ItaliaOggi, 20 aprile 2019
La Cina, regina del caviale, invade gli Usa nonostante i dazi di Trump
Era una lucrosa industria. D’altronde il caviale è sempre stato considerato una delizia gourmet per ricconi. Ma a Baku, capitale dell’Azerbaigian bagnata dal Mar Caspio, il grande bacino dove crescevano gli storioni, i timori per il futuro non mancano: le pregiate uova di pesce continuano ad aver mercato, ma è la produzione, a causa dell’inquinamento del Caspio, a rallentare. E poi la recente concorrenza cinese ha contribuito ad abbassare i prezzi, tant’è che in un recente articolo del Wall Street Journal si metteva in luce il ruolo del Dragone: il nuovo zar del caviale è la Cina.Pechino ha cercato di riempire un vuoto: Russia, Iran e Azerbaigian hanno sovrasfruttato lo storione del Caspio, l’inquinamento ha fatto il resto. E così la Cina ha iniziato ad allevare il pesce e grazie anche alla manodopera a basso costo ha iniziato ad inondare il mercato di uova di storione, tanto che dal 2012 al 2017 le esportazioni di caviale cinese sono quintuplicate. La cinese Kaluga Queen oggi produce un terzo del caviale mondiale e prevede di aumentare la produzione fino al 30% all’anno nel prossimo lustro. L’obiettivo è di raggiungere le cento tonnellate nel 2019 e si è messa a vendere anche altre parti dello storione, dai filetti alla pelle.
E se il Made in China non è un brand molto allettante, il fattore prezzo viene in soccorso ai produttori cinesi. Iran ed ex Paesi sovietici soffrono la concorrenza. E, come ha ricordato l’Agenzia France Presse, gli allevamenti di caviale pagano il conto lasciato dall’industria petrolifera: il Mar Caspio ospita enormi riserve di idrocarburi, sfruttate intensamente sin dal XIX secolo. Si stima che sotto le acque di questo mare ci siano 50 miliardi di barili di petrolio e 300 miliardi di metri cubi di gas naturale. L’estrazione di idrocarburi ha messo però a repentaglio la flora e la fauna di quest’area, con una biodiversità unica al mondo proprio per le condizioni peculiari di questo mare chiuso.
Secondo il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente il Caspio «soffre di un enorme carico di inquinamento derivante dall’estrazione e dalla raffinazione del petrolio, dai giacimento petroliferi offshore, dai rifiuti radioattivi delle centrali nucleari e dagli enormi volumi di acque reflue non trattate e rifiuti industriali introdotti principalmente dal fiume Volga».
Il mercato globale del caviale, stando alle analisi della società di ricerca Cagr, è previsto in crescita di circa del 7% nei prossimi anni e dovrebbe raggiungere un giro d’affari di 560 milioni di dollari entro il 2025. La Cina, in termini di volumi, la farà da padrona, mentre i produttori storici sono, come detto, preoccupati per il crollo dei prezzi. Un timore condiviso anche dai player americani del settore, basti pensare che lo scorso anno il prezzo del caviale importato negli Stati Uniti è diminuito del 13% (50% se si considerano i valori del 2012), mentre le quantità in arrivo sono cresciute dai 7,6 milioni del 2014 ai 17,8 dello scorso anno. E anche i dazi di Donald Trump non hanno arrestato l’avanzata del caviale cinese.