la Repubblica, 23 aprile 2019
Andrea Carpenzano, giovane attore, si racconta
Andrea Carpenzano, 23 anni, sullo schermo ricorda il Mastandrea degli inizi. Di persona è ugualmente ironico, meno cinico e ancor più lapidario. È capitato che i due si siano incontrati. Valerio: «Ma come ti suona questa cosa che ci somigliamo?», l’altro rimane in silenzio, «non te ne frega niente eh?”. Spiega ora “il Carpa”, pantaloni skinny come il fisico, riccioli all’aria e occhi gentili che «certo m’importa, ma il paragone è troppo per me». Durante la conversazione continuerà a darsi addosso, scherzosamente ma con convinzione. Dai banchi di scuola al cinema, il debutto al fianco di Giuliano Montaldo in Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni, due anni fa. Poi Il permesso di Claudio Amendola, La terra dell’abbastanza dei fratelli D’Innocenzo. Ora è in sala con Il campione di Leonardo D’Agostini, dove è una star del calcio costretta a prendere ripetizioni dal professore Stefano Accorsi. Un film su cui la AS Roma ha messo il marchio, gli impianti di Trigoria, la benedizione di Totti. Carpenzano è tifoso devoto, «ci convivo da sempre con questa bellissima sfiga di essere romanista». Come ha studiato il personaggio? «Mi hanno sempre attratto gli sguardi dei giocatori in campo, i loro pensieri. Totti con lo sguardo incavolato che fa il paraculo per salvare la situazione. Il mio campione è un giovane irrequieto e sornione a tratti sensibile». Non pensava di essere adatto al ruolo, «riguardandomi, lo penso ancora. Un calciatore ragiona per traguardi, s’impegna, si sacrifica. Io non sono così». Un po’ di notorietà sta arrivando. «Se mi chiedono una foto la faccio, poi mi metto a ridere da solo».
Il cinema è arrivato per caso, «un giorno in cui incredibilmente ero andato a scuola», un liceo di San Giovanni. «Avvertono la mia compagna di banco dei provini per Tutto quello che vuoi, mi dice “andiamo”, la prof mi fa uscire prima: “Vai a fare qualcosa nella vita”. All’uscita dal provino l’amica mi dice “ho visto un cuoricino vicino al tuo nome"».
La scelta ha sorpreso i genitori, lui insegna arte, lei fa la commessa. «Non sono di quelli che ti dicono “bravo”. Per fortuna. Li ringrazierò sempre, per le insicurezze giuste che ci hanno creato. Mai fatto grandi discorsi con loro, eppure mi hanno insegnato tutto. Il non parlarsi è comunicativo». Con la sorella «c’è un bel rapporto. Disegna, è quella brava. Se ho un dubbio, quelle poche volte che ne parlo, è con lei». A scuola andava male. «Mi volevano bene tutti, andavo a bere la sera con i prof. Ma non studiavo. Volevo andare in giro a guardare, fare amicizia con i barboni. Ancora oggi faccio chilometri in questa città orrenda, bella, zozza, commovente».
Tra le storie di Roma c’è quella di Simone, il 15enne di Torre Maura “nun-me-sta-bene-che-no": «Ha detto ciò che si deve pensare a quell’età: cose giuste, non illuminanti. Ma non ha la presunzione delle altre generazioni ed è questo che ci salverà». Al cinema ci andava già ragazzino. «Da solo, spettacolo delle quattro. Mi piacciono Scola, Pasolini, Citti, Pasolini. Ma anche Harmony Korine». Sogni da regista? «Una storia l’ho scritta. Ma magari la butterò». È in partenza per Londra. «Una commedia romantica con Jasmine Trinca e Clive Owen. Ho paura dell’aereo. L’inglese non lo capisco. Sarà bellissimo».