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 2019  aprile 25 Giovedì calendario

A Casaleggio il lavoro non piace

Entro il 2054 il lavoro si estinguerà e ad esso dedicheremo solo l’1% della nostra vita. È la visione futuristica di Davide Casaleggio, monarca illuminato e plenipotenziario del Movimento Cinquestelle, compagine al governo che però non ama definirsi per ciò che è, ossia “partito”. Davide, presidente della Casaleggio Associati nonché presidente e fondatore dell’Associazione Rousseau, da cui dipende il partito pentastellato, lancia profezie come fosse una sacerdotessa nel tempio e queste vengono prese per verità inconfutabili non solo dai suoi sottoposti, programmati per ubbidire da bravi sudditi quali sono, ma anche da coloro che restano intimiditi dal suo silenzio che lascia presumere un’intelligenza straordinaria, corroborata da un curriculum di tutto rispetto in cui figurano una laurea in economia conseguita all’Università Bocconi e alcune pubblicazioni dedicate al web, nel quale Casaleggio ripone una smodata fiducia. Segno ne è che il capo (vero) delle stelline (sempre più cadenti) auspica la morte della democrazia rappresentativa, sostituita da quella diretta resa possibile dalla rete internet. Roba che se per caso ti casca la connessione si frantuma lo Stato di diritto, e sono cavoli amari. Ma, tra tutte le sue strambe teorie, spacciate per previsioni puntuali di ciò che sarà, quella relativa alla scomparsa entro 35 anni del lavoro, a cui destineremo solo l’1% del nostro tempo, è la più divertente. Va da sé – e non ci voleva Casaleggio junior per scoprirlo – che con il trascorrere dei secoli o dei decenni, più o meno velocemente, alcune professioni spariscono per fare spazio ad altre. Ad esempio, nei villaggi medioevali, così come nel Far West, era molto diffusa la figura del maniscalco, il quale forgiava i ferri da applicare agli zoccoli dei cavalli, poi sostituito dal gommista. Tuttavia, teorizzare l’esaurimento della totalità di occupazioni che conosciamo oggi entro una trentina d’anni è alquanto esagerato. 

PASSI INDIETRO
Il geniale Davide trascura che se, da un lato, è vero che alcuni mestieri si spengono; dall’altro, è comprovato che, proprio come le mode, altri tornano in auge. Pensiamo al ritorno alla coltivazione della terra da parte di moltissimi giovani che scelgono la produzione di prodotti biologici, sempre più richiesti dai consumatori esigenti. Fare il contadino oggi è per molti un sogno. In generale, c’è una riscoperta delle attività artigianali, evidenza che smentisce il dominio assoluto della tecnologia sull’uomo e sul mercato. Dunque, andare avanti può a volte comportare il compiere dei passi indietro. E non sempre il progresso coincide con la perdita di ciò che ci caratterizzava. Questo principio è valido più che mai in un Paese come il nostro che ha fatto del made in Italy a livello universale un vessillo diventato sinonimo di qualità e di eccellenza. Del pronostico sponsorizzato dai grillini colpisce in particolare il fatto che entro il 2054 solo l’1% del tempo a nostra disposizione sarà investito nel lavorare. Ci chiediamo: e cosa ne faremo del restante 99%? Quale scopo avrà la nostra giornata? Con quali soldi provvederemo alle nostre esigenze? Chi ci manterrà? E soprattutto si può davvero essere felici girandosi i pollici o poltrendo dalla mattina alla sera? In una società signoreggiata dalla noia, senza impegni, scadenze, obiettivi da raggiungere, progetti da portare a termine, agende da compilare, aumenterebbero in modo esponenziale gli individui depressi oltre che i casi di suicidio. Se morissimo a 100 anni dopo avere abitato questo mondo del prossimo futuro, avremmo sgobbato solo un anno. E di sicuro sarebbero stati i nostri 365 giorni migliori. 

PENA E FATICA
I pentastellati hanno una visione negativa del lavoro, valore su cui si fonda la nostra Repubblica per Costituzione. Ecco perché sono pericolosi. Ritengono che esso equivalga a pena, fatica vana, dolore. Hanno inventato il reddito di cittadinanza da regalare come premio – peraltro striminzito ed insufficiente per sostentarsi – a chi sta in panciolle, eppure trascurano di considerare che persino questa elemosina è possibile poiché qualcuno si è rimboccato le maniche. È tassando chi lavora che viene mantenuto chi non lavora. Se il primo smettesse di sudare, anche il secondo morirebbe di fame. Ed ora ci prospettano un pianeta di disoccupati contenti di esserlo, magari presi da più interessanti passatempi: litigare, discutere, chiacchierare al telefono, scorrere le bacheche di tutti i social network, votare online importanti leggi, proprio come si vota per l’eliminazione di un concorrente del Grande Fratello o per decretare il vincitore del Festival di Sanremo. Insomma, una comunità di soggetti inebetiti dal tedio e scevri di responsabilità, che si svegliano quando gli pare e si baloccano per 23 ore e 46 minuti al dì. Per la lettura del futuro e degli astri preferiamo di gran lunga Paolo Fox.