Libero, 23 aprile 2019
Quell’asociale del riccio
Animaletto notturno abitante di prati e boschi, il riccio ricorda quasi un essere arcaico giunto fino a noi da un’epoca remota. Merito degli evidenti aculei – quasi seimila su un esemplare adulto – che ricoprono a mo’ di scudo tutta la porzione superiore e laterale del suo morbido corpicino. L’evoluzione del riccio, a partire dagli antenati preistorici, non è stata particolarmente marcata, anzi. Il cervello di questo mammifero terrestre ha una conformazione semplice, seppur con aree olfattorie sviluppate. È proprio l’olfatto il senso principale del riccio: osservandone il muso si può notare la presenza di un naso allungato e molto flessibile. In abbinamento mancherebbe un bel paio di occhiali da vista: la capacità visiva dei ricci è modesta, mentre sicuramente più utili alla loro sopravvivenza sono il tatto e l’udito. Quest’ultimo permette loro di percepire anche gli ultrasuoni, abilità sfruttata nella ricerca del cibo.
SOFFI E SBUFFI
Nonostante il riccio si sia abituato a vivere anche in ambienti antropizzati, resta una creaturina dal carattere schivo, riservato e quasi scontroso. Non ama particolarmente nemmeno la vicinanza dei propri conspecifici. Quando ne fiuta la presenza può reagire emettendo soffi e sbuffi, magari rizzando gli aculei. Persino il corteggiamento per i ricci è una faccenda fastidiosa. Si parla del cosiddetto “carosello dei ricci”, poiché maschio e femmina cominciano a girare in tondo come su una giostra. L’esemplare maschio rincorre la riccia, la quale può mostrarsi piuttosto stizzita e riluttante alle avances: il povero maschio deve sudarsi la conquista. Se lei cede potrà avvenire l’accoppiamento che, per la verità, è questione di pochi istanti. I ricci hanno abitudini crepuscolari se non prettamente notturne. Sono dei gran camminatori, potendo percorrere con le loro zampette anche 1 km in una notte. Escono dalle tane scavate nel terreno o sotto i cespugli e, guidati dal loro potente olfatto, incominciano la caccia alle loro prede preferite. La cena tipica del riccio prevede ottimi insetti artropodi come antipasto, lombrichi succulenti a seguire e, perché no, delle bacche, piccoli frutti o funghi per concludere il pasto. Dovreste vedere, cari lettori, come il suo muso gentile e pacioso cambia espressione alla presenza di una possibile vittima: gli occhi si accendono come animati da una sorta di frenesia e, con un rapido movimento di fauci, ecco che la malcapitata larva finisce tra i denti affilati dell’innocente riccio. Tuttavia, il ciclo vita-morte della natura non lo ha risparmiato dall’essere esso stesso la possibile preda di animali cacciatori quali tassi, martore, volpi e talvolta uccelli rapaci. Certamente il piccolo riccio sa essere un avversario tosto e temibile. Le dimensioni ridotte del corpo, 25 cm circa in lunghezza per un adulto, sono compensate da un fitto mantello di aculei appuntiti, ovvero peli modificati. Questi innumerevoli spilli posseggono una struttura cava internamente che li rende leggeri; inoltre, la loro attaccatura cutanea ristretta gli permette di essere mobili. Gli aculei infatti possono essere rizzati grazie alla presenza di un sottile muscolo innervato che decorre al loro interno.
STRAGE SULLE STRADE
Se però ciò che minaccia il riccio è insistente o evidentemente pericoloso, esso mette in atto una strategia quasi sempre infallibile. Contraendo una potente fascia muscolare sul dorso, porzioni vulnerabili del corpo quali muso, zampe e ventre vengono inglobate in una sorta di sacco cutaneo; il nostro animaletto diventa letteralmente una palla di spine. Purtroppo tale difesa non sempre resiste agli attacchi dei predatori. Purtroppo i ricci sono minacciati anche dall’uomo, in particolar modo dalle auto contro le quali a nulla servono i loro aculei. Ciò che possiamo fare se dovessimo incontrarne uno sulla strada è rallentare e cercare di evitare l’impatto. In caso contrario, non necessariamente l’incidente è letale e il riccio ferito può essere portato in un centro di recupero per fauna selvatica o essere affidato alle guardie forestali. Infatti, la nostra legislazione ne vieta la cattura e la detenzione. Il riccio, piccolo e impavido, attraversa innocente le nostre strade così come le nostre vite distratte; ma se ci soffermiamo anche solo un minuto in silenziosa osservazione, non possiamo fare altro che sorridergli e lasciarlo passare.