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 2019  aprile 20 Sabato calendario

Il caso Portogallo

Il contratto di governo (in rosso e non in gialloverde) ha tenuto. La guerra "dolce" all’austerità, combattuta da sinistra e senza strappi populisti, ha pagato. E il governo portoghese di Antonio Costa alza l’asticella e prova a infrangere altri due tabù: l’azzeramento del deficit di bilancio, giusto per zittire le ultime Cassandre del rigore, e la vittoria-bis alle elezioni politiche di ottobre. Dove la geringonça ("l’ammucchiata") – la fragile alleanza tra socialisti, comunisti e sinistra radicale alla guida del Paese dal novembre 2015 – si presenta con tutte le carte in regola per fare bene: i conti pubblici sono in ordine, la disoccupazione si è dimezzata al 6,3%, il Pil 2018 è cresciuto del 2,3%, il Partito socialista viaggia nei sondaggi al 36%, con un vantaggio a due cifre sul centrodestra. E il dribbling di Lisbona alle terapie lacrime e sangue imposte da Bruxelles per salvare il Paese dal crac (in cambio di 78 miliardi di prestiti) è diventato il laboratorio dove la sinistra europea – un po’ alle corde nell’era dei sovranismi – prova a ritrovare la sua identità.
Trenta mesi fa - quando Costa ha messo assieme il governo di minoranza promettendo di «chiudere la pagina dell’austerità» - nessuno avrebbe scommesso un centesimo sul suo successo.
Anche perché il colpo di coda del Portogallo era stato accolto a stretto giro di posta dalla contraerea dei falchi Ue.
«Vogliono far saltare i patti con l’Europa? Se ne pentiranno – aveva vaticinato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble -. Torneranno a chiederci nuovi aiuti. E dovranno mandare giù condizioni ancora più dure».
Quel sospetto, all’epoca, l’avevano in molti. Le elezioni 2015 non avevano partorito una maggioranza certa. L’accordo tra socialisti, comunisti (favorevoli all’uscita dall’euro) e sinistra radicale del Bloco de Esquerda sembrava tenuto insieme dallo scotch. «Ma visto che nelle urne il 62% dei portoghesi aveva detto no a nuovi sacrifici, abbiamo gettato alle ortiche le differenze per lavorare a un compromesso pragmatico», spiega Marisa Matias, europarlamentare della sinistra radicale. Tradotto in un patto di governo come quello firmato in Italia tra Lega e M5s,«fatto di 51 punti sui quali era possibile trovare un’intesa – continua Matias - lasciando fuori i temi su cui non saremmo mai andati d’accordo». Il tutto unito da un unico fil rouge: l’addio (o quasi) al rigore: lo stipendio minimo è stato così alzato in due anni da 505 a 600 euro, pensioni e stipendi più bassi sono stati rimpolpati. Le 35 ore di lavoro settimanali, cancellate dalla Ue, sono risorte. E per far cassa si sono messe le mani nelle tasche dove di soldi ce n’erano: le tasse su tabacco, auto e benzina sono state ritoccate all’insù. Ai proprietari di immobili oltre i 600mila euro di valore è stato imposto un salasso del 3% l’anno. I produttori di bevande gassate sono stati colpiti dal "balzello sulle bollicine". E il Catasto ha varato "l’Imu democratica": chi ha casa vista mare paga il 20% in più, chi dà su un cimitero il 10% in meno.
Un libro dei sogni? I risultati dicono di no. Il deficit 2016, è vero, è schizzato oltre il limite concordato con l’Unione. Ma Bruxelles ha chiuso un occhio concedendo un anno di tregua. E il vento è girato. «Abbiamo creato 321mila posti di lavoro in due anni», è il mantra di Costa. Il rapporto deficit/Pil è crollato allo 0,5%. E il Portogallo è uno dei pochi Paesi in Europa dove dal 2015 le disuguaglianze si sono ridotte invece di allargarsi.
Non tutto è oro, naturalmente, quel che luccica. E anche a Lisbona qualche problemino da risolvere c’è ancora. Centomila giovani l’anno sono emigrati dal 2011 alzando l’età media da 37,9 a 45 anni. Il debito pubblico è al 121,5% del Pil. Le infermiere hanno bloccato il Paese per settimane chiedendo un aumento di stipendio da 1.200 a 1.600 euro al mese. Lo stesso hanno fatto funzionari pubblici, pompieri e gli autotrasportatori di carburanti. L’opposizione mette in dubbio tout court il successo della ricetta Costa: «Il boom di questi ultimi due anni – è la teoria - è stato gonfiato da turismo, tassi bassi e boom immobiliare». L’asse francotedesco che domina l’Europa, nel nome dell’asse anti-populisti, applaude Lisbona. Schaeuble ha definito Mario Centeno ministro di Costa e capo dell’Eurogruppo - «il Cristiano Ronaldo dei conti pubblici».
Angela Merkel, in visita a Lisbona, ha scherzato sulle incomprensioni passate: «Sono felice, vi trovo meglio di cinque anni fa». La speranza dei socialisti è che la forza centrifuga che ha unito la sinistra nei momenti difficili tre anni fa non si esaurisca proprio ora che tutto va bene. La fine del sogno della crescita senza (troppo) rigore del Portogallo sarebbe l’ennesimo harakiri nella Spoon River della sinistra continentale.