La Lettura, 22 aprile 2019
Presto, alla letteratura serve un medico
Il dottor William, uno psicologo con l’hobby della cucina (non si perde un tutorial di Iginio Massari su come fare la vera crema pasticciera) e a cui viene la pelle d’oca quando sente il pubblico fare il coro ai concerti di Vasco, è stato mollato da Sofia. Si sta leccando le ferite, sdraiato sul divano in compagnia della gatta Luna, quando lo chiamano d’urgenza dalla clinica: Elisabetta, una paziente, è scappata. Il dottor William si precipita. Troppo tardi, Elisabetta si è tolta di mezzo. Una lettera spiega i motivi dell’insano gesto. Uno zio, fratello della madre, il quale già uccise la moglie che voleva lasciarlo, ha approfittato di Elisabetta da quando la ragazza aveva 15 anni. La madre ha coperto il fratello e intimato alla figlia di tacere. Elisabetta è stata poi ricoverata nella clinica del dottor William. Alla fine, non ce l’ha fatta più, ha rubato un coltello dalla mensa e si è tagliata le vene. Ma prima di farlo ha voluto scrivere al dottor William: «Sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto, ti voglio bene». C’erano una volta grandi medici nella fiction: il dottor Manson di Cronin (interpretato da Alberto Lupo in uno sceneggiato che fece epoca); il dottor Kildare degli omonimi telefilm, che somigliava molto a John Kennedy e questo fu, forse, uno dei motivi del suo successo. Anche di recente abbiamo avuto grandi clinici: l’impagabile dottor Doug di Clooney in E.R.; l’impareggiabile dottor House di Hugh Laurie. Purtroppo in seguito sono arrivati la dottoressa Giò di Barbara D’Urso e, appunto, questo dottor William di Noi siamo eclissi, opera di Adessoscrivo (ma poteva tranquillamente aspettare), pseudonimo di un giovanotto che vanta 260 mila follower su Instagram (ma farebbero meglio a inseguirlo più che a seguirlo). L’Ordine dei medici dovrebbe fare qualcosa per salvaguardare la reputazione letteraria della categoria. È malasanità anche questa.