ItaliaOggi, 20 aprile 2019
Periscopio
Il sipario cade quando Pantalone perde anche lo slip. Uffa News. Dino Basili.Marito alla moglie: «La tv è lo specchio della vita». «In più non si sentono gli odori». Altan, Donne nude. Longanesi, 2011.
Mi piacerebbe che qualcuno mi prendesse a braccetto, una volta. Gesualdo Bufalino, Il malpensante. Bompiani, 1987.
Il Grande Fratello s’inoltra nella notte per ragioni di share, il circo è al potere, piccoli Casalino crescono. Aldo Grasso. Corsera.
Il leghista Pillon dovrà versare 1.500 euro a un circolo gay. È la tassa di iscrizione. Spinoza. Il Fatto quotidiano.
Disprezzo le ninfette; / Odio le bamboline; / Sono tutte scimmiette, / e per di più cretine. / L’unica bella e buona / Sono io, la bambinona. / Ho almeno quindici anni, / Ne dimostro ventotto, / E mi vestono sempre / Come se ne avessi otto. Alberto Arbasino, Mattinée. Garzanti.
La commissione di inchiesta sulle banche non va fatta perché non servirebbe a nulla. Sarebbe solo un palcoscenico perfetto per la nostra eterna campagna elettorale. Giulio Sapelli, storico dell’economia (Lorenzo Salvia). Corsera.
Craxi capovolge in quegli anni la sua politica, sotto molti aspetti. La simpatia verso il sindacato, deluso forse dall’uscita di Marianetti e dalla impuntatura di Carniti alla Rai, che si giocò la presidenza in un braccio di ferro con il vice Leo Birzoli, diventa autentico ostracismo, ai limiti del disprezzo. Craxi andava a dire in giro: «I sindacalisti quando sono sindacalisti sono dei rompicoglioni, quando escono dalle organizzazioni diventano solo coglioni». Via del Corso di Giorgio Benvenuto con Antonella Fantò, Sperling&Kupfer, 1993.
Sono considerato un pacifista, ma io sono anche un ex parà. Ho fatto la guerra del Sinai nel 1956. Comandava Moshe Dayan. Diventammo amici. Era lui il vero premier, Golda Meir lo subiva. Impose la pace con l’Egitto. Era un uomo con una formidabile carica erotica. Animato dalla libido. Grande guerriero, con un lato romantico: cultore della letteratura, dell’archeologia. Le donne lo adoravano. La benda nera sull’occhio poi le faceva impazzire. Mai visto un amatore così. Abraham Yehoshua, scrittore israeliano (Aldo Cazzullo). Corsera.
Nello stile, Erri De Luca si ispira agli scimpanzé che aveva osservato nello zoo di Napoli, sua città natale, quando da adolescente bigiava la scuola. Ne ha imitato la naturalezza nel districarsi tra i rami, priva di ogni sforzo e spreco. Lo zoo partenopeo ha un ruolo importante nella sua formazione. Gli ha dato il gusto della solitudine e della natura, affinandone i sensi. In particolare, l’olfatto di cui, assieme al sesso, è nutrita la sua narrativa colma di odori, afrori, corpi avvinghiati. L’Erri scrittore è un imbarazzante fiutare continuo. Durante quel suo birichino marinare le lezioni, lo inebriava perfino il fiato degli ippopotami che induceva a spalancare le fauci davanti a lui, per captarne l’effluvio di erba che ne usciva. Giancarlo Perna, saggista politico. LaVerità.
Gorbaciov stava all’Hotel Excelsior, domandai excuse me... e lui: con me parla italiano per favore. Ci sono rimasto. L’ho preso mentre cantava una canzone dedicata alla moglie morta da poco. L’amava moltissimo. Rino Barillari, paparazzo (Massimo M. Veronese). Il Giornale.
La Turchia nega ostinatamente l’olocausto degli armeni perché è pervasa da uno sciovinismo spaventoso. I bimbi di 4 anni ogni mattina devono cantare l’inno nazionale. Riconoscere vorrebbe dire anche restituire. Io non possiedo nulla che attesti le origini familiari a Kharpert. Eppure mio nonno aveva quattro fratelli medici che giravano per la città cantando: «Siamo i felici dottori Arslanian». Furono trucidati. Antonia Arslan, romanziera, autrice de La masseria delle allodole (Stefano Lorenzetto, scrittore). Corsera.
Tutti sappiamo bene che la famiglia è talvolta una salda «associazione a delinquere»: perfettamente in buona fede, quasi tutti insegnano amorosamente ai figli, non solo ad arrangiarsi, cioè a succhiare dalla società più di quel che le diano ma anche a «riuscire», cioè, nella maggior parte dei casi, a calpestare gli altri. Vittoria Ronchey, Figlioli miei, marxisti immaginari. Rizzoli, 1975.
Per accedere alla platea del Teatro delle Arti era obbligatorio l’invito: quelli che ne erano privi, come me, attendevano l’arrivo di Picasso nell’atrio. Verso mezzogiorno sopraggiunse Mimise, la moglie di Guttuso. Era una donna alta, imponente, dall’aria nobile e autoritaria. Lei l’invito l’aveva ricevuto certamente, ma Mimise riteneva che non avesse nemmeno l’obbligo di esibirlo: era la moglie di Guttuso, seduto fra i grandi nomi del palcoscenico. Il giovane del servizio d’ordine addetto al controllo ebbe il torto di non riconoscerla e pretese di vedere l’invito. Mimise si fece riconoscere dandogli una grande spintone e dirigendosi imperterrita verso la platea. Ugo Pirro, Osteria dei pittori. Sellerio, 1994.
Il mio studio in Italia sulla meccanica quantistica mi aprì alcune porte. Bisognava solo avere il coraggio e la tenacia di discuterne con qualche grande fisico. Per farlo, andai a lezione di russo. Oltre a me c’erano tre simpatici cubani. Ero motivato e deciso a non perdere tempo. Mi indirizzarono verso le lezioni di Terletskij. Uno studioso molto critico con chi appoggiava la meccanica quantistica. Silvano Tagliagambe, filosofo (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Ancora una volta gli onorati numeri civici del nostro doppio palazzo sono finiti sui giornali peggio di quando la signorina Carolina Gallotti, di anni 45, tentò di morire con il gas e fu salvata dai pompieri che, dal di fuori, ruppero, con grande fracasso, i vetri delle sue finestre dopo che la povera ingenua, rovinata fisicamente ed economicamente da un’operazione al naso sbagliata, fatta per maritarsi in abito bianco pronto e stirato, scoprì che il promesso sposo era già sposato a Genova con tre figli grandicelli. Guglielmo Zucconi, Una storia pulita. Fabbri editori, 1972.
Scendevamo l’Olona e il canale di Po mantenendoci sotto riva quanto bastava per lanciare dove aspettavano i cavedani, pronti a guizzare ingordi sugli insetti che essi ritenevano caduti da un pioppo canadese o da un cespuglio di salice. Gianni Brera, Il principe della zolla. il Saggiatore, 1993.
Capitavo di trovarlo dappertutto, anche sui treni, sui quali saliva senza biglietto, tollerato dai ferrovieri per via del suo aspetto dimesso e del viso implorante e sempre nero, come se fosse appena uscito dalla cappa di un camino. Andrea Vitali, La Figlia del Podestà. Garzanti, 2005.
La folla segue chi, disdegnandola, la lusinga. Roberto Gervaso. Il Messaggero.