Focus, 20 aprile 2019
Victoria Woodhull, biografia della "strega di Wall Street", la prima donna che si candidò alla Casa Bianca (era il 1872)
Che cosa sarebbe successo se il 5 novembre del 1872 la prima donna candidata alla Casa Bianca avesse vinto le elezioni? Non lo sapremo mai, ovviamente. Ma il solo fatto che una donna dell’Ottocento ci abbia provato rende tanto l’evento quanto la sua protagonista decisamente unici. Victoria Woodhull sconvolse infatti l’America con le sue idee e le sue scelte di vita. E, come attivista per l’emancipazione femminile, sfidò la morale repressiva dell’epoca.
Victoria nacque, settima di dieci figli, nel piccolo villaggio di Homer, nell’Ohio, il 23 settembre 1838. I Claflin erano prolifici ma anche poveri, eppure tennero a lungo unita la famiglia. Nel corso degli anni l’ingombrante “clan” si trasformò infatti in una specie di tribù con la quale Victoria si mosse per gran parte della vita. A 15 anni era già sposata. Aveva detto sì al ben più anziano dottor Canning Woodhull. Il matrimonio non durò. Dopo pochi anni Victoria divorziò, si tenne il cognome dell’ex marito e si riunì al clan dei Claflin. Era molto affezionata alla sorella più giovane, Tennessee, con la quale condivideva presunte doti di chiaroveggenza e in generale una visione della vita che la portarono ad avvicinarsi allo spiritismo, diventando una medium e una delle principali esponenti del movimento. Ma soprattutto, la problematica esperienza del matrimonio la convinse ad abbracciare la causa ben più controversa del “libero amore”. E fu proprio l’amore a spingerla a nuove nozze: con il secondo compagno, James Blood, si trasferì a New York portandosi dietro il resto dei Claflin e persino il suo primo marito. La vivacità del personaggio e la confusione del clan trasformarono la grande casa newyorkese di Victoria in un dinamico punto di riferimento per molti intellettuali, giornalisti e riformatori.
Lo spiritismo, diffusissimo nell’Ottocento, contribuì alla popolarità delle due sorelle. Ma il vero colpo di fortuna fu essere notate dal magnate Cornelius Vanderbilt (1794-1877), che aveva costruito il suo impero sui trasporti marittimi e ferroviari. L’imprenditore rimase così affascinato dalle due donne, che le supportò in un’impresa fino ad allora preclusa al sesso femminile: diventare agenti di Borsa.
Lo scandalo suscitato dall’inaspettata carriera non fu niente a confronto di quello che Victoria scatenò subito dopo, nel 1870, quando il New York Herald andò in stampa con la “Dichiarazione di Victoria Woodhull” in prima pagina. “Io sono l’unica portavoce – o almeno la più in vista dell’unica classe non rappresentata in questo Paese”, esordiva la Woodhull, “le donne. Io mi adopero perché le speranze diventino realtà. Si chiede l’uguaglianza tra l’uomo e la donna. Io la provo. Non mi sono forse lanciata su strade fino allora riservate agli uomini, ottenendovi il più grande successo? Chi dimenticherà la ‘strega di Wall Street’? Quindi oggi io esigo per tutte le donne il diritto non solo di denunciare le ingiustizie di cui non cessano di essere le vittime, ma anche d’impegnarsi nella vita pubblica, e annuncio solennemente la mia candidatura alla presidenza degli Stati Uniti d’America”.
Il mese successivo, le sorelle Claflin fondarono un nuovo settimanale, il Woodhull & Claflin’s Weekly, che non si limitò a sostenere la campagna di Victoria. Per circa sei anni il giornale smascherò scandali e truffe finanziarie, sostenne riforme sociali, diede spazio allo spiritismo e a temi “sensibili” quali il libero amore e l’educazione sessuale. Sia per iscritto sia nelle conferenze, Victoria indicò nel matrimonio una prigione, che rendeva le donne economicamente dipendenti e le riduceva a “schiave sessuali”.
«La Woodhull diceva a voce alta ciò che ognuno non osava confessarsi», affermano Nicole Blondeau e Jean-Paul Feuillebois nella loro biografia Victoria la scandalosa (Mondadori). «Quando partiva in quarta contro le unioni coniugali senza amore, esprimeva le pene dei presenti. L’applaudivano, le gettavano fiori, la desideravano.
