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 2019  aprile 25 Giovedì calendario

Storia degli «Irriducibili» della Lazio

Stavolta è stato celebrato Mussolini. Quasi vent’anni fa era toccato a Zeljko Raznatovic, sanguinario criminale di guerra. «Onore alla Tigre Arkan», c’era scritto sullo striscione esposto in curva Nord, il cuore del tifo laziale il 30 gennaio del 2000. Era morto da poco, gli vollero rendere omaggio. «Perché era un grande ultrà della Stella Rossa e noi siamo ultrà. E perché era amico di Mihajlovic e Mihajlovic è amico nostro», spiegarono i capi degli Irriducibili, che dalla fine degli anni Ottanta sono i leader della curva.
Mussolini dopo la Tigre Arkan, perché la curva della Lazio è sempre stata di destra. Estrema. Quando, nel 1992, arrivò dall’Ajax il centrocampista Aron Winter, l’operazione non venne accolta con favore dagli ultrà: ebreo e nero, era capitato nel posto sbagliato. «Winter raus», scrissero. A casa gli arrivarono minacce, gli venne consigliato di negare la sua fede. Tenne duro, conquistò sul campo i tifosi biancocelesti. Anche i razzisti.
Il razzismo: proprio per questo gli ultrà della Lazio sono nel mirino della Uefa. Partite a porte chiuse, settori senza spettatori: uno stillicidio. L’ultimo episodio a Siviglia, a febbraio, quando un gruppo di tifosi si è distinto nel saluto romano. Ma è successo spesso anche in Italia: ululati a giocatori di colore, cori antisemiti. Su tutti, la vergogna dell’affissione degli adesivi di Anna Frank con la maglia della Roma. «Non è razzismo, solo sfottò», la giustificazione.
Gli Irriducibili hanno legami di amicizia con altre tifoserie di destra: gli Ultras Sur, franchisti, banditi qualche anno fa dal Real Madrid; la terribile Inter City Firm del West Ham. E pure gli interisti, con cui sono gemellati da trent’anni. C’è anche chi si aggrega ai laziali quando si annunciano scontri con tifoserie di sinistra (quelle del Marsiglia e dell’Eintracht Francoforte, di recente): i bulgari del Levski Sofia e i polacchi del Wisla Cracovia non mancano mai accanto agli Irriducibili. Tra i nemici di casa nostra, oltre ai romanisti, ci sono i «rossi» livornesi, gli atalantini, i fiorentini, i napoletani. E, ora più che mai, i milanisti.
A guidare oggi gli Irriducibili sono gli stessi ultrà di vent’anni fa. Avevano mollato, disgregati da arresti e inchieste, gambizzazioni e daspo. Coinvolti, tra l’altro, nel fallito tentativo di scalata alla Lazio: avrebbero dovuto spingere Lotito a cedere la società a un gruppo ungherese che aveva come riferimento Chinaglia, ma sono stati smascherati e, nel 2015, condannati. Di uno di loro c’è traccia anche nell’inchiesta su Mafia Capitale. Due anni fa gli Irriducibili sono tornati in curva Nord, ovviamente a comandare. E hanno fatto discutere perfino per scelte sessiste: «Nelle prime dieci file non vogliamo donne». Qualcuno, però, ha cambiato vita. Come Adamo Dionisi, oggi attore anche in «Suburra». «Sono stato in carcere, non sono più quello di un tempo».