Il Messaggero, 21 aprile 2019
La crisi del latte
Il latte fa bene. Forse non a tutti, ma sicuramente alle aziende che sono riuscite a trasformarlo in oro bianco. E guarda caso il 50% della filiera lattiero-casearia (15 miliardi di euro di valore, 2,7 miliardi di export) è merito delle 700 imprese cooperative e delle loro 27.500 stalle. «Cioè di chi è più legato alle tradizioni della terra e alla difesa del Made in Italy», afferma Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari che in settimana ha lanciato la campagna «Verde Latte Rosso». Proprio nel mondo della cooperazione opera la Granarolo di Bologna, il maggiore gruppo agro-industriale a capitale interamente italiano (80,22% cooperative, 19,78 Banca Intesa). Un gigante da 1,3 miliardi di euro di fatturato (32% all’estero) realizzato grazie alla filiera che inizia con 700 allevatori, passando per 22 stabilimenti di trasformazione e raggiungere infine 50 mila punti vendita e 20 milioni di famiglie. Anche Granarolo ha dovuto affrontare il crollo del mercato del latte (-30% in 6 anni), causato da calo delle nascite, nuove intolleranze alimentari, fake news sul prodotto, cambiamento di consuetudini e gusti alimentari. E previsioni ancora più funeste per i prossimi quattro anni che indicano un calo di altre 60 mila tonnellate nel consumo di latte fresco.
LA MATERIA PRIMA«Il consumatore è disorientato spiega Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo – e noi produttori dobbiamo essere in grado di rimettere al centro la forza della materia prima italiana, nata dalla sapienza di chi custodisce i territori e ne interpreta le tradizioni attraverso l’arte casearia». L’attività della cooperativa bolognese è in controtendenza rispetto all’andamento generale, già a partire dalla presenza all’estero. «L’internazionalizzazione afferma Calzolari – ci ha consentito di compensare in parte il contesto italiano di mercato». Una strategia che ha portato Granarolo ad aprire sette stabilimenti oltre confine e completare una trentina di acquisizioni, dal Brasile agli Usa, alla Francia. «In Francia spiega il presidente – con l’acquisto nel 2014 di Codipal abbiamo portato a casa un grandissimo risultato, la madre di tutte le operazioni degli ultimi anni. Abbiamo reagito a un trend che vedeva gli investitori esteri sempre più presenti in Italia e mai viceversa. Abbiamo fatto esperienza e oggi la Francia vale circa 150 milioni di fatturato per il nostro gruppo». Altro punto di forza è l’innovazione di prodotto (snack al formaggio dolci e salati, baby food, freschi premium, prodotti senza lattosio, con meno sale e meno grassi, packaging innovativi), tant’è che oggi il fatturato prodotto dalle novità lanciate negli ultimi 5 anni vale il 27% del totale. Spesso si tratta di iniziative in collaborazione con altre aziende come nel caso della nuova gamma di prodotti che arriverà sul mercato nei primi giorni di maggio: snack al formaggio con thè deteinato e merendine con wafer.
In questo caso, gli alleati sono marchi storici: l’altro gigante emiliano della cooperazione Yoga – Conserve Italia (894 milioni di fatturato nel 2018) e l’altoatesina Loacker (324 milioni di giro d’affari di cui 176 all’estero). Senza soste anche la fase di acquisizione di nuovi marchi: la friulana Venchiaredo (80 dipendenti e un fatturato a fine 2018 di 26,9 milioni) è stata la scorsa settimana – l’ultima azienda a entrare nel consolidato di gruppo. A completare infine il quadro, il forte impegno per lo sviluppo dell’agricoltura di precisione 4.0 e nel biologico: oggi il 33% del latte biologico italiano è prodotto da Granarolo. «Lavoriamo da anni -dichiara Gianpiero Calzolari – ad un modello di filiera sostenibile: gli allevatori, custodi del territorio, devono rispettare il benessere animale in armonia con l’ambiente, e poi i trasformatori devono dare valore alle materie prime, venendo incontro ai nuovi bisogni dei consumatori con un cibo più buono e più giusto».