La Stampa, 21 aprile 2019
Intervista ad Angela Missoni
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Direttore creativo e presidente della Missoni, l’amato marchio di maglieria della sua famiglia, Angela Missoni vive in una bella casa a Brunello, di fronte al lago di Varese, vicino al quartier generale della sua azienda, e tutta la famiglia vive lì intorno.
È cresciuta in questo bellissimo posto?
«Ci siamo trasferiti qui da Gallarate quando avevo 13 anni. Alla fine degli Anni 60 i miei genitori decisero di costruire la loro fabbrica in un posto dove amavano trascorrere i fine settimana. Poi nel 1972 traslocammo a pochi passi dalla fabbrica. Vediamo il Monte Rosa dalla fabbrica, dalla casa dei miei e le mie figlie, Margherita e Teresa, da casa loro godono lo stesso panorama».
Per qualche anno lei ha voluto essere solo una madre?
«Volevo dei figli, a 28 anni ne avevo tre. Avevo iniziato a lavorare a 18 anni per guadagnare qualche soldo, ma la mia priorità era la maternità. Qualche anno dopo ho capito che volevo esprimermi nella moda e ho chiesto se potevo realizzare la mia collezione di maglieria, che andò esaurita per un paio di stagioni. Poi mia madre mi ha detto: “Devi occuparti di moda finché sei giovane e hai la forza di lottare per le tue idee”. Così, 22 anni fa, sono andata in passerella e da quel momento sono stata nominata direttore creativo».
Quanto è cambiato il settore dai tempi dei tuoi genitori, Ottavio e Rosita, che hanno creato Missoni nel 1953?
«In modo radicale, sono stati proprio i miei a decidere di non andare più a Firenze a Palazzo Pitti. Tutti atterravano a Malpensa, così è partita la settimana della moda di Milano. Era il 1974, Armani lavorava per altri e Dolce e Gabbana erano ancora di là da venire. Siamo l’unico marchio con tre generazioni della stessa famiglia che gestiscono sia il business che il lato creativo».
L’azienda come è cambiata?
«Ogni cinque anni ti rendi conto che la tua azienda è vecchia. I miei genitori erano famosi per aver inventato uno stile basato sulla maglieria e i colori e oggi Missoni lavora ancora principalmente sull’abbigliamento, non sugli accessori, è una rarità. Mio padre si considerava un artigiano e non ha mai voluto espandersi. Mia madre proveniva da una famiglia di industriali creativi ed era una costruttrice, e anch’io mi sento così. Mio padre le diceva: “Rosita non capisco, perché vuoi lavorare di più? Guadagneremmo più soldi, ma non avremmo mai il tempo di spenderli!” ».
Ora è lei il presidente. Cosa vuole ottenere?
«Voglio che Missoni viva, cresca e abbia un ruolo di prestigio. Dobbiamo espandere il mercato e investire con un partner finanziario, e forse abbiamo trovato quello giusto con il Fondo Strategico Italiano (FSI) che ha lo scopo di aiutare l’eccellenza italiana a crescere. Inoltre dobbiamo investire in accessori e ampliare la linea maschile. E apriremo più negozi in tutto il mondo».
Quanti negozi avete?
«Trenta, il 50% che dipende direttamente dalla società e il 50% in franchising. Non abbiamo mai affrontato il mercato cinese che è sempre più importante. Abbiamo aperto un nuovo negozio a New York in autunno, e saremo a Singapore a fine anno. Abbiamo appena aperto a Bangkok, Hong Kong aprirà presto, e abbiamo due negozi a Miami, uno per Missoni, uno per M. Poi espanderemo la linea Missoni Home, che è ancora sotto la direzione creativa di mia madre».
Ma ormai non si compra su internet?
«Sì, naturalmente. L’online aumenta di anno in anno e lo store online di Missoni è molto importante, ma oggi c’è un approccio multicanale in cui il negozio diventa un’esperienza importante per il marchio. L’acquisto online è veloce e non hai la possibilità di approfondire la storia del prodotto».
Che tipo di moda fa oggi?
«Ho sempre avuto un legame forte con le mie radici, conosco gli archivi a memoria, ricordo le scarpe, le acconciature, l’immagine, le persone, tutto. Lavoro sempre con le nuove tendenze e faccio collegamenti con il passato. Non guardo mai indietro, quindi Missoni non è mai vintage».
Missoni è diverso dagli altri?
«Se si pensa a Gucci in termini di moda, qualche anno fa si pensava a Tom Ford. Adesso c’è Alessandro Michele. Tra 20 anni ci sarà un altro stilista e Gucci diventerà qualcos’altro. Missoni invece è sempre stato Missoni. È un marchio trans-generazionale e questo non invecchia. D’altronde mia madre a 87 anni è così bella e fresca che ti rendi conto che la moda non ha età. Ma ovviamente occorre saper comunicare con le nuove generazioni. Oggi ho 60 anni e spero di avere ancora l’occhio e l’orecchio per farlo, ma sono anche aiutata dalla terza generazione. Anche se Margherita ha già 36 anni, e a volte la provoco: sei sicura di starci dietro? Non sei una millennial! »
Ricevete proposte di acquisto da grandi aziende?
«La famiglia ama questo progetto che ha contribuito a tenerla unita. È un’azienda con molte sfaccettature, quindi c’è l’opportunità di avere incarichi interessanti e appassionati per le generazioni future. È bello che resti nostra».
La famiglia è molto importante per lei?
«Sì, ma non solo la famiglia di sangue. La famiglia è qualcosa di più ampio, sono gli amici e persone che lavorano con me. La tribù è più importante della famiglia. In una festa Missoni ci sono tre generazioni, ma non solo di famigliari, siamo sempre stati molto inclusivi. Uno dei regali più importanti dei miei genitori alla tribù è stato costruire questa fabbrica e la nostra casa proprio qui».