Libero, 21 aprile 2019
Il sonno perso non si recupera
Sognate di recuperare il sonno perduto approfittando delle vacanze pasquali? Non ci sperate, perché dormire di più durante il sabato e la domenica o nei giorni festivi di ponte non servirà a combattere le carenze del riposo notturno settimanale, e nemmeno a prevenire i danni metabolici che avete inflitto al vostro corpo nel corso delle notti in cui avete ridotto le ore di sonno. È questo il risultato di una ricerca dell’Università del Western Ontario intitolato “World’s largest sleep study”, il più grande studio del sonno mondiale, nel quale si stima che la metà delle persone dorme 6,3 ore per notte, un’ora circa in meno delle sette raccomandate dai medici, e l’effetto relativo alla riduzione del sonno quotidiano non migliora affatto con il recupero del riposo quando si è in vacanza, poiché il nostro organismo non riesce più ad invertire i problemi del metabolismo creati ed avviati dalle carenze. I debiti di sonno quindi non si recuperano più e non possono essere risolti dormendo le ore giuste un paio di volte a settimana o compensati con una “overdose” di sonno la domenica, perché anche se ci si sveglia riposati dopo dieci ore, con la sensazione di essersi ripresi completamente dalla stanchezza, in realtà non si recuperano i benefici metabolici persi con il mancato riposo, perché si continua a tenere sfasato l’orologio biologico, che non è più in grado di regolarsi con gli orari della routine quotidiana. Non dormire a sufficienza infatti, provoca una alterazione del ritmo cicardiano, il quale fa perdere al nostro metabolismo la capacità di autoregolarsi, con conseguenze sia neurologiche, che psicologiche e fisiche, oltre che ormonali, con diminuzione dell’attività insulinica nei muscoli e nel fegato, che conducono a modifiche della massa e del peso corporeo, facendoci sentire “appesantiti”. Lo scompenso del ritmo metabolico altera anche la capacità di regolarsi con il cibo e con il controllo dell’appetito, che spesso diventa compensatorio alla mancanza di sonno, portando il soggetto insonne ad accumulare peso. Naturalmente bisogna distinguere tra chi è in debito temporaneo di sonno, perché magari ha passato una notte sveglio o ha dormito poco e male, e chi invece vive una deprivazione cronica di riposo notturno, poiché più la carenza di sonno è abituale, tanto più arduo è il recupero.Affinché il cervello possa svolgere al meglio le proprie funzioni, esso ha bisogno assoluto di “spegnere” la veglia per un tot di ore consecutive, allo scopo di resettarsi e smaltire i residui mnemonici accumulati, e nel momento in cui il tempo del riposo viene sottratto o diminuito, è lo stesso encefalo ad inviare evidenti sintomi di malessere, segnali di stanchezza muscolare ed irritabilità cerebrale manifesta. Dormire bene infatti, aiuta la memoria, la concentrazione e l’attenzione, riduce il colesterolo e il rischio di patologie cerebrovascolari, contrasta l’ipertensione arteriosa, il diabete e l’obesità, poiché durante il sonno viene prodotta la leptina, un ormone proteico che aumenta nel corso della notte conferendo il senso di sazietà. Dormire bene è anche un elisir di giovinezza, è salutare per la pelle, che viene resa più elastica dal cortisolo notturno, il quale agisce sul collagene e sull’elastina, motivo per cui quando si riducono le ore notturne di riposo spesso ci si sveglia con la faccia “sgualcita”. Inoltre il sonno agisce soprattutto sull’umore, una condizione indispensabile per il benessere ed il tono generale durante la giornata, evitando l’ottundimento e l’irritabilità caratteristica di chi dorme poco. Molte persone cercano di recuperare le ore notturne perse con un breve sonnellino pomeridiano, senza sapere che la pennichella, se non ha la durata di almeno un’ora, non riesce a raggiungere la fase Rem, ovvero quella del sogno, condizione indispensabile a decongestionare il cervello dai residui mnemonici diurni, risultando quindi un riposo perfettamente inutile ed inefficace ai fini della salute metabolica cerebrale. Lo studio, condotto su oltre 70mila persone, ha inoltre dimostrato che dormendo sotto le 5 ore per notte, il pericolo di morte aumenta del 65% rispetto a quello con cui convive chi dorme un numero adeguato di ore, ed anche in questi casi il dormire di più nei weekend non riesce a compensare lo scarso riposo dei giorni feriali. La curiosità di questa ricerca però, è che anche i dormiglioni non possono cantare vittoria, perché il rischio di morte aumenta anche per chi passa nel sonno abitualmente più di otto ore, a dimostrazione che il cervello pare essere molto esigente nei confronti del riposo biologico, il quale per essere soddisfatto richiede di assestarsi sulle sette ore e mezzo. La durata del sonno inoltre risulta importante per la longevità, anche se dopo i 70 anni il rischio legato al troppo o poco sonno diminuisce drasticamente, per il fatto che nella senilità invecchia anche l’encefalo, diventando meno esigente e rigoroso per quanto riguarda i bisogni del ritmo metabolico e cicardiano, ed anche per il ritmo di vita che a questa età si riduce notevolmente in tutti i sensi e in tutti i suoi parametri. In conclusione bisognerebbe dormire bene e in modo regolare sempre tutti i giorni, perché dormire di più la domenica non è una strategia per attenuare le conseguenze psicofisiche a danno del metabolismo, e quelle ore in più saltuarie non fanno registrare alcun miglioramento rispetto alle carenze accumulate. Ognuno di noi passa circa un terzo della vita a dormire, poiché il sonno è un comportamento essenziale alla sopravvivenza dell’essere umano ed animale, ed essendo l’uomo dotato di intelligenza superiore, è anche l’unico essere vivente in natura che è in grado di privarsi volontariamente del sonno. Privarsene troppo e troppo spesso però, ora sappiamo che può avere anche conseguenze irreversibili e dannose per la nostra salute. Ps: Una enorme fetta della popolazione mondiale soffre di disturbi legati al sonno, dorme poco e male, ed in Italia il 45% dei nostri connazionali soffre di insonnia transitoria e circa 10milioni di insonnia cronica.