La Stampa, 25 aprile 2019
La guerra sottomarina Facebook-Huawei
Un nuovo fronte di guerra nel controllo delle reti globali si è aperto tra Cina e Stati Uniti. Si combatte a colpi di cavi sottomarini in fibra ottica nei fondali oceanici d’Africa. In ballo c’è la gestione del traffico dati del Continente più arretrato in termini di infrastrutture digitali, ma con la maggiore crescita demografica. Per le aziende del settore significa un’enorme fetta di mercato da conquistare. Per i Governi, Stati Uniti e Cina in testa, è in ballo il controllo sulla sempre più strategica cybersecurity.
Facebook, nonostante abbia più volte smentito uno specifico interesse all’Africa, starebbe pensando a costruire una rete di cavi sottomarini da 1 miliardo di dollari che collegherebbe le coste dell’intero Continente. Un progetto in 3 fasi, chiamato “Simba”, che garantirebbe all’azienda di Zuckerberg di ridurre i costi di connessione degli utenti ed aumentare la penetrazione nel mercato del Continente. Si stima che gli africani collegati a Facebook siano circa 170 milioni su 1,2 miliardo di popolazione, quasi tutti da cellulare, a cui si aggiungono i quotidiani utilizzatori di WhatsApp. La struttura subacquea in fibra ottica garantirebbe al colosso di Menlo Park l’utilizzo di una rete dedicata funzionale alla raccolta di dati da inviare nei centri di raccolta in Europa ed Asia per poter aumentare la quota di mercato in Africa. Non è escluso che per ridurre il costo delle operazioni, una parte venga finanziata da grossi colossi delle telecomunicazioni già radicati sul territorio, come le compagnie MTN e Vodafone, che in cambio avrebbero accesso ad una parte della capacità della Rete.
Il passato recente dimostra come questo sia solo l’ultimo dei progetti che vede Facebook attivo in Africa. Lo scorso anno, a Gulu, località nel nord dell’Uganda, dove mancano strade e ospedali, Zuckerberg ha realizzato il maggior collegamento terrestre in fibra ottica della sua storia, gettando a terra circa 800 km di cavi, trasformando l’area nell’unica zona con trasmissione 4G dell’Africa centrale. Un investimento ufficialmente definito come filantropico con l’obbiettivo di far connettere ad Internet migliaia di persone con scarso reddito.
In attesa di capire se e quando si concretizzerà il progetto “Simba”, gli altri non stanno a guardare. A cominciare da Alphabet, l’holding di Google lanciata nel 2015, in trattativa per la realizzazione di “Equiano”, una rete di cavi sottomarini a largo delle coste dell’Africa occidentale. Ma soprattutto incalzano i cinesi di Huawei Marine Networks, società basata a Tianjin e di proprietà al 51% del colosso delle telecomunicazioni Huawei e per il restante 49% dell’inglese Global Marine. Hanno da poco concluso un progetto di 5.600 chilometri che collega la città di Fortaleza in Brasile con quella di Kribi in Camerun, portando Internet da un capo all’altro dell’Oceano Atlantico. Ma soprattutto hanno iniziato quella che è stata ribattezzata la “Via della Seta digitale”, un collegamento dati in fibra ottica subacquea che collegherà Europa, Asia (Pakistan) ed Africa (Gibuti), dove tra l’altro risiede l’unica base militare cinese in Africa. A questo si aggiunge il terreno fertile trovato dalle aziende cinesi nel Continente. Se i Governi africani sono pronti a fare ponti d’oro a Pechino, dati i finanziamenti a pioggia garantiti negli ultimi anni dal Presidente Xi Jinping, l’amministrazione Trump non sembra interessata all’Africa e i rapporti con numerosi Stati si sono raffreddati, uno scoglio ulteriore per i sogni espansionistici di Mark Zuckerberg.