Corriere della Sera, 21 aprile 2019
Jean-Pierre Le Goff contro i gilet gialli
PARIGI «Il movimento è cambiato, è infiltrato da estrema destra e estrema sinistra, dai black bloc, e i francesi che prima in maggioranza lo appoggiavano o almeno lo comprendevano ne hanno abbastanza. La prima svolta c’è stata il 1° dicembre con il saccheggio all’Arco di Trionfo. Da allora il sostegno è diminuito fino a diventare negativo. “Ora basta”, è il sentimento comune», dice il sociologo Jean-Pierre Le Goff.
È un momento particolare nella vita politica e sociale della Francia, si passa in pochi giorni dalla commozione per Notre-Dame alle ennesime violenze dei gilet gialli.
«Mi sembra lo specchio di quella che io definisco la “Francia frammentata”: i gilet gialli, così caotici e divisi al loro interno, mi sembrano una metafora del Paese. Ma se il resto della Francia prova a darsi degli obiettivi, loro sono completamente privi di progetto politico. Contestano, ma non sanno più che cosa».
Forse sono uniti da un generico anti-capitalismo?
«Ma allora avrebbero dovuto attaccare la sede del Medef (la Confindustria francese, ndr), che sta a due passi dagli Champs Elysées, invece in 23 sabati non lo hanno mai fatto».
All’inizio i gilet gialli si battevano contro i rincari della benzina.
«Ma quell’aspetto oggi è dimenticato. Il movimento è diventato subito un’altra cosa ed è sprofondato nella violenza. I movimenti sociali del passato talvolta hanno fatto ricorso alla violenza, ma almeno avevano un progetto, un’idea diversa di società. Qui c’è il nulla. Tutto è partito dai social media, è questo che oggi struttura i movimenti sociali. Si sono radunati all’inizio nelle rotonde stradali, sembravano i flashmob di Facebook, una cosa divertente, conviviale, fatta per sentirsi uniti. Solo che ben presto chiunque si è aggregato con le richieste più varie, chiunque scrive uno slogan diverso, è l’anarchia».
Crede che l’influenza di Internet sia decisiva?
«Assolutamente sì, e si accompagna a un impoverimento culturale molto importante».
La nostra è l’epoca della reattività emozionale. Abbiamo applaudito i pompieri, ma la capacità di unirsi dura poco
Che cosa pensa della successione di eventi, l’emozione globale per Notre-Dame e oggi di nuovo gli incidenti a Parigi e a Tolosa?
«Questo Paese ha la capacità di unirsi nei momenti cruciali e questo è un bene, ma purtroppo dura poco. Oggi c’era già chi protestava per i finanziamenti a Notre-Dame, mi ricordano quelli che si lamentavano per i soldi stanziati per le portaerei o per andare sulla Luna. Sono piani diversi, e io non vorrei vivere in una società dove non si spendono soldi per la cultura, l’arte, insomma quello che fa di noi una civiltà».
L’emozione per Notre-Dame è stata eccessiva?
«No, io la comprendo e anzi mi ha fatto piacere vedere tante persone commosse, in Francia e nel mondo. La nostra è l’epoca della reattività emozionale, e le fasi successive che viviamo in questi giorni lo dimostrano».
Che cosa significa «reattività emozionale»?
«Ogni evento provoca emozioni e reazioni istantanee. Abbiamo appena applaudito i pompieri di Notre-Dame ma durerà poco».
Dopo gli attentati i francesi applaudivano e abbracciavano per strada i poliziotti. Ieri c’era chi gridava agli agenti «suicidatevi!».
«Una vergogna insopportabile. Ma la realtà non esiste più, tutto è condizionato dal fatto che ogni fatto viene istantaneamente filmato e diffuso online. Ogni sabato c’è la manifestazione, auto che bruciano, un ragazzo che tira pietre e filma con lo smartphone e le telecamere che filmano colui che filma. In strada ci sono poche migliaia di persone in un Paese di 66 milioni di abitanti, ma tutti stanno a guardare i violenti, e siamo costretti a tenere il punteggio come in una partita: quanti arresti, quanti feriti, quanti partecipanti, più o meno della volta precedente. Viviamo in una specie di bolla di immagini e di linguaggio».
Che cosa può fare Macron per fermare le violenze?
L’influenza di internet in cui ognuno dice la sua si accompa-gna a un importante
impoveri-mento culturale
«Queste manifestazioni mi sembrano indipendenti dalle risposte che ha dato e darà Macron. I francesi adesso sono stufi e vogliono ordine, ma un meccanismo, sia pure minoritario, si è messo in moto e la prossima scintilla potrebbero essere i temi ecologisti».