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 2019  aprile 18 Giovedì calendario

Intervista all’astrobiologa Louisa Preston

Sogni di Louisa Preston da bambina: «Quando avevo 8 anni ho detto ai miei genitori che sarei diventata geologa e sarei andata a caccia di alieni». Oggi è astrobiologa. Con una laurea in Geologia e un dottorato creato su misura («per fondere la geologia, la biologia e tutte le mie passioni per il cosmo»), Louisa Preston è ricercatrice all’Istituto Birkbeck della University of London e del programma Aurora della Uk Space Agency. Ha scritto un saggio sulle sue avventure incredibili alla ricerca della vita su Marte: Riccioli d’oro e gli orsetti d’acqua (il Saggiatore, pagg. 260, euro 24). Gli orsetti d’acqua non sono orsi: sono delle creature minuscole, sopravvissute alle cinque estinzioni di massa avvenute sulla Terra. In pratica, «i supereroi della natura». Forse simili a quelle forme di vita che potremmo trovare in condizioni estreme e su pianeti lontanissimi dal nostro.
Louisa Preston, che cos’è l’astrobiologia?
«È lo studio delle origini, dell’evoluzione e del futuro della vita, sia sulla Terra, sia ovunque nell’Universo. Il suo obiettivo è trovare un altro esempio di vita fuori dalla Terra, per capire qualcosa di più della nostra stessa esistenza».
Dove fa ricerca un astrobiologo?
«Molti in ufficio. In laboratorio. E, per qualche mese ogni anno, sul campo. Nel mio caso si tratta di studiare gli ambienti estremi, analoghi a quelli che esistevano in passato su Marte».
Che cosa cerca?
«Le firme che la vita lascia, dentro le rocce e i minerali: le impronte della vita. Possono essere fossili o, più facilmente, composti organici come lipidi, proteine e carboidrati. Molti minerali sono straordinari nell’intrappolare e preservare queste impronte organiche, per miliardi di anni: quindi vado a caccia di esse, negli ambienti più estremi della Terra, mettendo alla prova varie tecnologie per identificarle e utilizzando questi dati per aiutare direttamente la ricerca della vita su Marte».
Che cos’è la «zona Riccioli d’oro» che, da una fiaba famosa, dà il titolo al suo libro?
«Tradizionalmente è una posizione, in un sistema solare, né troppo vicino né troppo lontano dalla stella, in modo che la temperatura sul pianeta o sulla luna consenta all’acqua di mantenersi stabile allo stato liquido, sulla superficie. Nel nostro Sistema solare la Terra si trova proprio lì».
Scrive che sul nostro pianeta esistono «luoghi alieni». Quali?
«Sono luoghi remoti, lontani dalla civiltà e, dal punto di vista ambientale, impegnativi per la sopravvivenza degli umani. Sono i luoghi in cui facciamo addestramento per le missioni spaziali, sia con gli astronauti sia con l’equipaggiamento come i rover: il deserto dello Utah, l’Artico canadese, i fiumi acidi in Spagna, il lato di un vulcano alle Hawaii e l’Antartide, il luogo della Terra più simile a Marte. Abbiamo anche una struttura di addestramento per astronauti sott’acqua, Aquarius».
Perché gli orsetti d’acqua sono così speciali?
«Si possono trovare in qualsiasi angolo del pianeta e sono in grado di resistere alle condizioni più estreme: freddo, caldo, pressione, radiazioni, perfino il vuoto. Come ci riescano, è ancora oggetto di ricerca».
Che cosa ne sappiamo?
«Quando si trovano in condizioni estreme, per esempio in carenza di acqua, si arrotolano in una pallina della dimensione di un granellino di polline, detta bariletto, eliminando il 96 per cento dell’umidità dal loro corpo e, in pratica, entrando in uno stato di ibernazione. Possono sopravvivere così forse indefinitamente. Però come orsetti d’acqua, quando si muovono, sono molto fragili».
Quali pianeti sarebbero più ospitali per la vita?
«In questo momento guardiamo a Marte, alle lune ghiacciate Europa e Encelado e alla luna Titano».
Che tipo di vita vi aspettate?
«Non cerchiamo, e non ci aspettiamo di trovare, una vita multicellulare che strisci sulla superficie del pianeta. Molto probabilmente troveremo semplici batteri e organismi monocellulari».
Crede davvero che troveremo la vita su altri pianeti?
«Assolutamente sì: troveremo prove di vita da qualche altra parte. Probabilmente si tratterà di biomolecole rimaste intrappolate nei reperti geologici, più che di veri organismi viventi, almeno per ora. Non mi sorprenderebbe se ne scoprissimo già nei prossimi dieci anni».
La colonizzazione spaziale umana sarà possibile?
«Certo. Stiamo già costruendo i razzi, progettando gli habitat e mettendo alla prova l’equipaggiamento. Quando? Beh, è difficile dirlo: la Nasa pensa che fra il 2030 e il 2040 potremo mandare gli umani su Marte; Elon Musk e SpaceX anche prima».
Quali problemi ci sarebbero?
«Sostenere la colonia una volta che sarà là: fornirle continuamente cibo, acqua, ossigeno, protezione dalle radiazioni. E poi la salute mentale dei coloni».
Dove si potrebbe abitare?
«La Luna e Marte sono le uniche opzioni, al momento: sono i nostri vicini più prossimi con superficie planetaria solida e un ambiente relativamente clemente».
Veramente la Luna potrà essere abitata? Ci torneremo?
«Sì... e sì. Sarà anche una base fantastica per esplorare lo spazio profondo e trasportare equipaggiamento e persone su Marte. La Deep Space Gateway della Nasa è concepita proprio come una stazione spaziale lunare orbitante».
Su Marte la fantascienza ha visto giusto?
«Marte è il luogo più simile alla Terra che abbiamo trovato: le rocce vulcaniche, la durata del giorno, le stagioni, l’atmosfera e il fatto che ci siano prove, per il passato, di acqua liquida sulla superficie e di temperature più elevate. Sembra probabile che la vita abbia trovato un appiglio laggiù nello stesso momento in cui lo ha trovato sulla Terra, ma che il peggioramento delle condizioni su Marte non le abbia consentito di resistere».
Che cosa vede nel futuro delle sue ricerche?
«Spero la scoperta della prova di vita su Marte. Passata o presente».
Perché sarebbe così rivoluzionario?
«Risponderemmo finalmente alla domanda: siamo soli? Ci darebbe informazioni sulla nostra stessa storia e riempirebbe i vuoti che riguardano l’origine della vita sulla Terra. E poi sapere finalmente che non siamo soli nell’Universo sarebbe incredibile».