La Stampa, 21 aprile 2019
Parla il portavoce dei talebani
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Il portavoce dei taleban Zabihullah Mujahid in esclusiva parla alla «Stampa», per la prima volta apre al dialogo e detta le condizioni per trattare con il leader afgano Ashraf Ghani (considerato dai fondamentalisti una marionetta in mano agli americani). Finora si erano sempre rifiutati di farlo. Anche se continua a considerarli «invasori» , in un certo senso assegna un ruolo positivo agli Usa in quanto disposti ad arrivare a un’intesa. L’emergere dell’Isis nella regione non è una minaccia, ritiene che i taleban non abbiano bisogno di nessuno per scacciare gli invasori dello Stato Islamico. La Russia non fornisce armi al loro gruppo, Zabihullah Mujahid afferma che le voci che girano intorno a questa notizia sono prive di ogni fondamento.
Nel vertice sulla pace che si sarebbe dovuto svolgere a Doha, i taleban avevano deciso di parlare con il governo di Kabul. Il summit per ora è stato posticipato. Cosa vi aspettate da questo incontro?
«Speriamo che la conferenza si svolga come previsto. Si tratta di un incontro che può contribuire a raggiungere un’intesa comune. Il nostro Paese sta affrontando un’invasione e una guerra che dura da diciotto anni. Gli afghani che sostengono l’occupazione straniera hanno idee filo-occidentali, speriamo di aprire la strada per una comprensione comune tra gli afghani attraverso questo meeting».
Anche quest’anno è stata lanciata la tradizionale offensiva di primavera. Lei pochi giorni fa ha dichiarato: «Il nostro impegno con la jihad non è ancora finito». Questa dichiarazione sembra non aprire molti spiragli.
«Assolutamente si, la jihad continuerà finché continuerà l’invasione straniera e fino a quando gli ostacoli anti-islamici non saranno rimossi. Le nostre operazioni sono organizzate per porre fine all’occupazione della nostra terra».
L’Afghanistan ha visto anche l’ascesa dell’Isis, è una minaccia per i taleban? Come state affrontando i combattenti dello Stato Islamico?
«Isis non è una minaccia, gli afgani sono in grado di gestirla da soli. Fino a ora la corruzione dei militanti dell’Isis è stata lasciata prosperare dalle forze occidentali. Quando l’occupazione straniera finirà e gli afghani potranno avere il controllo del Paese e utilizzare le proprie risorse, combattere l’Isis sarà un compito molto semplice. Non abbiamo bisogno di nessuno, l’unica cosa che ci serve è che gli Stati Uniti smettano di usare l’Isis come strumento di destabilizzazione».
Quali sono le condizioni dei taleban per arrivare a colloqui di pace con gli Usa e il presidente afghano?
«La nostra condizione con gli Usa è quella di un dialogo diretto, in cui si parli in primis della fine dell’occupazione. In qualche modo gli attuali negoziati convergono su questo argomento. Al momento non abbiamo intenzione di parlare con il governo di Kabul, ma continueremo i nostri sforzi per raggiungere un accordo con quei partiti afghani che hanno sostenuto gli invasori e combattuto contro il loro popolo negli ultimi diciotto anni».
Il presidente Ghani ha offerto il riconoscimento dei taleban come gruppo politico, una grande apertura. La state valutando?
«Ashraf Ghani non ha il potere di fare proposte o fissare termini verso di noi, è una marionetta in mano agli americani e i burattini non hanno alcun valore quando si tratta di questioni politiche».
Thomas Shannon, ex sottosegretario di Stato americano ha dichiarato che, se i taleban respingeranno l’offerta di Ghani, la situazione si complicherà senza via di uscita. Cosa rispondete a questa minaccia?
«Le dichiarazioni passate e la politica attuale degli Stati Uniti differiscono. Attualmente gli Usa sono impegnati nel far proseguire positivamente i negoziati con noi».
Quanti combattenti taleban ci sono in Afghanistan, come viene finanziato il movimento?
«La maggioranza della popolazione afghana ci sostiene, soprattutto nelle aree sotto il nostro controllo. Il numero dei combattenti supera le 100 mila unità. La fonte del nostro finanziamento deriva anche dal grande sostegno di molta gente che ha capito che stiamo combattendo la Jihad per la libertà del nostro Paese e le aspirazioni della nazione».
L’ex generale John Nicholson, fino al 2016 capo delle forze statunitensi in Afghanistan, afferma che la Russia sta armando i taleban dalle aree settentrionali. Conferma quanto dichiarato dal dall’ex numero uno delle forze americane ?
«Le accuse dell’ex generale americano Nicholson non hanno fondamento».
I taleban hanno affermato di sostenere il progetto dell’oleodotto proveniente dal Turkmenistan che attraversa Afghanistan, Pakistan e India. Siete interessati al programma per motivi economici?
«Il progetto Tapi era tra i nostri precedenti programmi di sviluppo. Lo abbiamo sostenuto prima della guerra. È vitale per il nostro Paese».