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 2019  aprile 18 Giovedì calendario

Così si diventa sordi

Diffidate, ragazzi, della promessa di un’esistenza vissuta al massimo. Almeno per quanto riguarda il volume. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre il 5% della popolazione del pianeta lamenta la perdita – più o meno accentuata – dell’udito. Una percentuale destinata a raddoppiare entro il 2050, soprattutto tra i giovani: quasi la metà delle persone tra 12 e 35 anni è a rischio per la prolungata ed eccessiva esposizione a suoni forti. Uno sproposito, oltre un miliardo di ragazzi nel mondo, tanto da convincere l’Oms della necessità di elaborare standard cautelativi rivolti alle aziende di smartphone e lettori mp3: software che profilano le abitudini dell’utente e suggeriscono le corrette modalità di utilizzo; possibilità di impostare, sia per conto proprio sia da parte dei genitori, dei limiti; riduzione automatica del volume oltre le soglie di rischio.

GLI IMPUTATI
Dalla strada alle mura domestiche, viviamo letteralmente immersi nel rumore. Tuttavia, i principali imputati sono gli inseparabili auricolari che bombardano i timpani con musica riprodotta a volume eccessivo. «Più avviciniamo la sorgente all’orecchio, più aumenta l’intensità del suono. E dunque la possibilità di danneggiare le cellule ciliate della coclea che fungono da recettori sensoriali», riassume Alessandro Martini, professore di Otorinolaringoiatria all’università di Padova. Una volta morte, queste cellule non vengono sostituite. E così giorno dopo giorno, l’udito cala. «Troppo spesso manca la consapevolezza dell’irreparabilità del danno. La quale può essere uno sprone fenomenale per liberarsi delle cattive abitudini», prosegue Martini.
SESSANTA PER SESSANTA
La vera minaccia per il nostro udito è rappresentata dall’assuefazione a livelli elevati di volume. In questo senso, la tecnologia può essere sia la causa che la soluzione del problema. In qualunque lettore di musica digitale moderno è infatti possibile impostare limiti al volume. Inoltre, buona parte di essi sono dotati di funzioni che monitorano livello e durata dell’esposizione, suggerendo le impostazioni più adatte per un utilizzo sicuro. «Un consiglio pratico per evitare l’affaticamento uditivo è attenersi al cosiddetto ‘sessanta per sessanta’: ascoltare 60 minuti di musica a un volume del 60% rispetto al massimo», spiega Lucia Oriella Piccioni, otorinolaringoiatra dell’ospedale San Raffaele di Milano.
MEGLIO LE CUFFIE
Sempre per una questione di precauzioni, le cuffie esterne sono più efficaci degli auricolari, soprattutto di quelli che penetrano nel condotto uditivo. Le migliori, ma più costose, sono quelle dotate di sistema attivo di cancellazione del rumore esterno. Nei contesti assordanti, come discoteca o concerti, è invece consigliato il ricorso ai tappi auricolari. « Non è vero che riducono la qualità della musica, tant’è che i musicisti professionisti li utilizzano regolarmente. Così come è errata la convinzione che, a parità di volume, alcuni generi musicali siano più dannosi di altri», riprende Piccioni. La comparsa di acufeni può essere il campanello d’allarme ma nella maggioranza dei casi l’ipoacusia, cioè il calo dell’udito, avviene in maniera impercettibile. E a lungo andare rende sempre più difficoltoso isolare una voce amica dal rumore circostante. «L’esame audiometrico potrebbe non essere sufficiente a valutare eventuali danni cocleari. Infatti, la comprensione di una conversazione è un’attività complessa, che si spinge ben oltre la semplice percezione uditiva», spiega Martini. Piuttosto che ammettere il problema, spesso la persona colpita finisce per evitare le situazioni potenzialmenteimbarazzanti.
UN FORTE STIGMA
Infatti, a differenza di quanto accade per la vista, la perdita di udito è oggetto di forte stigma. «Nessuno si scandalizza per un paio di occhiali. Invece l’apparecchio acustico è difficile da accettare, a qualunque età. Ma il calo dell’udito impatta drasticamente sulla qualità della vita. È come rinunciare alla visione a colori per quella in bianco e nero. Chi sarebbe tanto pazzo da desiderarlo?» conclude Piccioni.