ItaliaOggi, 18 aprile 2019
Periscopio
La seta della via Xi Jimping è piú cruda che cotta. Uffa News. Dino BasiliMarito alla moglie: «La globalizzazione mi fa sentire piccolo, fragile e impotente». «A qualcosa è servita, allora». Altan, Donne nude. Longanesi, 2011.
Nel Grande Fratello c’è anche Serena, la figlia di Francesco Rutelli e Barbara Palombelli (nel pomeriggio, Barbara D. si era collegata con Barbara P. a riprova che la vita si crea nel delirio e si disfa nella noia). Aldo Grasso. Corsera.
Come invecchiano presto oggi gli oggetti. Una Balilla è già come una colonna dorica. Gesualdo Bufalino, Il malpensante. Bompiani, 1987.
C’è da dire che la Nazioni Unite hanno imposto in Libia il governo di Al Serray, ma senza dare garanzie reali sui sostegni finanziari che avrebbe dovuto ricevere. Ed è anche per questa ragione che il governo promette ordine, ma in pratica utilizza la leva dell’emigrazione per ottenere un maggiore consenso internazionale. Fabio Mini, già generale di corpo d’armata. (Aldo Forbice). La Verità.
Adesso faccio il mio lavoro di senatore. Sto più tempo in famiglia. Giro il mondo a fare conferenze. Guadagno bene. Vado in Cina, in America, in Europa, a Dubai… A Stanford vedo Fukuyama che sta ragionando sul populismo. Il populismo non è Di Maio e Salvini, è una corrente mondiale che va da Trump a Bolsonaro in Brasile a Duterte nelle Filippine. Matteo Renzi, ex premier. (Gian Antonio Stella). 7.
In un mio articolo, sbagliando, l’ho data per morta, ma non se n’è accorto nessuno. Segno che non si avverte la sua mancanza dalla scena pubblica, nonostante l’ex compagna Ritanna Armeni, oggi convertitasi a scrivere sull’Osservatore Romano, abbia salutato come un evento epocale il fatto che Tina Anselmi fosse diventata il primo ministro femmina dopo 836 ministri maschi in 115 anni di storia italiana (ma va precisato che nel nostro Paese le donne hanno il diritto di voto soltanto dal 1946). Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio, 2014.
Avendo per padre Jean-Marie, la vita di Marine non fu mai banale. L’uomo, prima di entrare in politica intorno al 1965, ebbe giovinezza avventuriera. Figlio di un pescatore, fu pescatore a sua volta per guadagnarsi da vivere. Per mantenersi agli studi (laurea in Legge), lavorò in miniera. Poi, si arruolò paracadutista e combatté in Indocina e Algeria. A Parigi, frequentava biscazzieri e protettori. Il più noto, Henri Botey, esercente di night e alberghi a ore, fu suo intimo. Così, alla nascita nel 1968 dell’ultimogenita, la nostra Marine, Jean-Marie volle che Botey ne fosse padrino al battesimo. L’amico si prestò, promettendo di fare da secondo padre alla piccola. Non ne ebbe però il modo, perché finì in una retata a Pigalle e marcì in galera come «primo prosseneta di Francia». Giancarlo Perna, saggista politico, la Verità.
I tre caratteri tipici delle élite italiane sono l’età perlopiù avanzata, la scarsa presenza femminile e la basica formazione o provenienza di centrosinistra. Il perbenismo culturale imperversa: i più tendono a ripetere la chiacchiera egemone. La Costituzione, la Shoah, quelle cose che fanno vomitare anche Giuliano Ferrara. Ernesto Galli della Loggia (Annalisa Chirico). il Foglio.
L’entusiasmo per il Trattato di Maastricht ha avuto l’effetto di creare una religione dell’Europa composta da sacerdoti che credono ciecamente nelle virtù dell’Ue, non tollerano critiche o dubbi, non si accorgono degli errori commessi e delle occasioni perdute. Non hanno compreso, per esempio, che non tutti Paesi avrebbero potuto trarre dall’Europa gli stessi vantaggi. La progressiva integrazione dell’Europa e la globalizzazione avrebbero accentuato le differenze fra i singoli Paesi e, all’interno di ogni nazione, fra i suoi ceti sociali. Federico Fubini, Per amor proprio – Perché l’Italia deve smettere di odiare l’Europa (e di vergognarsi di sè stessa). Longanesi, 2018.
Il governo, di solito, è considerato dall’imprenditore un male necessario. Averlo nemico, è un errore imperdonabile. Al governo bisogna render favori per potergliene chiedere. Ma i governi passano mentre l’impresa resta. Quindi: favori al governo, ma controassicurazioni con l’opposizione. Eugenio Scalfari, La sera andavamo in via Veneto. Mondadori, 1986.
Sul pannello a scuola sono appese le immagini di alcuni soldati americani in Vietnam, ripresi dal fotografo con smorfie dovute al sole o alla poca fotogenia. Sono incollati e presentati come «belve sanguinarie che ridono delle loro stragi» ma «saranno le ultime, dopo di che il popolo farà giustizia», suppongo con altre stragi. Vittoria Ronchey: «Figlioli miei, marxisti immaginari» Rizzoli. 1975.
Il suo storico camerino a Domenica In, la trasmissione che Mara Venier ha condotto per la prima volta nel 1992 e dove è tornata lo scorso anno, è un vivaio di peperoncini «perché con l’invidia non si scherza: come diceva Benedetto Croce, “non è vero, ma ci credo”». La sua domenica è tornata a fare la parte del leone. «Questa Domenica In è la rivincita della mia vita: fanno presto a umiliarci, a metterci all’angolo. Per questo il mio successo lo dedico alle donne». Michela Proietti. Corsera.
Nella piazza suono al campanello dov’è scritto «Portiere», una voce di bambina mi comunica che il papà è uscito. Me ne vado. Domenico Campana, Pietà per le belle. Mondadori, 2001.
«Dal tiro che ha fatto, doveva superare il chilo». «Dì pure due», ironizzava mio cugino, «il pesce che si perde pesa sempre doppio».Gianni Brera, Il principe della zolla. il Saggiatore. 1993.
Nell’azzardo, come nell’amore erotico se perdi puoi vincere la prossima volta, nell’amore dell’innamoramento se perdi hai perso per sempre. Francesco Alberoni, sociologo. Il Giornale.
Mio padre è morto in auto quando io avevo 24 anni. Avevo previsto l’incidente in un romanzo giovanile. La seguente scena è uguale: noi figli a colazione, mamma alza il telefono, ascolta, attacca; si gira e dice: «Papà è morto». L’avevo scritto dieci anni prima. Giovanni Minoli, dirigente tv (Candida Morvillo). Corsera.
Chatwin era molto restio a parlare di Aids. Venni a saperlo da Elizabeth, la moglie di Bruce. Lui non ne parlava. Anzi, negli anni della malattia negava ogni legame con quella che era stata definita l’ultima peste del ’900. Non pronunciò mai quella parola. E un giorno disse che aveva contratto un virus dagli escrementi dei pipistrelli. Se dovrò morire, aggiunse, sarà per colpa di una malattia stravagante. Beatrice Monti von Rezzori. Antonio Gnoli. (Repubblica).
Più che al servizio dello Stato, la nostra burocrazia è al servizio della sua neghittosità e delle sue magagne. Roberto Gervaso. il Messaggero.