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 2019  aprile 20 Sabato calendario

La caduta di Hitler

La data di oggi significa poco per noi. Ma per i tedeschi costituì, per oltre un decennio, la festa nazionale del compleanno di Hitler. Una festa guastata il 20 Aprile del 1945, quando iniziò l’assedio e l’assalto dei russi a Berlino. Era l’ultimo atto della seconda guerra mondiale nel settore europeo. 
Gli angloamericani erano sbarcati in Normandia nel giugno precedente, e dopo una breve ma accanita resistenza erano dilagati fino a confini del Reich, e in marzo avevano varcato il Reno. Ma Berlino non era nei loro obiettivi: gli accordi di Yalta, dove Roosevelt e Stalin si erano divisi le zone di influenza, prevedevano che la capitale rientrasse nell’orbita sovietica. Conquistarla sarebbe stato un inutile spreco di truppe americane. Quindi l’onere, e l’onore, sarebbe spettato ai marescialli dell’Armata Rossa. 
I candidati erano due, Zukov e Koniev, che si odiavano. Stalin temeva la popolarità del primo, eroe di Stalingrado, e puntava sul secondo per limitarne l’influenza. Li sfidò a una sorta di gara, e i due – senza badare alle perdite – si scatenarono nella corsa alla conquista della metropoli, già semidistrutta dai bombardamenti americani. Zukov avanzò con un milione e mezzo di uomini da est, Koniev, con forze quasi uguali da sud. I tedeschi potevano opporre solo alcune divisioni dell’esercito piuttosto malconce, e truppe raccogliticce di anziani e ragazzini spediti al fronte con una addestramento sommario. Le SS vigilavano sulla lealtà di tutti, e di tanto in tanto impiccavano, a titolo di esempio salutare, qualche disertore. 
CANNONI Il 20 aprile, dunque, oltre settemila cannoni iniziarono a spianare la capitale. Procedevano con metodica regolarità distruttiva, isolato per isolato, sparando ad alzo zero. I tedeschi si difendevano con il coraggio dei patrioti e la tenacia della disperazione. Sapevano che i russi, ai quali avevano inflitto pene inenarrabili, sarebbero stati feroci. In effetti i caucasici, i mongoli e i siberiani si segnalarono per brutalità. Migliaia di donne, comprese le vecchie, le adolescenti e le suore, furono ripetutamente violentate, molte furono uccise e altrettante si suicidarono.Hitler era rimasto a Berlino, e viveva i suoi ultimi giorni segregato nel bunker protetto da quindici metri di cemento. Per lui, claustrofobico, non doveva essere un bel vivere. Ma in realtà aveva altri pensieri: spostava sulla carta delle armate che ormai erano ridotte a brandelli di battaglioni. Roosevelt era mancato pochi giorni prima, e la storia poteva ripetersi. In realtà non cambiò nulla. Il nuovo presidente, Harry Truman, confermò che l’unica soluzione per i nazisti era la resa incondizionata. A mano a mano che i due marescialli avanzavano, il cerchio si chiudeva attorno al dittatore. A Berlino mancava tutto, tranne la morte e la crudeltà. La città sarebbe caduta da sola, ma Hitler rifiutava la resa e Stalin aveva fretta di chiudere la partita; dopo dieci giorni di reciproci massacri, la bandiera rossa sventolava sulla cima del Reichstag. Quel che ne seguì è stato descritto in vari film e racconti come una sorta di Gotterdamerung tra le fiamme di un Walhalla apocalittico. 

SEQUENZA In realtà fu una sequenza di eventi organizzati con una precisione e una freddezza teutonica. Hitler dettò il suo testamento, in cui incolpava i suoi generali di aver perduto la guerra e il giudaismo internazionale di averla provocata. Aveva già destituito e ordinato l’arresto di Goering e di Himmler, il primo per insubordinazione e il secondo per tradimento. Non aveva tutti i torti. Il vizioso capo della Luftwaffe aveva cercato di prendere il suo posto, e il crudele capo delle SS aveva intavolato trattative, tanto ambigue quanto inutili, con gli angloamericani. Gli restavano Goebbels e Bormann, oltre a una manciata di ufficiali fedeli. Il Fuhrer fece tutto con calma. Convocò il borgomastro, e sposò Eva Braun, sua amante da sempre. Fece fucilare il cognato della sposa, il generale delle SS Fegelein, che se l’era squagliata. Infine, dopo aver avvelenato Blondi, la sua adorata bestia alsaziana, si sparò un colpo di pistola dopo avere, per precauzione, ingoiato una fiala di cianuro. Eva Braun si limitò al veleno. 

SALME Mentre le SS bruciavano le loro salme, per evitare un piazzale Loreto alla tedesca, Goebbels diede gli ultimi ordini di resistere, poi fece l’incredibile. Con la moglie Magda aveva deciso che, senza Hitler, la vita non avesse più senso nemmeno per i loro bambini. Ne avevano sei, uno più bello dell’altro, a dispetto delle caratteristiche del padre che, come Riccardo III, univa alla cattiveria la deformità. Li avvelenarono tutti, poi entrambi si tolsero la vita. Il Primo Maggio il generale Krebs incontrò il il generale Chuikov, emissario di Zukov, che confermò la richiesta di resa senza condizioni. Krebs tornò nel bunker e si sparò. Il giorno dopo fu firmata la capitolazione: della città non era rimasto quasi più niente. 
La battaglia di Berlino non fu certo decisiva. Le sorti della guerra erano già state decise mesi prima, a Ovest con lo sbarco in Normandia e a Est con la disfatta di Kursk. E fu una fortuna per la Germania che gli Alleati avessero accelerato la corsa, perché altrimenti avrebbe subito, al posto di Hiroshima, il collaudo dell’arma nucleare. Ma se la conquista della capitale tedesca fu enormemente importante da quello politico.
I sovietici si sentirono in diritto di proclamarsi come i principali vincitori del nazismo, e questo influenzò, unitamente alla istituzione dei loro regimi fantoccio, l’evoluzione della politica europea e in parte di quella mondiale. Avevano avuto, è vero, quasi venti milioni di morti, con distruzioni immense e stragi spietate. Ma erano anche stati complici nella spartizione della Polonia con il Patto Molotov-Ribbentrop del 39, che aveva di fatto autorizzato Hitler a scatenare il conflitto; avevano emulato le crudeltà delle SS con la strage di Katyn; avevano lasciato Churchill solo per due anni, mantenendo verso i nazisti una benigna neutralità; e infine erano sopravvissuti anche per merito degli imponenti aiuti inviati dagli angloamericani attraverso le insidiose rotte dell’Artico. Si dovette aspettare il 1989 perché la capitale tedesca fosse riunificata, e solo allora si potè veder bene la differenza tra la metà governata dalle democrazie occidentali e quella umiliata dalla grottesca e servile dittatura comunista. Ma anche questa disgrazia ebbe una compensazione: la vecchia Berlino Est era così orrenda che poté solo essere abbattuta, spianando la strada alle più ardite e fantasiose creazioni di architetti che potevano edificare sul vuoto. Quanto al bunker, vi fu costruito sopra un parcheggio, e ancor oggi è difficile individuare la stanza in cui Hitler si suicidò.