Il Messaggero, 19 aprile 2019
Israele si aggiudica il tesoro di Kafka
Il facile gioco di parole è diventato virale: Kafka non poteva subire un procedimento più kafkiano, come quello conclusosi ieri – dopo anni di surreale battaglia giudiziaria, al Tribunale distrettuale di Zurigo. La corte ha dato ragione a Israele: il tesoro di carte dell’autore (appunto) de Il processo, conservato nei caveau della banca Ubs, ora potrà essere trasferito presso la Biblioteca nazionale dello Stato ebraico, dove si trova già un vasto corpus di documenti dello scrittore praghese. Il verdetto permetterà quindi a tutti (studiosi e semplici lettori) di poter avere accesso alle ultime opere inedite esistenti di Kafka: una miniera di lettere indirizzate a grandi del passato come Thomas Mann, Arthur Schnitzler, Jaroslav Haek, ma anche album di disegni mai visti, taccuini con esercizi per imparare l’ebraico, appunti di vita quotidiana, il manoscritto del racconto Preparativi di nozze in campagna, una bozza del romanzo Il castello, e un’altra del racconto incompiuto Riccardo e Samuele.
Ma raccontiamo questa storia dall’inizio. Poco prima di morire nel 1924 di tubercolosi, a soli 40 anni, Kafka aveva lasciato tutti i suoi scritti a Max Brod, con una consegna: «Vanno bruciati senza essere letti». Come noto, l’amico contravvenne a questa volontà.
LA FUGANel 1939, in seguito all’invasione tedesca della Cecoslovacchia, Brod fuggì nella Palestina britannica in tutta fretta, portando con sé una valigia con questi documenti. Si stabilì a Tel Aviv, dove poco dopo fu raggiunto da Ester Hoffe, che era la sua cameriera, segretaria e (forse) anche amante. Poco prima di morire, nel 1968, Brod donò parte delle carte di Kafka agli archivi israeliani; ma molte altre rimasero per circa 40 anni nella casa della Hoffe, tra i molti gatti che la donna aveva adottato. Nel 1988, il manoscritto originale de Il processo fu venduto da Ester a un’asta di Sotheby’s, per un milione di sterline. In seguito, la donna fu fermata mentre cercava di lasciare il Paese con una borsa piena di scritti di Kafka. Messa alle strette, permise agli israeliani di inventariare l’intero lascito. Quando, nel 2007, la donna morì a 101 anni, le due figlie Eva Hoffe e Ruth Wiesler nascosero le carte in diverse cassette di sicurezza svizzere. E cominciò la battaglia legale. Le donne dissero di voler lasciare gli scritti all’archivio nazionale tedesco di Marbach: un vero affronto per Israele, che cominciò a sottolineare la fede sionista di Brod. Morte Eva e Ruth, le figlie di quest’ultima hanno continuato il procedimento, fino al verdetto di ieri. Ora la Biblioteca nazionale israeliana promette che l’archivio di Max Brod «sarà trattato come merita e reso disponibile al grande pubblico».