Il Messaggero, 21 aprile 2019
Gigi D’Alessio si racconta
Il suo nuovo album uscirà a settembre. Anticipato da Quanto amore si dà, primo singolo all’inizio maggio, proprio durante la messa in onda di The Voice, il talent show musicale di Rai2 (da martedì 23 aprile, in prima serata). Gigi D’Alessio è giudice, ovvero Coach. Se lui si definisce «l’unico straniero in giuria», già che tutti parlano usando tantissimi inglesismi, e confessa che non imparerà mai a twerkare con Elettra Lamborghini (anche lei giudice) perché «Non sono portato per il ballo, c’ho vergogna, mi sembra che tutti guardino me», i colleghi sono molto più generosi. Simona Ventura, che conduce, lo chiama «Il cardinale, più potente di Sepe», Morgan cerca di imitargli il marchio di fabbrica, la pronuncia della parola cuóre, e Pequeno, che di lui conosce a memoria le canzoni, sarà ospite della nuova canzone, «Un pezzo estivo al tramonto, un po’ giamaicano». Con il rapper milanese «Ci siamo trovati da Dio! La musica non deve avere barriere, è femmina». Scusi, D’Alessio, in che senso? «È come una donna nuda. Se le metti il giubbino di pelle diventa rock, con l’abito da sposa diventa romantica, con il tailleur diventa chic. Ma sotto, è sempre una donna. Nuda». Seduto sul divano del camerino, rilassato, sorride con denti perfetti sguardo dritto da guaglione. Aspetti che dica subito quel mitico cuóre, ma lui continua la lezione di musica: «Intendo che i pilastri sono quelli: siamo tutti figli dei Mozart, dei Beethoven, degli Chopin, dei Puccini. Poi cambia il suono. Ma è come casa tua: che tu la voglia fare in stile barocco, o high-tech con tutto acciaio, è sempre na casa». A parte «L’house, che nun te fa’ suona’», al piano accompagnerebbe chiunque, Gigi nella musica ha trovato «Tutt’e cose: le puttane, la droga, le fidanzate, le mogli, le amanti, i figli, il gioco». Pentito mai di niente, solo di non avere passato abbastanza tempo con i genitori e il fratello che non ci sono più. «Non ha importanza quanti anni hai, pure a 100 sentirai la mancanza di tua madre». Più del papà? «Sì perché noi nasciamo dalle donne. È un rapporto carnale».Poi «il mio vero mito è stato mio padre. Per come ha cresciuto i figli e per come ha trattato la famiglia». E gli ha insegnato «il grande rispetto. A dare una mano a chi è meno fortunato di te. A sentirti sicuro. A non avere paura di affrontare con coraggio la vita. A guardare avanti, ma a dare sempre uno sguardo all’indietro, grato di quello che hai. Oggi non diamo peso a niente, nemmeno che ti svegli la mattina e hai la possibilità di camminare». D’Alessio ha scritto più di 3000 canzoni, ne ha incise 500, è il re dei neomelodici, ma dietro la corona e lo scettro un po’ di amarezza c’è, se il termine viene usato per definire «una razza, il cantante di serie C. Forse nessuno è mai andato alla ricerca, o ha abbastanza conoscenza per capire cosa c’è, armonicamente, dietro una mia canzone». Oggi va un po’ meglio: «Mi sembra che mi stiano scoprendo, a 52 anni. Meno male prima di morire: Totò è diventato grande da morto, io ci so’ riuscito da vivo».
Nei 26 anni di carriera precedenti invece «Me ne hanno dette di tutti i colori: che so’ canzonette, che sono un cantautore di vicoli e sceneggiate». Per non parlare delle pagelle: «quelle che ti dànno zero. Ma chi cazz’ si’ pe’ me da’ na pagella?». Soprattutto per uno che a scuola prendeva «Sempre 8, 9, 10. Fino alla terza media», perché poi erano 8 ore al giorno di musica: «Il diploma di pianoforte è come una laurea in medicina». Non sarà un cardiochirurgo, Gigi D’Alessio, ma il cuóre è indubbiamente materia sua: «Il mio posto è dietro il pianoforte. Cantare e cantare l’amore». Non si finisce mai: «Ho scritto una canzone qualche giorno fa, ora non posso cantartela, ma mi sono meravigliato pure io». Nel senso che secondo lui è bellissima, la sua migliore, la migliore mai scritta, dice perfino, ridendo.
Pure se però ce n’è una che avrebbe voluto scrivere lui: «Avrai di Baglioni. È la più bella canzone mai scritta per un figlio. Quando ce l’hai davanti, tutto sembra più piccolo». Dell’amore, certo non si vergona: «Scrivo i testi romantici, perché pure se si vuol fare tutti i fighi, dire che no, non si soffre per la ragazza o il ragazzo, invece alla fine si soffre. L’amore è una sofferenza. Anche quando stai bene. Perché all’improvviso ti mette la luna tra le mani, poi magari ti spegne la luce nel cuóre». Eccolo, finalmente, l’ha detto.