La Stampa, 24 aprile 2019
New York, addio ai grattacieli di acciaio e vetro
Ma senza i grattacieli di acciaio e vetro, New York sarebbe ancora New York? E di più: senza i grattacieli in generale, Manhattan avrebbe conquistato il ruolo di icona della modernità, che incarna nell’immaginario collettivo globale? Non sono domande oziose, perché il sindaco De Blasio ha annunciato che vuole bandire questi edifici. E i suoi avversari, a partire dal tabloid New York Post di Rupert Murdoch, lo hanno accusato di voler riportare la città all’età della pietra, di nome e di fatto.
Lunedì De Blasio ha presentato il suo “Green New Deal”, un programma per continuare a contrastare i cambiamenti climatici, nonostante il rifiuto del presidente newyorchese Trump di riconoscere la loro esistenza e la responsabilità degli esseri umani. Il sindaco ha preso questa iniziativa perché ci crede, ma anche perché sul piano politico gli serve a tenere il passo della popolarissima deputata Alexandia Ocasio Cortez, e lasciarsi aperto uno spazio nel caso in cui decidesse di candidarsi anche lui alla Casa Bianca l’anno prossimo. L’obiettivo generale di de Blasio è ridurre le emissioni di New York del 40% entro il 2030, e uno degli strumenti per arrivarci è bandire i grattacieli in acciaio e vetro, perché sprecano troppa energia. In realtà non si tratterebbe di un bando vero e proprio, ma dell’imposizione di regole così stringenti per l’approvazione delle future torri, che o i costruttori rinunceranno a farle, oppure le renderanno gioielli della sostenibilità. De Blasio ad esempio ha criticato i grattacieli di Hudson Yards, il nuovo quartiere con cui Manhattan ha cercato di rilanciarsi nella sfida con le grandi metropoli asiatiche ed europee, perché sono un esempio di come non andrebbero più costruiti gli edifici. Epperò, sulla base delle nuove regole, andrebbe rifatta anche la Bank of America Tower appena sorta davanti a Bryant Park, nonostante abbia ricevuto la massima certificazione di sostenibilità, la LEED Platinum, e raccolga persino la neve e l’acqua piovana per riciclarle poi negli scarichi dei bagni.
Manhattan
La polemica politica è appena scoppiata e durerà anni, ma intanto la riflessione sul suo impatto culturale e storico è urgente. Tanto per cominciare, nelle altre città i grattacieli sono forse un vezzo o un’ambizione mal riposta, ma a Manhattan sono una necessità. Perché è un’isola, lo spazio è limitato dall’acqua, e se dentro vuoi metterci tanta roba puoi svilupparla solo in altezza. Poi sono un simbolo della sua forza, e infatti non è un caso che al Qaeda abbia deciso di colpire le Torri Gemelle, quando ha attaccato non solo New York e gli Usa, ma l’intero modello di vita del paese e della società occidentale.
Prima di questo drammatico spartiacque, che non ci consentirà mai più di parlare dei grattacieli di Manhattan solo come un fenomeno architettonico, c’era stata la straordinaria corsa all’inizio del Novecento tra il Woolworth Building, inaugurato dal presidente Wilson, il Chrysler e l’Empire, per il titolo di edificio più alto del mondo. Alla fine l’aveva spuntata l’Empire, con una mezza truffa, cioè il “mooring mast” che sarebbe dovuto servire come punto di approdo per i dirigibili, ma in realtà era solo una trovata per vincere. E questo già basterebbe a spiegare la mentalità incarnata dai grattacieli di New York. Poi però erano sorti il Seagram Building di Mies van der Rohe, che gli architetti di mezzo mondo considerano ancora un modello di bellezza, o il Palazzo di Vetro dell’Onu ispirato da Le Corbusier e Niemeyer, che per la prima volta aveva introdotto la facciata di vetro, ma con tonalità di blu e verde proprio per assorbire il calore e diminuire i costi dell’aria condizionata. Placata la polemica, dunque, anche la mossa di de Blasio potrebbe diventare un incentivo a sviluppare nuove tecnologie sostenibili, rimettendo New York all’avanguardia dell’innovazione, come del resto era nello spirito originale dei suoi grattacieli.