Corriere della Sera, 23 aprile 2019
Il caso del grifone ferito in Yemen
Partiamo dalla fine e dalla buona notizia: anche se con qualche ferita, Nelson sta complessivamente bene, è denutrito ma lo stanno rimpinzando perché recuperi le forze e torni a volare. Certo, se potesse, il prossimo anno ci penserebbe bene prima di farsi coinvolgere in una guerra che non lo riguarda ed evitare di finire preso prigioniero e impacchettato dentro un sacco di riso. Ma questo Nelson non lo può sapere e vorrebbe soltanto volare libero nei cieli alla ricerca delle sue amate carcasse senza rischiare di essere «fucilato» con l’accusa di essere una spia, niente di meno...
Torniamo all’inizio. Nelson è uno dei grifoni (Gyps fulvus) del bioparco Doué-la- Fontaine, in Francia, portati in Bulgaria per essere reintrodotti nella gola di Kresna – la più ricca riserva naturale bulgara, per altro a rischio a causa del progetto di costruzione di un’autostrada —, dove vivevano un tempo ma sono stati sterminati dagli allevatori con carcasse avvelenate. L’associazione ambientalista locale Fwff ha inanellato e munito di trasmettitori satellitari quattordici grifoni per monitorare gli spostamenti di questi rapaci nella migrazione invernale.
Nelson è partito in autunno ed è stato seguito nel suo volo verso il Medio Oriente attraverso Turchia, Siria, Libano, Giordania e Arabia Saudita. Fino a quando, giunto nel nord dello Yemen nel novembre scorso, le sue tracce si sono improvvisamente perse.
Per mesi del grifone non si è saputo più niente, poi dal 5 aprile all’Fwff iniziano ad arrivare centinaia di messaggi dallo Yemen, sconvolto da una guerra civile che dal gennaio 2016 ha già provocato 70 mila morti. Le mail dicono che Nelson è ferito e si trova presso la città di Taiz: qualcuno (in un Paese dove nel frattempo è scoppiata una nuova epidemia di colera con 2.500 casi di contagio al giorno) ha letto la placca identificativa sul grifone e ha contattato i bulgari. Ma una milizia yemenita legata al governo, in lotta con gli Houthi sostenuti dall’Iran, viene a saperlo e sequestra il rapace, ritenuto un uccello-spia: a renderlo sospetto è il trasmettitore che porta addosso, che secondo i militari serve «certamente» a inviare messaggi agli odiati ribelli sciiti.
Dalla Bulgaria avvertono i francesi. Il dottor Pierre Gay, direttore del bioparco di Doué, è in contatto con una Organizzazione non governativa yemenita che si occupa di salvare gli animali in un’area sconvolta dalla guerra. Un inviato della Ong, il dottor Hisham al-Hoot, si muove dalla capitale e raggiunge la città di Taiz dove ottiene dai miliziani il permesso di prendersi cura del grifone, ferito e malandato, intanto che loro decidono sulla sua liberazione.
La trattativa dura una decina di giorni, al-Hoot li trascorre nutrendo il grifone – piuttosto deperito – mentre il generale Abdu Farhan al Makhlafi, comandante della milizia locale, riflette sul da farsi. Finalmente la situazione si sblocca e arriva il nullaosta per il rilascio dell’uccello, che viene portato nella capitale Sana’a dove può ricevere cure migliori. Oggi Nelson sta ingrassando e non vede l’ora di tornarsene tra le gole della sua Kresna.