la Repubblica, 24 aprile 2019
Roma e la scala mobile del metro che nessuno sa riparare
ROMA Roma è rotta anche in centro, non solo a Torre Maura e Casal Bruciato. Le tre fermate centrali della metropolitana A – metrò centrale, certo – sono chiuse. La fermata “Repubblica” è chiusa da sei mesi tondi. Non si scende, figurarsi entrare. I cancelli sono sbarrati. Per i turisti che assediano nel lungo ponte di aprile, per i residenti del Primo Municipio. Per i lavoratori e i figli studenti che arrivano da fuori. Le carrozze non si fermano nei due chilometri e cento compresi tra “Repubblica”, “Barberini” e “Spagna” (Piazza di Spagna, centro ideale della capitale). Per arrivare al cuore della metropoli ora si deve scendere in Piazzale Flaminio, porta d’ingresso da Nord, e proseguire a piedi. Dall’altra parte serve arrivare alla Stazione Termini e cambiare con la linea B che porta al Colosseo, al Circo Massimo. I pendolari oltre il raccordo, hanno calcolato, perdono un’ora al giorno. I negozianti di piazza dell’Esedra affacciati sulle quattro discese chiuse della fermata “Repubblica” – sono tredici esercizi tra cui un cinema da anteprime e un hotel a cinque stelle – hanno perso a Pasqua il 60 per cento dei turisti. “Repubblica” è la madre del nuovo disastro di una capitale che non trova un filo, non vede la luce. Ieri il fermo della stazione metrò ha compiuto sei mesi e – con l’ironia che continua a permeare Roma – i commercianti impoveriti hanno festeggiato al Caffè Piccarozzi. Bollicine e torta con la panna. «Restavo aperto fino all’una di notte, prima, ora chiudo alle 21», dice il proprietario. «Dopo l’incidente la sera è il deserto». Il titolare dell’abbigliamento vicino all’ambasciata turca ogni giorno, invece, allarga un banchetto ai lati della piazza e con il megafono inizia a raccontare il “Diario di bordo della fermata Repubblica”. Lo tiene davvero, il diario. «Il 23 ottobre 2018 hanno sequestrato l’intera banchina, l’8 dicembre hanno dissequestrato le prime quattro scale mobili, ma solo il 31 gennaio hanno ordinato i pezzi di ricambio che la ditta non aveva in magazzino. Il 23 marzo, poi, hanno liberato le ultime due scale». L’Atac, l’azienda trasporti controllata dal Comune, aveva promesso la riapertura – dicendolo anche ai tg – una settimana prima di Pasqua. «Siamo ancora qui». Uno degli striscioni del Comitato per la riapertura, “Vergogna”, con le scuse ai turisti fatte in inglese, è stato spezzato negli scorsi giorni dalla polizia. L’assessora ai Trasporti, la silenziosa Linda Meleo, ha promesso di incontrare i commercianti lunedì prossimo, ma nessuno azzarda più date. Si rischiano nuove ricorrenze, altri surreali festeggiamenti. L’incidente, diceva il proprietario del Caffè Piccarozzi. Lo scorso 23 ottobre è iniziato tutto con la discesa disordinata e saltante dei tifosi del Cska Mosca, in trasferta Champions, su una delle sei scale mobili di “Repubblica”. I gradoni hanno iniziato a correre veloce, troppo veloce. Uno dopo l’altro, i tifosi, arrivati in fondo crollavano. Ventiquattro feriti, un piede amputato. L’inchiesta della procura allargherà presto un faro sui manutentori: Metroroma scarl, consorzio napoletan-romano che nel 2017 aveva vinto l’appalto con un ribasso del 49,7 per cento. L’amministrazione scopre, a ridosso di Natale, gli ottocento guasti al mese sulle scale fin lì segnalati, i difetti congeniti dei “contatti di rottura catena-gradini”. Sono freni d’emergenza, un salvavita purtroppo vecchio che si poteva rompere con un chiodo. Una scala mobile ogni dieci – nelle metropolitane di Roma ce ne sono 389 – non è mai stata controllata, gli impianti spesso li hanno regolati su una velocità da discesa libera. Nel 2018 gli “intrappolamenti in ascensore” (scritto così) sono cresciuti del 272 per cento. Sulla linea B, si approfondisce, sono ventidue le scale mobili (in dieci stazioni) da sostituire. E sulla nuova “C” ascensori e montacarichi sono spesso guasti. A marzo collassa tutto. La magistratura indaga dodici persone, cinque sono dirigenti o dipendenti Atac. Alle comprensibili accuse di lesioni e disastro colposo, si aggiunge la frode nelle pubbliche forniture. S’investiga sui rapporti tra i dirigenti pubblici e l’azienda della manutenzione. Nove dirigenti Atac offrono le dimissioni. L’assessora silente si fa furiosa e il 22 marzo ( un mese fa) chiede la rescissione del contratto con Metroroma. Si rivolge direttamente ai costruttori delle scale mobili: Otis. Anche perché il giorno prima sotto i piedi di un pendolare si è sfaldato un gradone nella stazione della metropolitana di” Barberini”, la successiva. Un solo gradone, nessun ferito. Il 23 marzo il magistrato sequestra la seconda banchina del centro storico. Il funzionario Atac addetto alle verifiche tecniche – si chiama responsabile di esercizio degli impianti di traslazione, lo paga l’azienda comunale ma risponde a un ufficio del ministero dei Trasporti – per paura chiude anche la stazione gemella di Barberini, successiva ancora: Piazza di Spagna. Un filotto.” Barberini”, da un mese chiusa, è ancora sotto sequestro giudiziario. Spagna, da un mese chiusa, è ferma prudenzialmente. E” Repubblica”, che compie sei mesi senza un vagone in banchina? La magistratura l’ha liberata, l’Atac l’ha dichiarata a posto, ma il” responsabile di esercizio” ( anche lui dimissionario, eppure continua a lavorare) ha prescritto altri interventi: la ventola di aerazione del quadro di manovra va sostituita, i pannelli laterali fissati meglio, i deflettori a spazzola devono essere integrati. No, nel centro di Roma, in metrò, ancora non si può arrivare.