 2019
Germania, il credito è il punto debole
Il fallimento delle trattative per la fusione tra Deutsche Bank e Commerzbank, i due colossi bancari tedeschi, sembrerà ai lettori normali un fatto di interesse dei soli esperti finanziari. Purtroppo non è così: segnala infatti un’altra dimensione della debolezza europea, dopo quella politico-istituzionale sorta con il caso Brexit e quella sociale nata con l’emergere dei “gilets gialli” e dei movimenti populisti.
La Germania, considerata un campione di solidità e quindi estranea a tutto ciò, mostra di avere anch’essa i suoi punti deboli, di trasferire stimoli negativi all’intero continente, al di quelli derivanti dal suo rallentamento congiunturale.
Il maggiore punto debole tedesco è localizzato precisamente nelle banche che sembravano essere il simbolo stesso della solidità germanica. Certo quelle banche non sono appesantite dai famigerati “crediti deteriorati” – o Npl – che hanno assillato, e in parte ancora assillano le banche italiane. I bilanci di molte di loro sono però stracarichi di “titoli spazzatura”, triste eredità della crisi del 2008-09, per un ammontare dal valore nominale astronomico, pari a molte volte il Pil mondiale e con un valore di mercato molto più basso. Così è iniziata da qualche anno una ritirata lenta e difficile delle maggiori banche tedesche, fatta di tagli di personale e chiusura di uffici, soprattutto all’estero.
Questa cura dolorosa non si è rivelata sufficiente. Nel 2008, prima della crisi, un’azione della Deutsche Bank era giunta alla quotazione massima di oltre 100 euro, mentre ormai da vari mesi non supera il valore di 10 euro, dopo aver “consumato” un aumento di capitale di vari miliardi di euro al quale aveva contribuito soprattutto la famiglia reale del Qatar. Più recentemente Deutsche Bank risulta tra le grandi banche europee – nessuna italiana - coinvolte in un grande caso di riciclaggio di fondi russi transitati attraverso la danese Danske Bank.
L’impossibilità di risolvere all’interno, mediante la fusione delle due maggior banche, entrambe grandi e entrambi deboli - Deutsche Bank, appunto, e Commerzbank – la debolezza bancaria tedesca è salita alla ribalta europea. Si tratta indubbiamente di uno dei punti su cui faranno leva i negoziatori americani nelle trattative sui dazi alle importazioni, in corso con l’Unione Europea, parte importante della “guerra commerciale” che sta sconvolgendo il mondo. Ieri Olaf Stolz, ministro socialista delle Finanze ha inoltre dichiarato che «le industrie tedesche che agiscono a livello globale hanno bisogno di istituti di credito in grado di accompagnarle in tutto il mondo». Il fatto è che questi istituti non si creano solo per decreto, sono necessari strutture e capitali che non appaiono più alla portata del primo paese dell’Unione Europea.
Le riforme urgenti
E allora? Dopo aver creato una normativa bancaria uniforme ed efficace per tutti i paesi dell’Unione, è tempo di dare origine a istituti bancari genuinamente europei, non già semplici filiali europee di una “casa madre” di un altro paese ma frutto di quella civiltà economica europea che è nata negli ultimi decenni, che ha superato, o sta superando, le dimensioni nazionali e che deve trovare nelle istituzioni creditizie il suo punto di forza. Accanto alle riforme istituzionali, di cui l’Europa che uscirà dalle elezioni che si terranno tra trenta giorni ha acutissimo bisogno, è necessaria una serie di riforme economiche fondamentali alle quali l’opinione pubblica non pensa e sulle qual il mondo politico sorvola. Non è un caso che dopo l’annuncio del fallimento del progetto di unione tra le due banche tedesche, l’euro sia sceso nei confronti del dollaro al livello più basso da circa due anni e che una debolezza dell’euro in un contesto monetario mondiale che sta diventando caotico non è certo auspicabile,
Il ruolo di Bruxelles
L’Europa non può permettersi di essere impreparata di fronte alle tempeste monetarie mondiali. Non solo sarà necessario centralizzare a Bruxelles alcune funzioni di governo – non sarebbe male cominciare dalla Difesa, visto che gli Stati Uniti mostrano un sempre minore entusiasmo a sostenere, al bisogno, gli alleati europei - e finanziarle in un contesto europeo, da sottrarre quindi ai governi nazionali, ma anche creare realtà economiche nuove che superino il livello nazionale, che siano europee prima di essere tedesche, francesi o italiane.