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 2019  aprile 25 Giovedì calendario

Quel bond del 2003 che può affossare Roma

Da Salva-Roma ad Ammazza-Roma il passo è breve. E il consiglio dei ministri, nella notte più lunga del governo, potrebbe averlo compiuto. Il Tesoro non si accollerà più, come previsto dalla prima versione del decreto crescita un pezzo dei vecchi debiti di Roma, i 12 miliardi spostati nel 2008 dal governo Berlusconi dal bilancio del Campidoglio ad un commissario straordinario il cui unico scopo era di onorare quel passivo grazie a un contributo perpetuo dello Stato di 300 milioni, a un’addizionale Irpef del 4 per mille sui redditi dei cittadini romani e a una tassa sui diritti d’imbarco a carico dei viaggiatori che sbarcano a Fiumicino. Il primo a far notare che ricaricare il passivo di 12 miliardi sulle sole spalle del Campidoglio sarebbe un suicidio, è stato l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno. «Il Comune», ha detto, «rischia il default». 

IL MECCANISMO
Per comprendere cosa succederà ai conti della Capitale se, come chiede a gran voce il Movimento Cinque Stelle, non si tornerà alla versione precedente del decreto salva crescita, bisogna addentrarsi nei complessi meandri della gestione commissariale. I vecchi debiti della Capitale sono composti in buona parte da mutui della Cassa Depositi e Prestiti (ce ne sono oltre 1.400), da alcuni mutui con le banche e, infine, da un Boc, un Buono ordinario del Comune, una obbligazione da 1,4 miliardi di euro emessa dal Campidoglio nel 2003 e che scadrà nel 2048. Proprio questo Boc, battezzato «Colosseum bond», è la bestia nera che rischia di affossare il bilancio della Capitale se dovesse tornare ad essere conteggiato nei conti del Comune. E questo per il meccanismo di funzionamento dell’obbligazione. Chi la ha in carico è obbligato a versare ai creditori 75 milioni l’anno di interessi e nel 2048, in una sola soluzione, tutto il miliardo e quattrocento milioni. La legge prevede che se un Comune ha in pancia un Boc, è anche obbligato ogni anno ad accantonare una quota in bilancio per far fronte al pagamento del capitale alla scadenza. La ragione è semplice. La regola è nata per evitare che i sindaci scaricassero sulle amministrazioni future le loro spese. A questa regola, però, non era tenuto il commissario straordinario che gestiva il debito e nemmeno lo Stato. Se il Colosseum bond torna al Campidoglio, il Comune di Roma potrebbe trovarsi obbligato ad accantonare ogni anno una cinquantina di milioni di euro per far fronte al Boc. Ieri il ministero dell’Economia, in un comunicato stampa, ha sottolineato che il Campidoglio potrà comunque continuare a ricevere il contributo dello Stato da 300 milioni l’anno. Ma la verità è che questo contributo è molto più basso, è di soli 120 milioni. E questo perché gli altri 180 milioni sono già stati impegnati con la Cassa Depositi e Prestiti e con alcune banche fino al 2040 a fronte di un prestito al commissario di 4,5 miliardi che è servito a saldare una parte dei debiti (che inizialmente ammontavano a oltre 16 miliardi). 
L’intenzione del Tesoro era quella di accollarsi il Boc e restituire a Roma solo la parte più facilmente gestibile del vecchio debito. Ma non è stato possibile almeno fino ad ora. Il Boc, del resto, è il problema più serio, ma non è l’unico per il Campidoglio. I soldi incassati con l’Irpef dei romani, con il contributo dello Stato e con le tasse aeroportuali, dal 2022 e per una decina d’anni, non basteranno più a saldare le rate dei mutui in scadenza. 

LO SQUILIBRIO
Dunque ci sarà da coprire anche questo squilibrio. Lo si potrà fare con anticipazioni bancarie, come prevede la norma uscita dal consiglio dei ministri. Oppure, la via alternativa sempre tentata anche se invano, sarebbe quella di provare a ricontrattare i mutui con la Cassa Depositi e Prestiti, accesi a tassi medi del 5%, decisamente alti in un’epoca di tassi zero come è ancora quella attuale (anche se l’impennata dello spread ha ridotto i vantaggi). Difficile che la Cassa accetti di rivedere i tassi al ribasso, ma potrebbe essere invece disposta ad allungare le scadenze dei prestiti alleggerendo le rate annuali. In questo modo di libererebbe qualche risorsa. Ma con il Colosseum bond sulle spalle del Campidoglio servirebbe comunque a poco. 
Cosa succederà ora? Il Movimento Cinque Stelle ha annunciato battaglia. In Parlamento, spiegano fonti grilline, la norma originale che prevede l’accollo del Boc da parte del Tesoro verrà ripristinata. Per farlo i grillini puntano anche sull’appoggio delle opposizioni. Il Pd per esempio, ha detto pubblicamente che la soluzione individuata per chiudere col vecchio passivo di Roma prima della lunga notte del consiglio dei ministri, era del tutto ragionevole. Ma potrebbe essere un’occasione troppo ghiotta per incunearsi tra i due alleati.