La Stampa, 26 aprile 2019
Le ragazze inglesi comandano le gang
Il numero degli omicidi nel Regno Unito ha raggiunto i livelli più alti dell’ultimo decennio, con le uccisioni che avvengono in gran parte per accoltellamento. Tra il marzo 2017 e il 2018, 285 persone sono state uccise con un’arma da taglio, il numero più alto da quando il governo ha iniziato a tenere questo tipo di conteggi nel 1946. Nel Paese si vive il clima di una vera e propria emergenza spinta anche dalla crescita del numero e dell’ampiezza delle gang giovanili, bande di giovani divise per città e quartieri, che si dedicano soprattutto allo spaccio di droga e che usano la violenza come forma di controllo del territorio. Si tratta di un fenomeno prevalentemente maschile, o almeno questa è la percezione generale, ma in realtà il coinvolgimento delle ragazze sembra essere più grande di quanto si creda.
Nel database della polizia di Londra ci sono 3mila nomi di membri di gang e di questi solo 18 sono ragazze. Ma secondo le analisi della commissione per l’infanzia, organo consultivo dello Stato britannico, un terzo dei minorenni inglesi coinvolti nelle attività delle bande sarebbero ragazze (34%), una stima che la stessa commissione ritiene potrebbe essere imprecisa e la percentuale sembra possa arrivare addirittura alla metà. Le ragazze sono utilizzate soprattutto per trasportare armi e droga. «Il mio compito era portare armi per i membri della banda, principalmente grossi coltelli da cucina. Ma li tenevo anche per proteggermi», ha confessato una giovane alla Bbc. Il governo ha dato alla polizia maggiori poteri all’interno della legge Stop and Search, ferma e perquisisci, che dà agli agenti il diritto di perquisire anche senza «un ragionevole sospetto». Ma le perquisizioni avvengono soprattutto su maschi e proprio per questo le ragazze diventano indispensabili.
Le statistiche mostrano chiaramente che a Londra, capitale non solo politica ma anche delle violenze, gli accoltellamenti avvengono soprattutto nei quartieri poveri, dove i giovani crescono in situazioni difficili e i servizi sociali sono più scarsi. Per i giovani di questi quartieri l’appartenenza a una gang è un modo per guadagnare soldi facili, protezione e anche quel prestigio che ritengono di non poter ottenere altrimenti. È un modo per sfuggire a situazioni familiari complicate, fatte di privazioni e purtroppo a volte anche di violenze. Come ha raccontato Jennifer Blake, ex membro di una gang, «quando provieni da certi quartieri non sogni di andare all’università ma magari subisci il fascino del ritratto del gangster che vedi nei film, con tutti quei gioielli, i soldi e la reputazione». Ma la realtà purtroppo è ben differente. «Non c’è nessun glamour in quella vita», che spesso è fatta di soprusi e violenze per chi non rispetta i codici del branco, «io sono stata segregata, picchiata e violentata, e non sono stata l’unica».
Come lei tante ragazze hanno provato a sfuggire a una vita complicata abbracciando una realtà che si è rivelata ancora peggiore, scegliendo la strada del crimine ma finendo per diventare allo stesso tempo vittime. Per Claudia Webbe, tra le fondatrici dell’operazione di polizia Trident, nata nel 1998 per combattere i crimini violenti a Londra, e ora esponente del Labour, «le donne sono sempre state sfruttate dai criminali, ma ora vediamo un aumento di questo fenomeno proprio mentre vengono tagliate le risorse per il sostegno alle comunità . I 145 milioni destinati ai servizi per affrontare le cause che portano i giovani a compiere crimini sono stati dimezzati, le scuole non hanno fondi per politiche di sostegno ai giovani e anche le risorse per la polizia sono state tagliate. È questa la causa del fallimento».