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 2019  aprile 19 Venerdì calendario

Intervista a Marchisio: «Il calcio vive in una bolla»

Claudio Marchisio, lei ha scritto «quando un sogno – come quello della Juve – va in frantumi, bisogna raccogliere ogni pezzo e ricostruirlo». Perché? 
«C’erano grandi attese, costruite anche giustamente dentro e fuori la Juve. Con Ronaldo si pensava di aver eliminato quel poco che mancava per vincere la Champions». 
E invece? 
«Per quel che ho visto quest’estate prima di lasciare Torino, tutto girava attorno a lui, perché alzava il livello di ogni giocatore e dava tantissima autostima. Ma un campione, per quanto immenso, non ti può dare la certezza di vincere. Altrimenti Ronaldo e Messi si sarebbero spartiti le ultime 10-15 edizioni. Il sogno è andato in frantumi perché non si era messo in discussione questo: il calcio non è una scienza esatta». 
Uscire contro un avversario che ha un quinto del fatturato e del monte ingaggi e ha dato una lezione di calcio può lasciare strascichi? 
«È possibile, perché l’Ajax è giovane, gioca un calcio nuovo, non solo molto bello ma anche efficace. Ma ha eliminato anche il Real e non è più una sorpresa». 
Quella di domani rischia di essere una festa triste? 
«Sicuramente per l’ambiente e per i tifosi potrà essere una giornata diversa da come uno se l’aspettava. Ma un professionista sa riconoscere l’importanza del momento e quindi esploderà la gioia per il lavoro svolto. Deve essere così anche per il tifoso: se la storia in Champions è sfortunata, la parte positiva è che la Juve continua a vincere. E non è una cosa scontata». 
Questa incredibile serie di otto successi verrà apprezzata in pieno solo tra qualche anno? 
«Credo proprio di sì. Ma già adesso bisogna ricordarsi che ci sono squadre che non solo non vincono da tanto, ma neppure si avvicinano alla Juve. E questo è il frutto di una struttura che ormai è tra le top 5 al mondo». 
Allegri ripete che il calcio è molto semplice. L’allenatore dell’Ajax Ten Hag dice il contrario. La sua idea qual è? 
«Alla fine vogliono dire la stessa cosa: il calcio è complicato, ma se si ha un buon insegnante che te lo spiega diventa più semplice. Certo da calciatore l’organizzazione dell’Ajax mi ha colpito, ma soprattutto è incredibile la loro qualità tecnica in velocità. E queste sono cose che si imparano fin da bambini. Il discorso quindi si fa più complesso, perché riguarda le diverse scuole». 
Stravincere il campionato rischia di diventare un problema per la Juve? 
«Mi sembra un problema per le altre. La Juve ha sempre lavorato per crescere e starle dietro su un percorso lungo è difficile. Ma la sua stessa storia recente racconta che non è necessario spendere tantissimo per strutturare da cima a fondo il rilancio. Servono competenze e qualità». 
Il suo bilancio allo Zenit finora com’è? 
«Non sto giocando per una frattura al menisco del ginocchio non operato e stiamo decidendo se recuperare senza intervento. Ma questa esperienza mi ha colpito in tanti modi diversi, dalla mentalità, alla cultura del lavoro, dal modo di vivere il calcio. Aveva ragione Buffon». 
Cioè? 
«Mi ha detto che se avesse saputo prima che il calcio all’estero era vissuto in modo così diverso, ci sarebbe andato con qualche anno d’anticipo. Vivi una vita diversa, assapori una certa idea di libertà che in Italia manca». 
Ha seguito il caso Kean a Cagliari con le polemiche per le frasi di Bonucci? 
«So che Leo non voleva intendere quello che ha detto a caldo. Ma il problema è molto più grande e non è legato al calcio. Ma alla società, al clima politico, alle questioni di lavoro e immigrazione». 
L’ha sorpresa l’esplosione di Moise? 
«Sì, soprattutto perché nei primi sei mesi non aveva giocato. È stato bravo e fortunato a sfruttare questo momento. Ma l’esplosione deve ancora arrivare: confermarsi è la cosa più difficile». 
Come procede la sua scelta per finanziare una startup? 
«Abbiamo ricevuto tantissimi progetti interessanti e tra poco decideremo. È una grande esperienza». 
Attraverso i social mostra di sé anche un profilo più profondo e impegnato. Come mai? 
Super Ajax 
Il sistema Ajax mi ha sorpreso, 
è incredibile la loro qualità tecnica 
in velocità. Sono cose che si imparano da bambini 
«Mi sento cresciuto e volevo fare conoscere di più di me. Credo che esporre le proprie idee su ciò che ci circonda e dare dei segnali ai ragazzi più giovani che nel sistema dei social ci sono cresciuti sia una responsabilità ben precisa di un personaggio pubblico. L’influenza positiva può essere notevole». 
Maradona diceva «noi viviamo su un’isola». La maggior parte dei calciatori è ancora lì? 
«Alcuni non riescono a uscirne, è vero. Ho visto colleghi spaesati ancora prima di dire addio al calcio e li posso anche capire perché alcuni non hanno avuto possibilità di studiare o di prepararsi al dopo: il calcio per loro è stato tutto». 
È un mondo irreale? 
«Avete presente l’immagine del pullman che arriva allo stadio? La foto della vita del calciatore in Italia è quella: c’è la scorta ovunque e neanche te ne accorgi. Vivendo una libertà quotidiana diversa ti rendi conto di quanto sia spessa quella bolla». 
Immigrazione, ambiente, lavoro. Tra tutti i temi su cui ha preso posizione di recente, quale le sta più a cuore? 
«Tutti e tre sono legati a una globalizzazione troppo veloce. L’immigrazione viene sfruttata dalla politica per creare determinati movimenti, ma esiste da sempre. E spesso è legata anche ai grossi problemi climatici che stanno sconvolgendo il pianeta, come alluvioni o siccità». 
Si definirebbe un calciatore impegnato? 
«Dipende cosa si intende. Il mio lavoro è il calcio, ma la vita normale è avere tante cose per la testa e qualcosa in cui credere. Finita la carriera poi ci saranno nuove porte da aprire». 
C’è un libro che l’ha segnata? 
«Ce ne sono tanti, ma quello che mi ha sconvolto anche per la difficoltà è stato Il Processo di Kafka». 
L’uomo o la donna in politica con cui prenderebbe un caffè? 
«Per curiosità, per capirne le sfaccettature caratteriali e fargli domande su ambiente e immigrazione direi Donald Trump. In Italia, andrei dal presidente Mattarella per chiedergli cosa pensa del futuro. E se si aspettava un’Italia così quando aveva la mia età».