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Intervista a suor Eugenia Bonetti, che ha scritto i testi per la Via Crucis
Racconta che per chiederle di scrivere le meditazioni della Via Crucis col Papa al Colosseo l’ha chiamata al telefono il cardinale Ravasi. «Le do del tempo per dirmi di sì, ma non mi dica di no», le ha detto. «Perché avete scelto me?», le ha risposto. Così il porporato: «Perché sappiamo quanta passione mette nel suo servizio».
Suor Eugenia Bonetti, 80 anni, missionaria della Consolata, è stata per 24 anni in Kenya. Al ritorno ha iniziato a lavorare con donne immigrate vittime di tratta.
Nominata da Azeglio Ciampi commendatore della Repubblica, parla della "sua" Via Crucis: «I protagonisti dei miei testi sono i crocifissi di oggi, le vittime della tratta, i minori mercificati, le donne costrette alla prostituzione, i migranti, coloro che devono risvegliare le coscienze di tutti».
Di chi sono vittime queste persone?
«Delle nostre chiusure, dei poteri e delle legislazioni, della cecità e dell’egoismo, e del nostro cuore indurito dall’indifferenza».
Nell’ultima stazione parla del sepolcro di Gesù.
«I sepolcri odierni sono il deserto e i mari dove trovano riposo uomini, donne, bambini che non abbiamo potuto o voluto salvare».
Gesù fu aiutato sul calvario da uno sconosciuto, Simone di Cirene.
«Infatti, e mi chiedo: dove sono oggi i cirenei?».
Lei ha denunciato che il novanta per cento dei clienti delle prostitute è cattolico. È così?
«Confermo. In Africa vedevo queste ragazze sulle strade, messe lì come statuine di ebano. Sono schiave da liberare».
Quando rientrò in Italia voleva tornare in Africa?
«Il mio posto era in Africa. Ma incontrai Maria, una giovane prostituta, che mi cambiò la vita. Singhiozzava quando venne a chiedere aiuto, ma non avevo tempo per ascoltarla perché iniziava la messa. Mi ha accompagnato in chiesa. Mentre pregavo ho sentito il suo pianto: uscì dalla messa perdonata, io sconvolta tanto da non dormire la notte. Capii quel giorno la via da seguire, essere per tante donne come Veronica che asciugò il volto di Gesù. E non sa quanta gioia da quel giorno».
Ad esempio?
«Ogni sabato sera incontro con altre suore giovani immigrate. C’è sofferenza ma anche gioia quando vedono che a consolarle sono religiose dei loro Paesi».
Cosa le fa più male?
«L’indifferenza di molti. Chi ricorda, in quest’era di notizie bruciate alla svelta, le ventisei giovani nigeriane inghiottite dalle onde, i cui funerali sono stati celebrati a Salerno?».
Esiste una speranza?
«Pensiamo a Favour, di 9 mesi, partita dalla Nigeria insieme ai suoi giovani genitori che morirono in mare. Lei è sopravvissuta: come Mosè è stata salvata dalle acque».
Come vede il nostro Paese?
Ci sono rigurgiti xenofobi anche in chi si dichiara credente.
«Il loro non è Vangelo. È inumanità. Nella Via Crucis scrivo che è facile portare il crocifisso al collo o appenderlo come ornamento sulle pareti delle cattedrali o delle case, ma non è altrettanto facile riconoscere i nuovi crocifissi di oggi, coloro che vivono ai margini dopo aver affrontato sofferenze inaudite».
Dove sono le radici dell’Europa?
«Nell’accoglienza, anche se in troppi se ne dimenticano. Siamo stati noi migranti prima dei migranti di oggi».
Se incontrasse Salvini cosa gli direbbe?
«Gliene canterei quattro. Non ha futuro un Paese che vive di chiusure. E così un Paese che non valorizza il lavoro di chi si spende volontariamente per gli altri».