il Fatto Quotidiano, 26 aprile 2019
Gheddafi, il fantasma dei nostri errori
Mentre la Libia è in pieno caos e il generale tagliagole Khalifa Haftar, armato dal generale altrettanto tagliagole e golpista, l’egiziano Al Sisi, sostenuto a sua volta dagli americani, fa il bello e cattivo tempo seminando centinaia di morti civili, vogliamo ricordare, almeno una volta, almeno di passata, la figura del colonnello Muammar Gheddafi che a sentire le cronache degli ultimi anni sembra non esser nemmeno mai esistito mentre quel Paese lo ha governato per più di quarant’anni? Muammar Gheddafi nasce nel 1942 in un villaggio poco lontano da Sirte da una modesta famiglia di fede musulmana che appartiene a una ancor più modesta tribù, Quadhadhfa. Studia nella scuola coranica di Sirte, si iscrive all’Accademia militare di Bengasi e, dopo un breve periodo di studio in Gran Bretagna, diventa capitano.
Il colpo di Stato del 1967 contro re Idris, organizzato da una dozzina di alti ufficiali, fra cui c’è Gheddafi, che si ispirano al panarabismo di Nasser, è originato dal fatto che Idris come il suo pittoresco collega Faruk, re dell’Egitto, è un fantoccio nelle mani dei francesi e degli americani. Inoltre di tutto si occupano tranne che dei popoli che dovrebbero governare. Le cronache di quei tempi ricordano Faruk perennemente a Montecarlo a giocare a poker (una volta sparò una cifra enorme, non si sa se in bluff o no, uno dei giocatori andò a vedere, Faruk sostenne che aveva in mano un poker d’assi senza far vedere le carte e al giocatore rispose arrogantemente: “Parola di Re”). Tutti costoro, Idris, qualche anno prima Faruk, più tardi lo Scià di Persia, non avevano capito che il tempo del colonialismo, almeno di quello classico, era finito.
Fra i commilitoni che organizzarono il colpo di Stato contro re Idris emerse subito la figura di Muammar Gheddafi che allora aveva 27 anni. Aveva carisma, era un gran bel ragazzo, cosa che non guasta mai, ma soprattutto era molto più colto dei suoi compagni. Aveva un’ideologia precisa anche se forse un po’ utopica: cercare fra capitalismo e comunismo una “terza via”, che non sposasse né l’uno né l’altro, insomma una via socialista che esprimerà compiutamente nel suo Libro Verde, pubblicato nel 1975, sei anni dopo la rivoluzione. Si è molto ironizzato in Occidente su questo Libro scritto personalmente da Gheddafi e non da un suo tirapiedi. Ma se ve lo procurate e lo leggete vi accorgerete che Muammar Gheddafi era tutt’altro che privo di spessore, politico e anche umano.
Gheddafi fu un sanguinario? Certamente fu un dittatore, certamente pose gravi limiti alla libertà d’espressione, certamente usò la mano pesante contro gli oppositori facendoli incarcerare e a volte, secondo una relazione di Amnesty International, torturare. Ma questo è niente rispetto a quello che hanno fatto i suoi omologhi contemporanei e i civilissimi e democraticissimi americani a Guantanamo. Forse la più grave responsabilità attribuibile a Gheddafi è l’attentato di Lockerbie dove morirono 270 persone. Gheddafi ha sempre negato la sua responsabilità diretta in quell’attentato che era una risposta al bombardamento a tappeto degli americani nel 1986 in Libia con la precisa intenzione di ucciderlo. Del resto in un paio di altre occasioni gli americani o i francesi, non si sa, tentarono di farlo fuori mentre era in volo nel Mediterraneo e in entrambi i casi fu salvato da Bettino Craxi che lo fece preavvertire dai nostri servizi di intelligence.
Nelson Mandela aspramente criticato dagli americani per una sua visita a Gheddafi dichiarò: “Coloro che ieri erano gli amici dei nostri nemici, ora hanno la sfacciataggine di propormi di non visitare il mio fratello Gheddafi, ci consigliano di mostrarci ingrati e di dimenticare i nostri amici di ieri… Ho tre amici nel mondo, e sono Yasser Arafat, Muammar Gheddafi e Fidel Castro”. Con tutto il rispetto per Amnesty io mi rifiuto di pensare che un uomo del valore e del livello etico di Nelson Mandela fosse amico fraterno di un assassino. Per anni Gheddafi si rifiutò di consegnare i due libici sospettati di essere gli autori materiali della strage di Lockerbie. Ma nel 1999 cambiò atteggiamento e mise i due a disposizione delle autorità scozzesi (uno fu condannato, l’altro assolto). Da quel momento i rapporti con la comunità internazionale e in particolare con gli Stati Uniti si normalizzarono. La Libia uscì dal novero degli “Stati canaglia” cui era aggregata insieme alla Corea del Nord e al solito Iran, di cui, per quel che mi riguarda, non ho mai capito le colpe. Inoltre nei suoi ultimi anni Gheddafi, che sostanzialmente era un laico, prese decisamente posizione contro il nascente terrorismo islamico, arrivando a porre una taglia sulla testa di Osama bin Laden. Semmai il giovane Gheddafi aveva avuto pruriti terroristici, gli erano passati. Era un rispettato membro dell’Onu. E nel 2009 fece alle Nazioni Unite un discorso, in termini assolutamente laici, che probabilmente ne decreterà la fine. Mise in discussione l’Onu, il Consiglio di Sicurezza in cui cinque Paesi hanno diritto di veto e “hanno il potere di decidere le sorti di una nazione sovrana a seconda dei loro interessi”, mise sotto accusa le multinazionali farmaceutiche che prima creano i virus e poi i medicinali per combatterlo, chiese un seggio permanente per l’Africa. Ed è solo una parte, del tutto condivisibile, di quel discorso.
Non c’era quindi alcuna legittimità internazionale per aggredire la Libia di Gheddafi nel 2011. E ancor meno c’erano ragioni sostanziali, con un Paese che intratteneva normalissimi rapporti commerciali con tutti gli altri, in particolare l’Italia e la Francia. Ma è stata proprio la Francia, con l’aiuto dei sempre presenti Usa, ad attaccare Gheddafi, e poi a linciarlo nel modo che abbiamo visto, solo per soffiarci il ruolo commerciale privilegiato che avevamo col Paese del Colonnello. Oggi in Libia l’Isis sguazza, tanto che gli scafisti, cui a questo punto, vista la situazione, dovrebbe essere dato un Nobel umanitario, devono pagare una taglia ai guerriglieri di Al Baghdadi per fare i loro sporchi traffici. E quindi quando va in fiamme Notre Dame de Paris non piango lacrime di coccodrillo. Oltretutto mi è sempre sembrata orrenda, lontana da quello slancio verso l’alto del gotico, che è uno slancio spirituale che è sempre mancato ai cartesiani francesi.