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 2019  aprile 19 Venerdì calendario

La sabbia dal Sahara scioglie la neve delle Alpi

Se ne sono accorti camminando in montagna. Troppo rossa quella neve che doveva essere bianca. Colpa del deserto del Sahara che ogni anno a causa dei venti immette nell’atmosfera 700 milioni di tonnellate di polveri. La ricaduta del pulviscolo ha come effetto quello di scurire la superficie nevosa che a quel punto attrae di più i raggi solari anticipando lo scioglimento delle nevi. Cinque anni dopo quell’osservazione dei ricercatori del Dipartimento di Scienza dell’Ambiente e della Terra dell’Università Bicocca di Milano si è potuto calcolare che grazie alla sabbia del Sahara i nevai scompaiono un mese prima del dovuto con importanti ricadute sul sistema idrologico delle valli alpine.
Biagio Di Mauro, assegnista alla cattedra di Fisica Terrestre che ha pubblicato la ricerca sulla prestigiosa rivista The Cryosphere ha elaborato il modello matematico che ha permesso di simulare la dinamica delle neve a seconda della presenza o meno delle sabbie sahariane: «E’ un fenomeno che esiste da sempre. Da quando si è formato il Sahara. Ma vale per tutti io deserti. In Colorado la Nasa fa gli stessi studi da 15 anni. E nessuno ancora sa se il trasferimento in atmosfera delle polveri desertiche sia influenzato dai cambiamenti climatici». La ricerca che è stata condotta sul campo prima nel lecchese poi nel comune di Torgnon in Val d’Aosta a 2160 metri di altezza. Alla ricerca i collaborazione con l’Arpa aostana hanno contribuito ricercatori di mezza Europa.
Il punto di partenza sono state le ricerche condotte nel 2015/2016 quando più forte è stata la deposizione di sabbie sahariane. Spiega ancora il ricercatore dell’Università Bicocca: «Quando queste polveri si depositano su aree coperte da neve o ghiaccio ne diminuiscono l’albedo, ovvero la capacità di un oggetto di riflettere la luce. Come tutti gli oggetti più scuri che assorbono più radiazioni e si scaldano più velocemente, allo stesso modo, la neve resa “rossa” dalle deposizioni di polveri assorbe più luce e fonde più velocemente». Un elemento in più che influisce sulla tenuta nevosa delle Alpi sottoposta già ad una doppia sollecitazione dovuta questa sì, ai cambiamenti climatici: da una parte la scarsità di precipitazioni durante l’inverno che riducono l’accumnulo di neve, dall’altra la temperatura sempre più alta delel stagioni primaverili ed estive.
Poter interpretare e analizzare il fenomeno garantisce la possibilità di prevedere le ricadute appunto sui bacini idrici, riforniti nelle zone montane proprio dallo scioglimento della neve stagionale. Ma che nel caso di presenze di sabbie sahariane massicce potrebbero indurre siccità anche in pianura. Roberto Colombo, ricercatore dell’Università Bicocca, guarda avanti, alle possibili ricerche con mezzi ancora più avanzati: «Studi come questi sono importanti per valutare l’accuratezza dei modelli idrologici. In futuro, questi studi saranno applicati ad immagini satellitari come quelle del sensore PRISMA, recentemente lanciato in orbita dall’Agenzia Spaziale Italiana ASI».