La Stampa, 21 aprile 2019
The City, il nuovo giornale di New York
La città di New York ha un nuovo giornale, si chiama The City e ha come simbolo un piccione battezzato dai lettori «Nellie», in onore della giornalista Nellie Bly che alla fine dell’Ottocento si finse pazza per raccontare sul giornale di Joseph Pulitzer la vita dentro un manicomio. The City è online, i contenuti sono gratuiti sia per chi legge sia per chi volesse ripubblicarli altrove, è sostenuto da fondazioni facoltose e donatori individuali e anche da giornalisti esterni che hanno deciso di dare una mano per rinverdire i fasti gloriosi dell’informazione locale.
Lanciato con dieci milioni di dollari, principalmente raccolti dalla Craig Newmark Philanthropies (Newmark è l’inventore di Craiglist), dalla Leon Levy Foundation e dalla Charles H. Revson Foundation, ciascuna delle quali ha contribuito per 2 milioni e mezzo di dollari, The City si aggiunge alle ormai numerose pubblicazioni non profit americane come ProPublica, Marshall Project e Texas Tribune (quest’ultimo è uno dei soci finanziatori di The City).
Il giornalismo come attività filantropica è un nuovo e crescente modello di impresa giornalistica, non più una rarità: ormai sono oltre duecento le redazioni e oltre duemila i giornalisti americani sostenuti da istituzioni benefiche, da donazioni e da lettori che producono ricavi annui di circa 350 milioni di dollari.
Tra i partner di The City c’è il New York Magazine che ospita il neonato quotidiano nella sua homepage e ha offerto alla nuova impresa l’art direction e il sistema operativo Clay su cui gira il sito. L’ex direttore del New York Magazine, Adam Moss, siede nel board, presieduto dal direttore di BuzzFeed News, Ben Smith, un giornalista politico con un passato da gran cronista locale al New York Sun e al New York Observer.
Ventuno giornalisti
Smith spiega che il modello di The City si regge sulle donazioni private ma anche sulle sponsorizzazioni aziendali e a breve anche sugli eventi, come già fanno ProPublica e la radio Npr, con la garanzia assicurata da consiglieri di amministrazione esterni come lui e Moss che i soldi saranno spesi bene e in massima parte per pagare gli stipendi della redazione. I ventuno giornalisti del nuovo giornale sono stati assunti con un occhio particolare alla diversità di genere ed etnica, oltre che all’esperienza professionale e di vita, in modo che il corpo redazionale rappresenti al meglio la metropoli che sono chiamati a raccontare.
The City si definisce «un organo di stampa indipendente e non profit impegnato a trovare notizie al servizio della gente di New York» e il direttore Jere Hester, ex capo cronista del Daily News, ha promesso di colmare lo spazio editoriale lasciato vuoto dalla chiusura del settimanale Village Voice e dal ridimensionamento del Daily News. L’idea è che in città ci sia una grande produzione di informazione nazionale e internazionale, come quella offerta dal New York Times, ma che serva anche qualcuno che racconti la situazione del parco giochi sotto casa o degli sprechi nei servizi sociali. Insomma ciò che manca, sostengono i fondatori di The City, è un giornalismo che nasce dal basso, dalle esigenze della comunità e del quartiere, ma serio e professionale come quello considerato a torto più solenne e autorevole.
Piccole storie di città
Gli articoli e le inchieste di The City hanno un sapore antico: i soldi pubblici alle scuole private, i costi della metropolitana, i permessi per vendere cibo per strada, la situazione nelle carceri, le speculazioni immobiliari. Nei primi giorni si nota anche una particolare attenzione alle mosse politiche del sindaco Bill De Blasio, condita da molta diffidenza sulla sua pagina possibile candidatura alle primarie presidenziali del prossimo anno, al punto che la vivace newsletter del mattino di The City è scritta quotidianamente sotto forma di lettera al «caro sindaco» che trascura i problemi della città perché distratto dai viaggi fuori città per sondare le sue chance nazionali.
The City si occupa dei cinque grandi quartieri della città e racconta piccole storie come quella dei controlli capillari e delle relative multe salate sugli autobus di Staten Island, malgrado i cittadini protestino perché nel più remoto dei borough di New York ci sono soltanto tre distributori automatici di biglietti.