Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  aprile 19 Venerdì calendario

Chiang Mai, la città col record di smog

L’aria è quasi irrespirabile. Il cielo è cupo. L’azzurro è un grigiastro e le splendide montagne che circondano la città non si riescono a vedere. Siamo a Chiang Mai, la seconda città più grande della Thailandia, a circa 600 chilometri a nord di Bangkok. Ogni anno è la stessa storia. Qui, dall’inizio di febbraio fino a alla fine di aprile, l’inquinamento arriva a livelli altissimi.
Camminando per le strade, quasi tutti indossano le mascherine anti-smog. Mentre chi ha la possibilità di lasciare la città, soprattutto i farang gli stranieri che abitano qua, si trasferiscono in questo periodo al sud, magari in qualche isola sperduta, sfuggendo così dall’inquinamento. «Solitamente vado via in questo periodo, ma questa volta non ho potuto», racconta Steven, un inglese che vive a Chiang Mai da diverso tempo, mentre camminiamo lungo le mura che costeggiano la città vecchia. «Non si riesce a respirare e ogni volta che esco di casa indosso la mascherina, tutti dovremmo farlo. Le polveri sottili intaccano i polmoni e altri organi, causando il cancro e altre malattie orribili. Bisognerebbe stare tutti più attenti perché i danni causati dall’inquinamento non riguardano solo noi, ma anche le generazioni future», dice allarmato. E non ha torto. Un recente studio dell’Università di Chicago, infatti, ha rilevato che l’aspettativa di vita in Thailandia si è ridotta in media di oltre due anni a causa della prolungata esposizione all’inquinamento atmosferico.
Per giorni, secondo le principali agenzie di monitoraggio del settore, Chiang Mai è stata la città più inquinata al mondo, registrando un indice di qualità dell’aria molto preoccupante e superando di gran lunga quelli che vengono considerati gli standard accettabili. Per Air Visual, un’app che in tempo reale diffonde i dati sulla situazione relativa all’inquinamento, la situazione viene considerata buona se non si superano 50 microgrammi per metro cubo di polveri sottili e accettabile fino a 100. Chiang Mai è arrivata ad averne oltre 600. Proprio per questo, nei giorni scorsi le autorità hanno addirittura consigliato alle persone considerate più deboli, come anziani, donne incinte e bambini, oltre a chiunque soffra di problemi cardiaci, di non uscire dalle proprie abitazioni e di tenere le finestre chiuse. 
Le cause di questa preoccupante situazione sono molteplici. Quella principale è la pratica dell’addebbiatura, ovvero quella di dare fuoco alla vegetazione per rendere il terreno più grasso e più fertile, e quindi prepararsi alla semina dell’anno successivo. I contadini così bruciano la paglia di riso e gli steli di mais dei precedenti raccolti, mentre in montagna il sottobosco viene bruciato per rendere il terreno sfruttabile. Questa pratica, vietata dal governo, proprio a causa dell’aumentare dell’inquinamento, è insita nelle tradizioni della popolazione locale. Ed è difficile da estirpare e controllare, soprattutto nei villaggi più sperduti che circondano Chiang Mai. Ma questa usanza non è l’unica causa. La «stagione dei fumi», così come viene chiamata qui, infatti, coincide con la stagione secca, dove per diversi mesi non si hanno precipitazioni significative. Le foreste sono coperte da foglie secche e gli incendi si possono diffondere anche in maniera naturale o accidentale. Poi il terreno montagnoso del nord della Thailandia fa sì che l’aria infestata dai fumi rimanga intrappolata nelle valli e aumenti gradualmente i livelli di inquinamento. 
«Invito la gente a smettere di bruciare la foresta o i campi, i rifiuti o qualsiasi altra cosa», dice Nolobon Manophet, responsabile dell’associazione Love di Chiang Mai. Anche lei indossa la mascherina quando la incontriamo vicino a un centro commerciale ed è molto preoccupata per la situazione. «Tutto questo è sbagliato. Non dovremmo essere costretti a indossarla per uscire dalle nostre case e condurre la vita di tutti i giorni».
In città, intanto, sono iniziati i festeggiamenti del Songkran, il nuovo anno thai in base al calendario buddista. Questa è una delle feste più importanti e famose del Paese e attira a Chiang Mai decine di migliaia di turisti da tutto il mondo. In maniera molto minore quest’anno proprio a causa dello smog. La festività segna la fine della stagione secca e l’inizio delle piogge monsoniche, molto importanti per l’agricoltura e in particolare per le coltivazioni di riso. Così è usanza per la popolazione recarsi ai templi facendo offerte e rituali, ringraziando l’arrivo imminente delle piogge e chiedendo un raccolto proficuo per il nuovo anno. Nella cultura thai l’acqua è molto importante. A essa, infatti, viene attribuito anche un significato di purificazione. Secondo la credenza può lavare via i peccati e la cattiva sorte. Da diversi anni, al carattere religioso della festività se ne affianca uno più ludico. Le strade si riempono di persone che innescano una vera e propria guerra d’acqua, lanciandosi gavettoni in segno di buon augurio. «Sono qui per festeggiare il Songkran, ma l’aria è così inquinata che sono costretta a indossare la mascherina. Sono una persona asmatica e senza non posso andare in giro», dice Bertie, arrivata in città dalla Gran Bretagna.
Mentre il Songkran giunge al termine, il problema dell’inquinamento rimane. In attesa dei monsoni, la speranza è quella che non ci siano nuovi incendi, restituendo ai locali e ai turisti, il panorama delle splendide montagne verdi che circondano la regione.