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 2019  aprile 24 Mercoledì calendario

I conti della Grecia sono buoni

L’ultimo elemento di un quadro di ripresa finanziaria della Grecia in grado di rassicurare sempre più gli investitori è arrivato ieri dai dati oltre ogni attesa relativi all’avanzo primario del bilancio statale del 2008, che ha raggiunto il 4,4%. Una cifra superiore alle previsioni del 4,1% e alla media del 3,5% che Atene si è impegnata a conseguire nel periodo tra il 2018 e il 2022 in sede di fuoriuscita dall’ultimo salvataggio finanziario, avvenuta nell’agosto scorso. Si tratta del terzo anno consecutivo di surplus primario (escludendo cioè gli oneri del servizio sul debito), in netto contrasto con il deficit del 5,6% del 2015. Su questo parametro, ora Atene eccelle nell’Eurozona, dove in media (per i 19 Stati) il deficit primario l’anno scorso si è attestato allo 0,5 per cento. Tuttavia il debito pubblico complessivo è cresciuto in un anno dal 176,2% al 181,1% del Pil, attestandosi a 334,6 miliardi di euro, per lo più a causa degli ultimi esborsi dei creditori nelle battute finali del “terzo memorandum”.
Atene, però, è ora in grado anche di anticipare in parte il rimborso del debito: oltre 150 milioni l’anno di interessi, per tre anni, saranno risparmiati con il ripagamento anticipato di 3,7 miliardi degli oltre 9 miliardi di euro che deve al Fondo monetario internazionale (Fmi) di qui al 2024. Il governo greco avrebbe anzi voluto rimborsare anticipatamente tutto o quasi il debito verso l’Fmi, che comporta il pagamento di interessi al 5,3%. Ma alcuni Paesi creditori – a partire dalla Germania – hanno manifestato la loro opposizione, perché ritengono importante la permanenza di un monitoraggio post-bailout (tramite due report annuali) da parte del Fondo. 
Sono sviluppi resi possibili dal ritorno della Grecia sul mercato dei capitali, di cui aveva perso l’accesso nove anni fa: il mese scorso Atene ha emesso con successo i primi bond decennali post-crisi, rastrellando 2,5 miliardi di euro offrendo un tasso del 3,9%. Intanto i tassi di mercato sono scesi vicino ai mini storici, con i quinquennali da questo mese caratterizzati da rendimenti inferiori a quelli dei Treasuries americani. 
Il premier Alexis Tsipras rivendica di aver fatto uscire il Paese dalla crisi ridandogli credibilità e avviando «un nuovo circolo virtuoso» e di crescita: lo stesso Fmi continua a ipotizzare per quest’anno un Pil in espansione del 2,4%, anche se altre stime sono più prudenti. Tsipras rivendica anche il merito di aver guidato il Paese fuori dalle secche restando nell’area euro e nella Ue. In una intervista al «Financial Times», si è chiesto retoricamente: «Se il Regno Unito, che è una potenza molto importante, ha così tante difficoltà a trovare la via da seguire per la Brexit, solo provate a immaginare, come sarebbe per la Grecia?». Ha quindi sottolineato le magagne di un «approccio nazionalistico» e di una «retorica sciovinista» nell’affrontare i problemi politici, economici e sociali dei singoli Paesi europei. Mentre la Grecia ha imparato a sue spese che era nell’interesse nazionale restare nell’Eurozona e nell’Unione europea, ha detto «gli sviluppi relativi alla Brexit dimostrano che questa strada, la strada nazionalistica, non è in grado di offrire un modo facile e decisivo per la soluzione di problemi reali».
Certo nei sondaggi per le elezioni nazionali in vista per ottobre Tsipras appare in svantaggio dopo aver fatto trangugiare alla popolazione l’amara medicina dell’austerità in termini che la destra probabilmente avrebbe avuto ancora più difficoltà a perseguire. Tuttavia, l’opposizione che lo aveva stigmatizzato come irresponsabile sinistrorso ai tempi del referendum anti-austerità del 2015 non potrebbe ora invocare la prospettiva di una Grecia isolata, oltretutto in un contesto geopolitico con i suoi imperativi anche più rilevanti degli aspetti economici.
Il primo ministro sembra interessato a suggellare la sua immagine «europeista», dopo che già nel 2015 ne aveva acquisito le credenziali per aver accettato, poco dopo aver «vinto» il referendum antiausterità, un terzo salvataggio finanziario caratterizzato da imposizioni ancora più dure. Credenziali rafforzate sul versante politico internazionale grazie al suo coraggio nel promuovere – scontando il rischio di addizionale impopolarità – l’accordo a due che spiana la strada all’ingresso nella Nato e nella Ue alla «Macedonia del Nord». Nel lanciare un allarme sui movimenti populisti di destra anti-Ue, Tsipras avverte che il loro rafforzamento è connesso «alle attuali politiche di austerità» e a un «volto dell’Europa che non è molto attraente per i cittadini europei» in quanto la Ue «sembra non essere molto democratica né molto aperta alle necessità della gente».
Proprio per questo, aggiunge, Syriza scende in campo per Strasburgo con l’intenzione di rafforzare l’intero schieramento progressista di sinistra. Lui intende negoziare amichevolmente con i creditori «un nuovo mix di politiche che consenta di raggiungere i target (finanziari) ma con un più alto tasso di crescita», attraverso tagli fiscali mirati che promuovano più investimenti e lavoro.