Avvenire, 18 aprile 2019
I mille falsi braccianti di Locri
Più di mille falsi braccianti, alcuni anche mafiosi, e una frode all’Inps di 5 milioni di euro. È l’enorme truffa in campo agricolo scoperta dagli investigatori della Guardia di Finanza del Gruppo di Locri, in collaborazione col personale dell’ufficio vigilanza ispettiva dell’Inps di Reggio Calabria, coordinati dalla locale Procura della Repubblica. L’ennesima, in Calabria, dove lo sfruttamento, il caporalato, il lavoro nero dei braccianti africani convive col fenomeno dei falsi braccianti italiani. Le due facce di un sistema economico illegale, una black economy strettamente intrecciata. Ad essere coinvolte nell’inchiesta sono ben 31 aziende agricole della Locride che tra il 2012 e il 2018 hanno presentato all’Inps falsi contratti di affitto di terreni riconducibili anche a persone ignare, completamente estranee alla truffa (molto importanti sono state le loro testimonianze), nonché fasulle denunce aziendali trimestrali attestanti l’impiego, mai avvenuto, di operai al fine di consentire l’indebita percezione di indennità di disoccupazione, malattia, assegno nucleo familiare e maternità. In tutto più di 125mila giornate lavorative mai effettuate e comunicate, che hanno generato indennità previdenziali e assistenziali per 5 milioni di euro. Inoltre le indagini hanno consentito di accertare che non sono stati versati nelle casse dello Stato contributi previdenziali Inps a carico delle aziende agricole segnalate per circa 770mila euro. Un doppio danno, dunque. Oltre alle testimonianze di alcuni ignari proprietari di terreni, è stata fondamentale per scoprire la truffa l’analisi della documentazione relativa agli ultimi sei anni. Sono così emersi i trucchi di chi, evidentemente, sperava di tenerli coperti. Come, addirittura, la presentazione di falsi contratti di affitto di terreni dadestinare alla coltivazione, poi in realtà risultati assolutamente inadatti per in zone impervie di montagna.I soldi sono finiti anche nelle tasche di pregiudicati per mafia. Alcuni dei falsi braccianti che hanno incassato le indennità sono risultati infatti con precedenti per associazione a delinquere di stampo mafioso, il 416bis, in quanto appartenenti a clan della ’ndrangheta. Anche in questo caso non è la prima volta. Infatti molte inchieste sulle truffe in agricoltura hanno fatto emergere l’interesse delle mafie, e in particolare della ’ndrangheta, anche nella ’gestione’ dei falsi braccianti, sia per incassare i contributi, sia per accrescere il proprio consenso sul territorio garantendo questo reddito ad altre persone. Favori invece di diritti, laddove il lavoro è spesso solo un sogno.Ma i contributi sono andati anche a soggetti risultati tutt’altro che indigenti. Infatti le Fiamme Gialle hanno accertato che alcuni braccianti agricoli erano il possesso di beni mobili di lusso e immobili di pregio a fronte di una modesta situazione reddituale. Un doppio falso, evidentemente. Le indagini si sono concluse con il deferimento all’Autorità giudiziaria dei rappresentanti legali delle imprese, per le ipotesi di reato riguardante la truffa aggravata ai danni dell’Inps e la falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico mentre, i mille falsi braccianti sono stati segnalati per il reato di truffa aggravata in concorso con il fittizio datore di lavoro. Sono in corso ulteriori accertamenti in relazione alle indebite prestazioni ricevute al fine di procedere alla constatazione delle violazioni tributarie in ordine all’instaurazione dei rapporti di lavoro risultati irregolari con la conseguente tassazione dei proventi illeciti.