Avvenire, 24 aprile 2019
Kaladze, da calciatore a sindaco di Tbilisi
Calciatore che ha conquistato tutto. Politico che se possibile, con ancor più voglia e convinzione di quando scendeva in campo, vuole contribuire a scrivere la storia di una popolazione felice dopo anni complicati per il proprio Paese. Kakhaber Kaladze, ex difensore del Milan, oggi sindaco di Tbilisi, sogna e lotta per il meglio dei suoi cittadini.
Com’è oggi la sua giornata tipo?
Molto impegnativa. Inizia alla mattina presto e termina a notte inoltrata. Ho una grossa responsabilità. Io devo e voglio rispondere alle esigenze degli abitanti della capitale della Georgia.
Perché ha deciso di intraprendere questo tipo di carriera?
È un qualcosa che ho sempre avuto nel sangue. Quando ho smesso di giocare nel 2012 sono entrato immediatamente nel “Sogno Georgiano”, il partito fondato da Boris “Bidzina” Ivanishvili. Da noi prima non esisteva la democrazia, vigeva la dittatura. Ero preoccupato. Volevo aiutare il mio popolo che viveva in una situazione tesa e difficile. Abbiamo vinto subito le elezioni. Ho ricoperto i ruoli di Ministro dell’Energia e quello di vice premier. Nei cinque anni successivi abbiamo ottenuto grandi riscontri nel settore idroelettrico. Un qualcosa di impensabile in precedenza. Poi nel 2017 sono stato scelto come candidato al ruolo di sindaco di Tbilisi. Già al primo turno abbiamo sbaragliato la concorrenza ottenendo il 51% delle preferenze.
È più difficile essere un rappresentante delle istituzioni o un atleta?
Da politico non devi perdere mai: le decisioni influiscono sulla gente. Nel calcio può capitare che la tua squadra perda o pareggi.
Girando per le strade della sua città abbiamo percepito un forte consenso nei suoi riguardi, dimostrazione che la sua voglia di fare sembra stia lasciando il segno.
Gli elettori guardano il tuo operato. Noi avevamo, e abbiamo, tanto da fare. Per una Tbilisi europea. Questa città è un mix di cultura e antichità che strizza l’occhio alla modernità. Non dobbiamo dimenticare le problematiche ereditate dal passato. Ci sono e devono essere affrontate. Vedi quella riguardante l’urbanistica. Qui era tutto abusivo. Potevi costruire dove volevi. Adesso tale aspetto è stato risolto e ora dobbiamo confrontarci con i problemi ecologici. Il numero delle macchine su strada cresce annualmente del 6-7 %. Ci sono circa 500 mila vetture e l’85% ha più di vent’anni. Abbiamo redatto una legge ad hoc sullo smog e stiamo anche vagliando la riforma dei taxi. Devono essere in regola, precisi e puliti. Come il trasporto pubblico. Basta girare sui bus sgangherati. Nei prossimi mesi compreremo 700 nuovi pullman. L’economia cresce del 4-5% ogni anno, ma vogliamo fare ancora di più. Dobbiamo creare posti di lavoro, un problema comune in molti Stati, compreso il vostro.
Qual è la sua relazione con il Governo italiano?
Buono, anche se oggi da voi è cambiato tutto. Qualche anno fa ho incontrato Renzi per favorire le relazioni tra i vari possibili investitori in Georgia.
Parla ancora con Berlusconi?
L’ultima volta che l’ho sentito si è complimentato con me quando ho vinto le elezioni.
È un suo modello politico?
È difficile avere un riferimento. Georgia e Italia sono completamente diverse. Noi siamo indietro su alcune cose. Ci stiamo sviluppando. Non molto tempo fa abbiamo vissuto la guerra e parte del nostro territorio è ancora occupato dalla Russia.
Cosa significano per lei l’Italia e il Milan?
Quello che sono oggi lo devo al vostro Paese e al Milan. Sa una cosa? Quella mentalità vincente che avevamo da calciatori in rossonero, voglio trasbordarla in politica. È fondamentale.
Come vede i rossoneri?
Si tratta di una squadra che può migliorare molto. Non ci sono fenomeni. Gattuso sta facendo bene. Mi piace come lavora. Speriamo arrivi in Champions. Vinca la Coppa Italia. E guidi il Milan anche nella prossima stagione.
Avrà mille storie da raccontare sul suo amico Rino.
Una per ogni allenamento. Tutti i giorni c’erano scherzi e risse. Lo provocavo sempre. Eravamo più uniti che mai. Anche chi magari all’esterno poteva sembrare tranquillo, vedi Pirlo, in realtà non lo era. Eravamo grandi calciatori, amici e soprattutto uomini. C’era solo un problema…
Quale?
Come si vestivano i brasiliani. Inguardabili. O Filippo Inzaghi. Ricordo ancora un suo giubbino di pelle, mamma mia….
Maldini invece è sempre stato un simbolo di classe, oltre che un campione.
Paolo è una leggenda del calcio mondiale. Ora è nel posto giusto. Mi auguro costruisca un top team.
Piatek assomiglia a Shevchenko?
Direi di no. Il polacco sta facendo bene, ma ne ha di strada davanti a sé prima di poter essere paragonato a Sheva, uno dei più forti giocatori con cui abbia giocato.
Chi sono gli altri?
Ce ne sono parecchi: Maldini, Nesta, Rivaldo, Inzaghi, Rui Costa. Ronaldinho.
Quelli invece che ha sfidato?
Ibra. Vieri. Ronaldo.
Quali sono i ricordi più piacevoli con la maglia del Milan?
La gioia provata per la prima Champions a Manchester non si può esprimere a parole. Come la conquista della seconda Coppa dalle grandi orecchie. Io poi personalmente riservo un posto privilegiato alla rete decisiva siglata nel derby. E che soddisfazione vincere anche Intercontinentale e scudetto. I nostri tifosi possono davvero essere orgogliosi di noi. Peccato solo per la finale contro il Liverpool a Istanbul.
Quale era il vostro segreto? Anche la Juve di oggi è fortissima, ma non riesce a trionfare in Europa. E ai vostri tempi c’erano forse anche più squadre in lotta per grandi traguardi. Ma spesso e volentieri a spuntarla eravate proprio voi.
Non entro nel merito dei bianconeri. Per il mio Milan sottolineo un talento e un carattere eccezionali, senza quelli non vai da nessuna parte. Magari perdevamo qualche gara contro rappresentative meno blasonate. Ma vincevamo tutti i match decisivi, che contavano davvero.
Il suo gol più importante?
Quello all’Inter. Sono entrato nella storia. Con i nerazzurri c’era più rivalità rispetto alla Juve. La stracittadina la prepari in un altro modo. Respiri un clima particolare.
Come chiudiamo l’intervista?
Con un forza Milan. Va sempre bene.