Per tutti gli uomini che proibivano alle mogli di assistere alle sue conferenze, Victoria era la “sgualdrina incantatrice”, la “dea del sesso e della bellezza”, l’inquietante “strega” che osava predicare la “libertà sessuale” in un’epoca in cui sesso era sinonimo di orrore e vergogna. E per tutti quegli uomini che si erano abbandonati all’equivoco piacere di sentirsi onesti ascoltando le sue parole impudiche, Victoria tornava a essere la “regina delle donnacce”, appena si ritrovavano a casa loro».
La Woodhull sapeva di non poter fare a meno dell’appoggio delle femministe, che ormai da anni si battevano invano nel Paese. E si adoperò per conquistarle. Alla fine di un intervento davanti a un comitato del Congresso in cui presentò una petizione per il diritto di voto alle donne, le suffragiste l’acclamarono entusiaste. Secondo lei, il diritto di voto era un diritto negato in violazione del XIV emendamento della Costituzione, in base al quale ogni persona nata negli Stati Uniti o naturalizzata era beneficiaria di tutti i privilegi della cittadinanza americana. “Le donne sono uguali agli uomini davanti alla legge”, aggiunse, “e sono uguali in tutti i loro diritti”. Le suffragiste non potevano non essere d’accordo e, su iniziativa della storica leader Elizabeth Cady Stanton, iniziarono a chiedere l’iscrizione nelle liste elettorali, a presentarsi ai seggi nei giorni delle elezioni e a pretendere di poter votare.
Victoria ricevette la nomination alla presidenza Usa dal nuovo Equal Rights Party, o Partito del Popolo, dopo un altro acclamato discorso all’Apollo Hall di New York del 10 maggio 1872. Per la vicepresidenza fu scelto l’abolizionista nero Frederick Douglass. Ma non tutte le attiviste la sostennero e molte si unirono alle voci che la accusavano di essere donna spregiudicata e dalla moralità indecente. In anni in cui il divorzio era ancora considerato uno scandalo, Victoria andò ben oltre dichiarando di praticare l’amore libero. “Sì, sì, io ho il diritto naturale, inalienabile, di amare chi voglio, quando voglio, per il tempo che voglio”, ribadì con fermezza alla Steinway Hall di Boston. “È tempo di esigere la nostra libertà”, continuò. “Noi dobbiamo disporre del nostro cuore e del nostro corpo. Ben presto cadrà il giogo che gli uomini ci hanno messo sul collo”. Quando lasciò il palco fu salutata da un’ovazione e dalla platea si iniziò a scandire il suo nome. Il discorso fece tanto clamore che finì sulla stampa.
Tra le suffragiste a lei più ostili c’erano Catharine Beecher e Harriet Beecher-Stowe, l’autrice del romanzo La capanna dello Zio Tom. Le due donne erano sorelle di Henry Ward Beecher, noto e influente pastore di Brooklyn. In risposta ai crescenti attacchi delle Beecher per i suoi controversi principi morali, la Woodhull denunciò l’ipocrisia del pastore svelando i particolari della relazione che il reverendo aveva da tempo con una parrocchiana, la moglie di Theodore Tilton, favorevole al suffragio femminile e giornalista, poi divenuto a sua volta amante della stessa Woodhull. “Se io denuncio quest’uomo come un vigliacco”, spiegò sul suo giornale, “non è perché ha trasgredito alle leggi contro natura della Chiesa, ma perché si è lasciato terrorizzare dall’opinione pubblica mantenendo il silenzio sulla sua fede nell’amore libero e ritirandomi il suo sostegno”.
Il giorno dopo, Victoria e la sorella furono arrestate per pubblicazione di un giornale osceno distribuito tramite posta. La campagna presidenziale era finita in un lampo e il giorno delle elezioni la Woodhull lo passò in prigione. Il candidato favorito, il generale Grant, ebbe il suo secondo mandato (fu presidente dal 1869 al 1877), anche se più di 20mila uomini si erano espressi a favore della Woodhull.
L’anno dopo Victoria fu di nuovo arrestata con la stessa accusa alla fine di una conferenza al Cooper Institute di New York, dove si era presentata travestita da vecchietta per sfuggire alla polizia. In seguito tornò alle sue battaglie nonostante le calunnie e i problemi giudiziari e familiari. Ma alla fine non resse più alle pressioni e all’abbandono progressivo degli amici di un tempo. Lo scalpore sollevato dalla denuncia contro il pastore Beecher aveva finito per ritorcersi contro il movimento suffragista e contro la Woodhull stessa. Nel 1877 decise quindi di rifarsi una vita in Inghilterra, dove sposò un ricco banchiere e rinnegò le sue vecchie idee. E la donna che aveva scosso l’America come la “scandalosa” Victoria, fu in breve completamente dimenticata.