Il Sole 24 Ore, 24 aprile 2019
All’asta il vino di Leonardo da Vinci
A ottobre verranno vendute 330 bottiglie di vino di Leonardo da Vinci. A determinarne il prezzo saranno due aste: le prime due bottiglie nel primo lotto; una terza bottiglia nel secondo lotto. A Milano gli eredi della Casa degli Atelliani hanno fatto impiantare la vite originaria nel giardino, piccola parte di quello che cinque secoli fa fu il vitigno donato da Ludovico il Moro a Leonardo da Vinci, recuperando così la storia del luogo, oltre che della pianta.
Attraverso questa ricerca è stato ripercorso e valorizzato il legame tra Leonardo e la città di Milano, dove il genio fiorentino visse per due diversi periodi e dove, appunto, lasciò in eredità il suo ettaro di terra, collocato all’epoca tra il Borgo delle Grazie e San Vittore, per metà al suo maggiordomo Giambattista Villano e per metà al suo allievo prediletto Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì.
L’asta dedicata al vino di Leonardo, prodotta da Piero Maranghi e Piero Castellini Baldissera, sono l’ultimo capitolo di una lunga storia. La vigna è ancora oggi un luogo pieno di misteri che si intrecciano, raccontati in un docu-film che uscirà a ottobre e curato dallo stesso Maranghi, uno gli eredi di Casa Atelliani. Tra gli aneddoti della vigna c’è anche quello di una Gioconda ritrovata qui nel 1525, come testimonia l’inventario del notaio redatto dopo l’assasinio dell’erede Salaì. Una Gioconda, dicono i documenti, rinvenuta qui sei anni dopo la morte di Leonardo, sebbene la storia ufficiale racconti di un quadro portato dall’artista stesso in Francia (e conservato per questo al Louvre).
La vigna è stata dunque cornice di un pezzo di storia davinciana. Ludovico il Moro invitò Leonardo a Milano e gli commissionò l’Ultima cena, pagandolo appunto con questo terreno. Una volta arrivati i francesi in città, Carlo d’Amboise chiamò di nuovo il genio a Milano, restituendogli la vigna senza chiedere denaro in cambio come lui aveva chiesto.
Passano i secoli. La vigna ispirò il libro di Luca Beltrami, pubblicato nel 1920, in cui vengono definiti i confini del terreno originario, e così l’erede Ettore Conti si convince a dare nuova vita al luogo preservandone i filari. Nel 1943 Casa Atellani viene bombardata e un incendio distrugge la vigna. Nel 2007 inizia la fase di recupero e di studio. Fino ad arrivare al 2015. Dopo una ricerca storica e scientifica, è stata impiantato il vitigno di appartenenza, la malvasia aromatica di Candia, come appurato dalla Facoltà di scienze agrarie di Milano. La ricostruzione storica lo confermerebbe: all’inizio del ’500 era questa l’uva che andava più di moda tra le famiglie nobili.
La vendemmia è avvenuta lo scorso autunno, un’annata produttiva, dicono gli esperti. Così è stato anche per il vino di Leonardo, la cui uva è stata trasportata nel castello di Luzzano, che porta la firma dell’architetto Pietro Portaluppi (conosciuto come Piero, lo stesso che ha restaurato Casa Atellani nel 1919 e che ha disegnato l’etichetta). Il processo di invecchiamento dei 270 litri realizzati è avvenuto in una grande anfora di coccio, come vuole la tradizione medievale, mentre le bottiglie sono state prodotte da Alberto Alessi seguendo il disegno autentico del decanter di Leonardo. Alla bottiglia all’asta verrà abbinato un gioiello: una sfera di vetro contenente un picciolo della vite e il foglio anastatico che ne certifica l’origine.