Ha visto, Furino? La nuova casacca della Juve sarà senza le strisce dopo un secolo e più. Che ne pensa?
«Mi chiedo cosa inventeranno la prossima volta».
Ci sarebbe questa parola magica: marketing.
«Oh, la conosco benissimo, non vivo mica nella caverna. Oggi va così. Ci sono regole commerciali, bisogna vendere ogni anno una nuova divisa anzi tre: prima, seconda e terza maglia. Noi ne avevamo una sola, classica, più quella blu Savoia da trasferta. Una per il caldo e una per il freddo. E se si bucavano le rattoppavamo».
Classico è il termine perfetto: i creativi se ne fregano.
«Preferivo quando i creativi avevano il numero 10, non la matita».
La maglia della Juve senza le righe è come quella della Nazionale a strisce: impossibile. O forse no.
«La maglia è come la bandiera, è un segno di riconoscimento, un simbolo identitario».
Anche lei era chiamato “giocatore bandiera”.
«Ma quella definizione non mi piaceva, perché i vessilli stanno là in alto, sui pennoni, io invece mi facevo il mazzo rasoterra».
La nuova maglia con i riquadri sembra quella dei fantini.
«L’importante è che la indossino dei purosangue, nella storia bianconera è sempre stato così».
Già quest’anno, su quella gloriosa maglia di righe ce n’erano pochine.
«È l’evoluzione della specie, però non mi garba tanto. Spero solo, da juventino, che la nuova maglia ci dia tante soddisfazioni, alla fine conta quello».
Magari senza le righe si vince la Coppa dei Campioni.
«Magari. Io, con le righe, l’ho persa due volte in finale. Lasciamo stare che è meglio».
Qualcuno già la chiama Judinese.
«È vero, somiglia. Anche il Siena, mi pare, un anno si mise una casacca del genere».
Vabbè, là corrono il Palio.
«Tutto si spiega».
Come si diceva, la vostra maglia era un classico: come Guerra e Pace, come i Karamazov.
«Era bellissima. Intanto il tessuto: avevano fabbricato una macchina speciale per tessere le righe in verticale. Lo scudetto e la stella erano di stoffa, cuciti in rilievo. Io ho conosciuto la donna che imbastiva gli scudetti uno a uno, era una signora di una certa età».
Poi la larghezza delle righe.
«Meglio strette che larghe, oggi invece si esagera tutto».
Possiamo dimenticarci del collo?
«A V, elegantissimo. Il calzoncino era ovviamente bianco, la tinta dominante sul verde del prato, e la maglia di Dino nera oppure grigia. Nere pure le scarpette».
Lo “stile Juve” era anche qualcosa da indossare?
«Io penso di sì. E una volta che l’avevi infilata, quella maglia fantastica faceva di te uno juventino. Un privilegiato, un vincitore. Un guerriero».
Lei, della Juventus è stato il capitano per otto anni: cosa le ha dato quella maglia?
«Tanto, tutto. E posso dire con orgoglio di averla sporcata sempre».
Ora la giudicheranno un nostalgico.
«Semmai un conservatore e me ne vanto».
Nostalgico no?
«Mica sono rincoglionito: il passato non era meglio perché è passato, era meglio perché era meglio».