Corriere della Sera, 24 aprile 2019
Quota 100, un altro mezzo flop
ROMA Andranno in pensione anticipata con «quota 100» meno della metà dei lavoratori previsti dal governo quest’anno e appena un terzo nel triennio 2019-2021. Lo Stato, nel triennio, spenderà circa 7,2 miliardi in meno rispetto ai 21 miliardi stanziati.Un bel tesoretto che solo per l’anno in corso vale 1,6 miliardi di euro. Lo prevede uno studio dell’Osservatorio Previdenza della Cgil. Che con Roberto Ghiselli chiede al governo di utilizzare i risparmi per accogliere le richieste del sindacato: uscita flessibile per tutti dopo i 62 anni, misure a sostegno delle donne e dei precoci, introduzione di «una pensione contributiva di garanzia per i giovani».
L’analisi della Cgil si limita a «quota 100», ma è noto che anche il «reddito di cittadinanza», sta collezionando un numero di domande inferiore alle attese. Alla fine, quindi, già quest’anno il governo potrebbe di sporre di qualche miliardo di euro di risparmi rispetto ai 9,4 miliardi complessivamente stanziati per il 2019: 3,8 per «quota 100» e 5,6 per il «reddito di cittadinanza». Secondo le elaborazioni della Cgil «quota 100» sta tirando la metà rispetto alle attese. Evidentemente la riduzione implicita dell’assegno dovuta al pensionamento anticipato (meno contributi versati e coefficiente di calcolo più basso perché tiene conto del fatto che l’assegno verrà preso per più tempo) ha scoraggiato molti lavoratori. Non a caso, gli stessi patronati che hanno raccolto le domande raccontano che nel privato coloro che hanno presentato domanda per «quota 100» sono spesso persone che hanno perso il lavoro o rischiano di perderlo mentre nel pubblico pesano soprattutto le richieste che vengono dalla scuola, da parte di insegnanti che stanno ben oltre «quota 100» cioè i 62 anni d’età e i 38 anni di contributi che sono la soglia minima per lasciare il lavoro.
Alla fine, dicono gli esperti della Cgil, nel 2019 utilizzeranno il nuovo canale di pensionamento anticipato solo 128.594 lavoratori invece dei 290 mila previsti dal governo. Di questi, 87.338 saranno lavoratori del settore privato, invece dei 190 mila attesi, e 41.256 del settore pubblico invece di 100 mila. Lo studio arriva a queste conclusioni partendo dalle domande presentate finora, che sono circa 120 mila. Di queste 57.988 sono richieste con decorrenza aprile 2019. L’Inps ne ha accettate l’82%, cioè 47.551, tutte riferite al privato perché le prime uscite per i dipendenti pubblici saranno possibili da agosto. Nelle domande liquidate da aprile, così come in quelle messe in pagamento da agosto (e da settembre per la scuola, prima data utile fissata dalla legge), c’è il grosso dello stock di lavoratori con «quota 100» già maturata da tempo. In pratica coloro che hanno fra 63 e 67 anni d’età, oltre ai 38 anni di contributi: non a caso si tratta di circa 80 mila domande su 120 mila. Questo significa che le domande che arriveranno d’ora in poi saranno quelle di «flusso» riguardanti cioè i lavoratori che man mano raggiungono la soglia di «quota 100». La Cgil stima 5 mila pensioni al mese fino a dicembre nel privato e meno di 3 mila fra ottobre e dicembre nel pubblico. Conclusioni messe in dubbio dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon: «Le nostre stime sono state fatte dall’Inps e dalla Ragioneria generale dello Stato».