Corriere della Sera, 23 aprile 2019
BTS, i ventenni coreani alla conquista dell’Europa
Coreani alla conquista del mondo. Non parliamo di tecnologia o di beauty, settori in cui Seul spopola da tempo, ma di sette ragazzi ventenni che con la loro musica stanno facendo incetta di record. Si chiamano BTS, hanno visi di porcellana e capelli variamente colorati e sono la prima band sudcoreana della storia ad aggiudicarsi il numero uno della classifica britannica: sono balzati dritti in vetta agli album più venduti con il nuovo ep Map of the Soul: Persona, uscito il 12 aprile, e hanno fatto capolino anche al quinto posto in Italia. Non solo: il video del nuovo singolo Boy with luv, con la popstar americana Halsey, ha mandato in tilt YouTube, diventando il video musicale più visto nella storia della piattaforma con 74,6 milioni di view nelle prime 24 ore d’uscita.
I numeri fanno girare la testa, ma non sono finiti: i BTS sono stati inseriti dal Time nella lista 2019 delle 100 persone più influenti al mondo e lo scorso anno sono stati gli artisti che hanno venduto più dischi al mondo dopo Drake e prima di Ed Sheeran. Non passa settimana senza che battano record, che espugnino classifiche, che irrompano fra i trend di Twitter con gli hashtag a cascata dei giovanissimi fan (che si chiamano «army», cioè esercito).
Ma i BTS non sono che il sintomo più eclatante di una febbre da K-pop (come si chiama il pop coreano) molto più ampia, che ha conquistato prima l’Asia, poi gli Stati Uniti e che ora sta dilagando anche in Europa, con boy band come gli Exo o i Big Bang e girl band come le Blackpink o le Red Velvet.
E se la lontana penisola asiatica si avvicina a noi, anche le star occidentali vedono aprirsi un mercato enorme. Così fioccano i featuring: John Legend l’autunno scorso ha duettato con Wendy (una delle Red Velvet), Kanye West ha collaborato con la band JYJ, e, tornando ai BTS, oltre alla hit con Halsey nel nuovo ep vantano un brano scritto da Ed Sheeran (Make it right) e hanno fatto sapere che il loro prossimo desiderio sarebbe un sodalizio con Billie Eilish, ovvero la 17enne americana rivelazione del momento.
Ma qual è il segreto di RM, Jin, Suga, J-Hope, Park Ji-min, V e Jeon Jung-kook? Hanno lineamenti androgini, cantano e ballano alla perfezione, si impegnano nella band con disciplina ferrea e, a differenza di altri gruppi, partecipano attivamente alla scrittura dei pezzi. La musica è un mix di dance-pop e r’n’b di matrice americana come è tipico della «korean wave», le voci sono dolci, quasi femminili, i testi (incomprensibili, salvo i titoli e qualche ritornello in inglese) affrontano anche temi delicati come la depressione, l’amore, l’ansia per i risultati scolastici: argomenti chiave in una società competitiva come quella coreana che infatti li ha incoronati in ogni modo e li considera portavoce della cultura coreana nel mondo.
I fan dei BTS (il nome sta per Bangtan Sonyeondan, cioè «boyscout a prova di proiettile») sono scatenati, anche in Italia, fra pagine Facebook, account Twitter, siti che traducono canzoni e interviste. Ma tutto il mondo del K-pop porta con sé un universo di fan pronte a imparare il coreano pur di capire i testi, di riprodurre le coreografie, di accamparsi fuori dai locali in attesa dei loro «idol».
E a proposito di attesa, cresce quella per il tour europeo che toccherà Londra e Parigi a inizio giugno. L’Italia, per ora, è esclusa. Ma le «army» italiane sono agguerrite e hanno già fatto partire petizioni online per portare i sette beniamini anche nel nostro paese.